mercoledì 20 novembre 2013

Chi ha paura dello Scatto felino di Nichi?





Comunicato di PeaceLink

Sul quotidiano "Il Manifesto" e' apparsa una dichiarazione attribuita a Nichi Vendola, il quale avrebbe annunciato l'intenzione di querelare Alessandro Marescotti per un video di Peacelink che contestava, in maniera argomentata e civile, alcune sue dichiarazioni relative alle azioni che sarebbero state compiute dalla Regione Puglia sull'Ilva in difesa dell'ambiente e della salute dei tarantini.
Le dichiarazioni di Vendola, "smontate" nel video, erano state rese dal Presidente della Regione Puglia durante la conferenza stampa nella quale egli commentava l'avviso di conclusione delle indagini appena notificatogli dalla Procura di Taranto.
PeaceLink nel filmato aveva intercalato alle parole di Vendola alcune videate di testo con dettagliate puntualizzazioni e varie smentite, riportando date, numeri e circostanze, utilizzando la collaudata tecnica anglosassone del "fact checking". Il video e' stato condiviso anche sul sito del Fatto Quotidiano (vedere il post del 13 novembre 2013 su www​.ilfattoquotidiano.it/blog/amarescotti).
Il video di PeaceLink si concludeva con un invito esplicito a Nichi Vendola ad un pubblico confronto in modo che potesse smentire le informazioni in esso contenute, se aveva argomenti per farlo.
Ma Vendola ha evitato il contraddittorio, annunciando invece tramite Il Manifesto una querela verso il nostro video che - lo ripetiamo - e' totalmente privo di invettive e di frasi offensive ed e' viceversa molto argomentato, dettagliato e basato su riferimenti a fatti ben precisi. Il video di PeaceLink, realizzato da Alessandro
Marescotti, Luciano Manna e Carlo Gubitosa, rientra pertanto nell'esercizio della liberta' di informazione ed è espressione del legittimo diritto di critica garantito dall'articolo 21 della nostra Costituzione.
Crediamo che un rappresentante politico, e soprattutto il Presidente di una Regione, abbia il compito di ascoltare le critiche espresse in modo civile e argomentato, per poi ribattere, discutendo con i cittadini e con i suoi stessi elettori, specie quando e' esplicitamente invitato al confronto.
Querelare i cittadini e gli elettori che obiettano e criticano, e' l'esatto contrario del compito politico affidato ad una persona come Nichi Vendola su cui ricade una importante responsabilita' nel governo di una situazione drammatica come quella di Taranto.
Vendola dovrebbe anzi sentire il bisogno spontaneo di confrontarsi con quei cittadini che, vivendo con grave angoscia l'inquinamento che subiscono, spesso lo criticano.
Vendola ha il compito di rispondere ai cittadini, non solo ai giudici.
Solo una libera ed effettiva discussione è garanzia di democrazia.
Per cui - rinnovando l'appello contenuto nel video di PeaceLink - invitiamo nuovamente Nichi Vendola ad un pubblico confronto, che ci piacerebbe venisse moderato da Luigi Abbate, il giornalista a cui e' stato tolto il microfono con quello "scatto felino" a cui Nichi Vendola faceva riferimento nella telefonata con Archina'.

Per la redazione di PeaceLink

Giacomo Alessandroni, Antonia Battaglia,  Patrick Boylan, Gabriele Caforio, Tiziano Cardosi, Lea Cifarelli, ,  Rossana De Simone, Lidia Giannotti, Fulvia Gravame, Carlo Gubitosa, David Lifodi, Luciano Manna, Teresa Manuzzi, Alessandro Marescotti, Daniela Marinò, Giovanni Matichecchia, Daniela Patrucco, Fabio Petrosillo, Maria Teresa Puliti, Nadia Redoglia, Beatrice Ruscio, Giovanni Sarubbi, Laura Tussi.
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SVENDOLA (Marco Travaglio)

