venerdì 26 settembre 2008

Taranto. La società liquida si lascia suicidare

Inquinamento da emissioni industriali: Regione contro Governo. E i tarantini? A braccia conserte, o quasi.

Da La Voce del Popolo, n.2, 2008
Antonuccio Silvestri

E’ conoscenza diffusa e accettata, quindi scienza,che il rapporto tra l’uomo e l’ambiente è uno dei determinanti fondamentali dello stato di salute della popolazione.
Da qui la gravità del rischio sanitario correlato alle matrici ambientali.Ne deriva la necessità di valutare i problemi sia dal punto di vista dello stato di salute che della qualità dell’ambiente.
In generale,la prevenzione-o la lotta nei casi già gravemente compromessi- delle malattie che si originano dalla qualità dei fattori ambientali richiede un vasto sforzo combinato che va dalle azioni sui comportamenti e gli stili di vita alle tecniche produttive industriali e alle misure istituzionali che consentono di garantire la sicurezza delle popolazioni esposte ai rischi ambientali.
Tale esigenza assume un particolare rilievo per Taranto,Statte, Crispiano, Massafra e Montemesola ghettizzati in “area ad elevato rischio di crisi ambientale”:gli studi epidemiologici evidenziano una espansione dello stato di morbilità ed una crescita degli indici di mortalità correlati al grado di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo con registrazione di tutti i tipi di tumore e,in particolare,di tumori al polmone e della pleura, della vescica, del sistema emolinfopoietico e della pelle, nonché di patologie non neoplastiche dell’apparato respiratorio e cardiovascolare.
Tutto questo nonostante i numerosi piani di disinquinamento, la creazione del registro tumori dell’area jonico-salentina,eccetera.
E gli effetti sono “vissuti”(si fa per dire) e sofferti sulla propria pelle, i propri organi, la propria salute e la propria vita.A Taranto,si sa, si vive una realtà in cui l’intera comunità condivide una condizione di fragilità e di vulnerabilità che giunge a modificare il profilo identitario e, in modo anche importante, la qualità della vita.
Le contromosse. Prendiamo l’accordo di programma con Ilva per la bonifica dell’area industriale di Taranto in discussione tra Governo,Regione, enti locali e industriali.Valore del’investimento: 200 milioni di euro di cui un terzo a carico della Regione e il resto a carico del governo che può rivalersi sugli imprenditori inadempienti.Cosa prevede: la caratterizzazione e l’eliminazione dei fattori inquinanti al fine di realizzare la riqualificazione ambientale dell’area interessata dall’industria siderurgica.
Bene, la Regione con i suoi organismi tecnici (Arpa) e i suoi organi politici (presidente e assessore all’ecologia) richiede un abbattimento della concentrazione di diossina al di sotto di un nanogrammo rispetto ai 3.5 ritenuti compatibili dall’azienda siderurgica.Sappiamo che l’apparato tecnico del Ministero dell’Ambiente ha contestato i dati dell’agenzia regionale e che in difesa della posizione pro-aziendale è sceso in campo lo stesso Ministro Stefania Prestigiacomo (niente considerazioni sulla sensibilità umana e politica).
Ora, se nel Friuli hanno imposto un limite di 0.4 nanogrammi alla diossina vuol dire che è tecnologicamente possibile.E’ solo questione di soldi, o meglio di aver voglia di investire una fetta superiore degli utili che Ilva si ritaglia su Taranto, per far vivere meglio i tarantini.
In questa città, però,le barricate non le fa nessuno.
E bisogna accontentarsi dell’azione, incisiva ma purtroppo non vincolante, delle associazioni ambientaliste.
La settimana scorsa sono andate a protestare anche sotto i cancelli dello stabilimento siderurgico durante l’ispezione effettuata dai rappresentanti degli enti locali.

Il Comitato per Taranto (un pungolo continuo la sua azione incessante) ha, se non altro, alzato il livello di sensibilità al problema e fornito informazioni spesso sconosciute a chi va poi a sedersi ai tavoli in cui sono prese le decisioni.
Una nuova coscienza sta formando l’associazione “Bambini contro l’inquinamento” creata dal pediatra Giuseppe Merico che porta sotto le sue insegne centinaia di ragazzini e sfila nelle strade del quartiere Tamburi, il più esposto alle polveri dell’Ilva.
I tarantini, però, pretendono azioni e atteggiamenti più netti anche dai propri amministratori.
Comune e Provincia sembrano più accomodanti anche se esibiscono chiusure drastiche di fronte ai tentennamenti aziendali , ai suoi ritardi, ai suoi silenzi.
Ma c’è da capire gli enti locali: il legame tra sviluppo, occupazione e ambiente li strangola.
La Regione, che sta a Bari, mostra la faccia feroce e ha detto chiaro e tondo che non rilascerà l’autorizzazione integrata ambientale se la diossina non si abbasserà al livello di un nanogrammo.
Che resta un valore simbolico, ma sarebbe meglio se arrivasse a 0.5. E Taranto? Mancano alla classe politico.dirigenziale, generalmente intesa-anche nei tempi operativi, visto che la questione Ilva e simili non nasce certo con patron Riva- volontà e forza identitarie.
Tutto ciò ha un nome: il sociologo polacco-britannico Zygmunt Barman, quando esamina e definisce, la condizione attuale delle comunità, usa l’immagine di “società liquida”, non in grado cioè di indignarsi, di ridefinirsi, di consolidarsi.

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