mercoledì 27 novembre 2013

La storia di Alessandro: giovanissimo che gridava "Noi vogliamo aria pulita"

La storia di Alessandro Rebuzzi nell'articolo di Parallelo 41, di Mariateresa Belardo.

Respiro. Vita. Dal primo istante all’ultimo. Respiro. Vita. Come per i battiti del cuore, e per le altre funzioni vitali, diamo per scontato che è così che debba essere, fino a quando non si ascolta una storia di respiro negato, e ci si rende conto che anche il diritto all’aria può essere, a volte, negato.
RESPIRONUOVOFOTOCi sono, in diverse parti d’Italia, altre Terre dei fuochi, con problematiche diverse dalle nostre eppure tanto simili nelle conseguenze. A Taranto, per esempio, c’è il più importante stabilimento italiano dell’Ilva, il principale complesso industriale per la produzione di acciaio.
Nel 2012, a carico dei dirigenti dell’Ilva, sono state ipotizzate le accuse di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose e inquinamento atmosferico. Particolarmente inquinanti le polveri sottili emesse, che fungono da veicolanti dei gas nocivi.
Sempre nel 2012, a Taranto, è morto Alessandro Rebuzzi, il guerriero coraggioso. Alessandro era nato con una malattia genetica grave, la fibrosi cistica. Una malattia che colpisce e danneggia, in particolare, l’apparato respiratorio e digerente; grazie ai progressi realizzati dalla medicina oggi l’aspettativa di vita è arrivata a superare i quarant’anni. Alessandro aveva 16 anni, e la sfortuna di essere nato a Taranto, nei pressi dell’Ilva, per cui respirare l’aria della sua città, e le sue polveri sottili, lo esponeva, continuamente, al rischio di contrarre nuove infezioni per lui letali, e per questo motivo ha avuto bisogno di essere curato con una terapia particolare, che viene effettuata solo in ospedali specializzati del nord Italia.
A scadenza quindicinale, quindi, per sedici anni, è stato curato a Verona, nell’ospedale di Borgo Trento, da un medico contro il quale adesso pende una denuncia penale, che i genitori di Alessandro hanno presentato per presunte gravi negligenze professionali.
Quando ci ha parlato di Alessandro, suo padre, Aurelio Rebuzzi, aveva la voce rotta dal pianto. Un padre coraggio, come le nostre mamme. Noi di Parallelo41 lo abbiamo incontrato durante la presentazione del libro di Pino Aprile, “Il Sud puzza”, quando i comitati ambientalisti di tutto il sud d’Italia si erano riuniti ad Orta di Atella. Aurelio reggeva, in alto, la gigantografia di Alessandro, sulla quale campeggiava la frase “Voglio respirare ad occhi chiusi”.
“La stessa foto – ci racconta Aurelio – è sulla scrivania della dottoressa Anna Patrizia Todisco, il giudice per le indagini preliminari di Taranto che ha firmato l’ordinanza di sequestro dell’area a caldo dello stabilimento Ilva”.
Alessandro era un ambientalista convinto, ha lottato, ogni volta che la malattia glielo consentiva, manifestando in prima linea. C’è una foto che lo ritrae durante la manifestazione organizzata davanti al tribunale di Taranto, a sostegno del giudice Todisco, a conclusione dell’ incidente probatorio contro il gruppo Riva, amministratore dell’Ilva. Alessandro era rientrato il giorno prima da Verona, ma davanti alle proteste del padre affinché non si affaticasse, con il sorriso che lo accompagnava sempre aveva risposto: “È la mia battaglia per respirare aria pulita, non posso aspettare che qualcun altro la combatta per me”.
Questa non è una storia di morte, ma una storia di speranza: Alessandro amava ripetere la frase di Papa Giovanni Paolo II “prendete la vostra vita e fatene un capolavoro”. La sua vita, anche se breve, è stata intensa e piena di significato: oggi a Taranto il guerriero coraggioso è un esempio, e il padre sta creando una fondazione per la cura della fibrosi cistica, a cui sarà destinato anche l’eventuale risarcimento a cui sarà condannato il medico che lo curava, per la cui negligenza Alessandro, pur essendo stato ritenuto idoneo, non ha potuto essere sottoposto al trapianto dei polmoni.




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