lunedì 29 settembre 2008

Siamo sempre nella lista radioattiva. Per non dimenticare

Ogni tanto, nella stampa nazionale, compare un altro primato tarentino... Insieme a Palermo siamo la DISCARICA DI RIFIUTI RADIOATTIVI DI TUTTO IL CENTROSUD ITALIA!
Da qualche parte si stanno dando da fare ad affrontare e risolvere il problema. Qui... ci pensa Nino D'Angelo!

La Regione Molise, la Protezione civile e il ministero dell’Ambiente si sono attivati infine per rimuovere i fusti radioattivi presenti a Castelmauro in provincia di Campobasso. Si sta dunque per scrivere la parola fine ad una vicenda che si protrae dal 1979 e che riguarda il deposito di 1833 fusti contenenti rifiuti radioattivi solidi e liquidi di provenienza ospedaliera e solo in piccola parte derivanti da impieghi industriali. Fusti sopravvissuti alla persona incaricata della loro sorveglianza e cioè l’ex titolare del Centro applicazioni nucleari e controlli (Canrc) deceduto un anno fa. I materiali sono oggi depositati nell’edificio di via Palazzo n. 6 e in altri tre locali satelliti adiacenti in pieno centro abitato a Castelmauro. La vicenda come detto si protrae da decenni anche se un anno fa si era arrivati vicini alla soluzione dopo che una conferenza di servizi aveva addirittura individuato tre società abilitate e disposte ad eseguire le operazioni (Campoverde srl, Protex Italia Spa e Nucleco). Poi il silenzio e più nulla. Di qui la denuncia del congiunto dell’ex titolare del Canrc. Il caso di Castelmauro è forse il più drammatico rispetto alla questione della gestione dei rifiuti radioattivi. Secondo quanto riferiva al Parlamento nel 2004 l’allora ministro dell’Ambiente Altero Matteoli sarebbero 120 i depositi temporanei sul territorio nazionale, circa 25 mila metri cubi di rifiuti già accumulati e che crescono al ritmo di 500 tonnellate l’anno provenienti da ospedali, industrie e laboratori di ricerca: rifiuti radioattivi sono presenti per esempio a Palermo (deposito Sicurad e reattore Agn), Taranto (Cemerad), Forlì (Protex), Bologna (Reattore Rb3), Padova (reattore Sm-1), Udine (deposito Crad), Pavia (deposito Controlsinic e reattore Lena), Milano (deposito Campoverde e reattore Cesnef), Como (deposito Gammaton e Gammadiagnostic), Varese (centro di ricerca di Ispra che comprende due reattori, due depositi e due laboratori nucleari). A San Pietro a Grado (Pisa) un’area di 470 ettari è stata adibita dalle forze armate fin dagli anni ’50 alla sperimentazione di tecnologie nucleari: recentemente il ministero della Difesa ha pubblicato in Gazzetta ufficiale un bando per il “decommissioning” di questo impianto ma i rifiuti nucleari sono stati stoccati all’interno di fusti di cemento depositati all’aperto in attesa della costruzione di un nuovo capannone. La stessa soluzione, sempre a causa della mancanza di un deposito unico in cui far confluire le scorie nucleari prodotte sul suolo nazionale, venne adottata in passato anche all’ex Enichem di Porto Marghera e all’Alfa Acciai di Brescia. Anche per le acciaierie Beltrame di Vicenza, colpite dall’incidente del 13 gennaio 2004 in cui finirono nel ciclo di lavorazione alcuni bidoni di cesio, il piano di bonifica predisposto dalla Nucleco, la società incaricata dall’azienda di verificare il livello di contaminazione prodotto dall’allarme scattato all’interno delle acciaierie, prevede infatti la costruzione sul posto di un capannone destinato ad accogliere, in mancanza di un deposito nucleare di rilievo nazionale, il residuo delle polveri contaminate a seguito dell’incidente.
Fonte: L'Opinione.it

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