Nell'avviso di conclusione delle indagini sul disastro ambientale dell'Ilva spedito l'altro ieri dalla Procura a 53 indagati, fra cui il governatore della Puglia, Nichi Vendola, e il sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, compaiono alla fine 242 nomi. Sono i proprietari di altrettanti appartamenti popolari del rione Tamburi, il più esposto all'inquinamento del siderurgico. E con loro anche dieci società di mutuo soccorso, titolari di altrettante cappelle funerarie nel cimitero San Brunone, l'Istituto autonomo delle case popolari, una clinica privata e una delle due chiese del rione Tamburi, San Francesco De Geronimo.
Sono parti lese riconosciute dai pm. Vittime dei danni inferti dalle polveri minerali a fabbricati e strutture.
Le vie De Amicis, Tasso, Deledda, De Vincentis e Pascoli sono la parte estrema dei Tamburi. Periferia di Taranto, case e strade che, insieme al cimitero, c'erano già quando negli anni ‘60 è stata avviata la costruzione dell'allora Italsider e che oggi sono lo specchio del degrado ambientale. Qui il rosso ruggine, il nero e il grigio sono i colori dominanti. Le polveri minerali si sono infilate ovunque.
«Un'esposizione continua e giornaliera», scrivono i pm nell'avviso di conclusione delle indagini, che ha portato a «deturpare, imbrattare e danneggiare, sia dal punto di vista strutturale che del ridotto valore patrimoniale-commerciale, decine di edfici pubblici e privati». A questo si aggiungono contestazioni più pesanti come l'aver creato dal 1995 (anno della privatizzazione dell'Ilva) a oggi una mega-discarica abusiva sversando rifiuti pericolosi e non tra terreno, acqua e mare.
Da qualche mese nel rione Tamburi la qualità dell'aria è migliorata e tutte le emissioni sono abbondantemente sotto i livelli di guardia. Ma, come evidenzia l'Arpa Puglia e riconosce la stessa Ilva, si tratta di un miglioramento sì importante, ma dovuto a fatti congiunturali: lo stop di due altiforni su quattro (ma uno dei due fermi riparte proprio oggi) e di sei batterie coke su dieci.
La strada per una netta inversione di tendenza e il passaggio a un miglioramento strutturale resta invece ancora lunga e chiama in causa l'attuazione delle prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale nell'Ilva e della bonifica nel rione Tamburi. Su questo fronte la macchina si è solo avviata e all'Ilva, peraltro, i progetti per la copertura dei parchi minerali minori non riescono ancora ottenere dal Comune il via libera alla costruzione. Ai Tamburi, invece, in attesa di far partire agli inizi del 2014 l'intervento nelle scuole (8,5 milioni disponibili), stanno per cominciare le caratterizzazioni. Un lavoro finalizzato a capire la natura degli inquinanti in modo da poter calibrare il piano di bonifica. In fase di assegnazione è quella delle aree esterne alle scuole da riqualificare dove già l'Arpa ha trovato valori altissimi di policlorodibenzodiossine e di benzoapirene. E dove si arriverà anche a sostituire il terreno inquinato sino ad una profondità di 30 centimetri portandovi terreno nuovo. Caratterizzazione in cantiere anche per sei campi di inumazione del cimitero dove c'è l'allarme relativo alla presenza nel terreno degli idrocarburi policiclici aromatici. Sia l'esterno delle scuole che le aree cimiteriali sono da tempo vietate all'accesso. Infine, caratterizzazione cominciata per la falda profonda dell'area Pip di Statte, comune alle porte di Taranto, dove sono stati trovati policlorobifenili, loppa e catrame.
Sia pure a piccoli passi, quindi, la macchina si muove. Lottando contro l'eseguità dei fondi (119 milioni per ora previsti dalla legge 171 del 2012) e procedure lente. «Ma se pensassi che questo nostro lavoro non portasse a nulla – commenta Alfredo Pini, commissario alla bonifica – avrei rifiutato la nomina. Ovviamente il problema va affrontato alla radice: avviare la bonifica e abbattere l'inquinamento».
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