Ci sono tanti modi per finire una carriera politica. Quello che la sorte ha riservato a Nichi Vendola è uno dei peggiori, proprio perché Nichi Vendola non era tra i politici peggiori. Aveva iniziato bene, con un impegno sincero contro le mafie e l’illegalità. Aveva pagato dei prezzi, ancor più cari di quelli che si pagano di solito mettendosi contro certi poteri, perché faceva politica da gay dichiarato in un paese sostanzialmente omofobo e da uomo di estrema sinistra in una regione sostanzialmente di destra. Ancora nel 2005, quando vinse per la prima volta le primarie del centrosinistra e poi le elezioni regionali in Puglia, attirava vastissimi consensi e altrettanti entusiasmi e speranze. E forse li meritava davvero.
Poi però è accaduto qualcosa: forse il potere gli ha dato alla testa, forse la coda di paglia dell’ex giovane comunista ha avuto il sopravvento, o forse quel delirio di onnipotenza che talvolta obnubila le menti degli onesti l’ha portato a pensare che ogni compromesso al ribasso gli fosse lecito, perché lui era Nichi Vendola. S’è messo al fianco, come assessore alla Sanità (il più importante di ogni giunta regionale) un personaggio in palese e quasi dichiarato conflitto d’interessi, come Alberto Tedesco. S’è lasciato imporre come vicepresidente un dalemiano come Alberto Frisullo, poi finito nella Bicamerale del sesso di Gianpi Tarantini, a mezzadria con Berlusconi. Ha appaltato al gruppo Marcegaglia l’intero ciclo dei rifiuti, gratificato da imbarazzanti elogi del Sole 24 Ore quando la signora Emma ne era l’editore. Ha attaccato, con una lettera di chiaro stampo berlusconiano, il pm Desirée Di Geronimo che indagava su di lui. Ha incassato un’archiviazione da un gip risultata poi in rapporti amichevoli con lui e la sua famiglia. Ha stretto un patto col diavolo del San Raffaele, il famigerato e non compianto don Luigi Verzé, consegnandogli le chiavi di un nuovo ospedale a Taranto da centinaia di milioni. E si è genuflesso dinanzi al potere sconfinato della famiglia Riva, chiudendo un occhio o forse tutti e due sulle stragi dell’Ilva.

Il fatto che, come ripete con troppa enfasi, non abbia mai preso un soldo dai Riva (diversamente da Berlusconi e Bersani), non è un’attenuante, anzi un’aggravante. Non c’è una sola ragione plausibile che giustifichi il rapporto di complicità “pappa e ciccia” che emerge dalla telefonata pubblicata sul sito del Fatto fra lui e lo spicciafaccende-tuttofare dei Riva: quell’Archinà che tutti sapevano essere un grande corruttore di politici, giornalisti, funzionari, persino prelati. Un signore che non si faceva scrupoli di mettere le mani addosso ai pochi giornalisti non asserviti.
In quella telefonata gratuitamente volgare, fatta dal governatore per complimentarsi ridacchiando con il faccendiere della bravata contro il cronista importuno, non c’è nulla di istituzionale: nemmeno nel senso più deteriore del termine, nel più vieto luogo comune del politico scafato che deve tener conto dei poteri forti e delle esigenze occupazionali. C’è solo un rapporto ancillare e servile fra l’ex rivoluzionario che si è finalmente seduto a tavola e il potente che a tavola ha sempre seduto e spadroneggia nel vuoto della politica e dei controlli indipendenti, addomesticati a suon di mazzette. Il darsi di gomito fra gli eterni marchesi del Grillo, “io so’ io e voi nun siete un cazzo”. Questo ovviamente in privato, mentre in pubblico proseguivano le “narrazioni” e le “fabbriche di Nichi”. La poesia sulla scena, la prosa dietro le quinte.

La telefonata con Archinà è peggio di qualunque avviso di garanzia, persino di un’eventuale condanna. Perché offende centinaia di migliaia di elettori che ci avevano creduto, migliaia di vittime dell’Ilva e i pochi politici che hanno pagato prezzi altissimi per combattere quel potere malavitoso. Perché cancella quello che di buono (capirai, in otto anni) è stato fatto in Puglia. Perché diffonde il qualunquismo del “sono tutti uguali”. Perché smaschera la doppia faccia di Nichi. Perché chi ha due facce non ce l’ha più, una faccia. (giacomosalerno)

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