venerdì 12 settembre 2008

Dubbi nucleari

Ci sono ragioni obiettive per tornare al nucleare in Italia? Scajola dice che lo chiede l'Europa e che l'alto prezzo della bolletta energetica, circa 60 miliardi di euro l'anno, è la conseguenza dell'uscita dell'Italia dal nucleare, dopo il referendum del 1987. In entrambi i casi si tratta di affermazioni false, utilizzate come slogan di una battaglia tutta ideologica e propagandistica.
Non solo l'Europa non ci chiede il nucleare ma anzi punta su un percorso virtuoso basato sulla regola dei tre "20". Un anno fa, il Consiglio Europeo ha definitivamente approvato un piano di azione per il dopo Kyoto che prevede, entro il 2020, di ridurre le emissioni di gas serra (-20%), agendo su efficienza energetica (+20%) e su un incremento delle fonti rinnovabili (+20%). Di fronte a queste grandi sfide, l'Italia invece di ridurre le emissioni del 6,5%, le ha aumentate di oltre il 15%. Per le sole penalità derivanti dagli accordi di Kyoto, l'Italia dovrà pagare circa 13 miliardi.
Inoltre, la commissione energia del Parlamento europeo ha appena approvato la relazione sulla proposta di direttiva sulle energie rinnovabili, confermando l'obiettivo vincolante del 20%. Un voto significativo, che oltretutto sconfessa chi punta alle centrali nucleari grazie alla bocciatura dell'emendamento che chiedeva l'equiparazione del nucleare alle fonti rinnovabili. Spero che questo voto induca il Ministro Scajola a discutere su come raggiungere l'obiettivo vincolante per l'Italia (17% di energie rinnovabili entro 2020) piuttosto che fare propaganda sul nucleare. In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi UE, infatti, il nostro Paese sarà costretto a pagare altre penalità, che ricadranno nuovamente sulle spalle dei cittadini.
Sul secondo punto c'è bisogno fare chiarezza: il nucleare produce esclusivamente elettricità, che è solo una parte dei consumi energetici. Tutto il nucleare presente nel mondo (440 centrali) soddisfa poco più del 6% dei consumi finali; gran parte dell'energia è utilizzata in aree dove l'atomo non può sostituire i combustibili fossili: trasporti, industria, riscaldamento, agricoltura.

Al contrario di quanto afferma Scajola, l'energia nucleare è costosa e non ci libera dal petrolio. La Francia produce il 78% dell'energia elettrica da fonte nucleare ma consuma ed importa più petrolio dell'Italia che non produce un singolo chilowattora dall'atomo. Inoltre stiamo ancora pagando, a 20 anni dalla chiusura, i costi di smantellamento degli impianti nucleari (componente A2 della bolletta Enel).
Infine c'è un terzo punto per cui occorre contrastare la scelta nucleare: il modello di società. Con la scelta nucleare, si tende a remunerare il capitale investito invece di creare nuovi posti di lavoro e non c'è redistribuzione del reddito prodotto nella comunità in cui sono localizzati gli impianti. Forse è proprio la ragione per cui questo governo, che difende gli interessi dei gruppi industriali e dei poteri forti, ha rispolverato il nucleare. Come per Alitalia, si usa denaro pubblico per far crescere i profitti dei privati.

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