DIVERSI RILIEVI di LEGAMBIENTE al PIANO DI EMERGENZA ESTERNO (P.E.E.) dell’ENI
Legambiente ha inoltrato nei giorni scorsi le proprie osservazioni al
piano di emergenza esterno (P.E.E), relativo allo stabilimento ENI,
predisposto dalla Prefettura di Taranto in applicazione della cosiddetta
"Direttiva Seveso" (D.Lgs. 334/1999 e s.m.i ). “Vari i rilievi mossi
dall'associazione” dichiara Leo Corvace, autore delle Osservazioni,
“rispetto ai quali chiediamo le dovute correzioni”.
“Consideriamo
innanzitutto non esaustiva la descrizione del sito, soprattutto in
merito alle caratteristiche naturali della zona e alle specificità di
impianti come il parco serbatoi”.
Circa gli scenari incidentali si riscontra un'estensione delle aree di “danno”
inferiore a quelle individuate nel precedente P.E.E. redatto nel 2003.
Allora prevalse un principio di precauzione - oggi non applicato - che
portò ad una valutazione del rischio per un raggio di 3 km dalle fonti a
fronte degli attuali meno di 200 metri.
Altro
limite del P.E.E. è costituito dal suo prendere in esame solo
incidenti correlati ai processi produttivi e quindi alla loro incidenza
verso l'esterno. “Occorre che venga invece considerato” afferma Corvace
–“anche il rischio di senso opposto, ossia causato da eventi esterni”.
Il P.E.E. ad esempio, non tiene in alcun conto il rischio costituito
dal transito di merci pericolose sula strada statale 106, sulla linea
ferroviaria e sulla “strada dei moli”, pur rientrando questi assi viari nelle due aree di rischio “seconda zona di danno” e “terza zona di attenzione”. Un
eventuale deragliamento di vagoni o la fuoriuscita di strada di
un’autocisterna con carico di merci pericolose e/o infiammabili, in
determinati punti, potrebbe avere un risvolto molto pericoloso per i
serbatoi del parco di stoccaggio della raffineria anche in termini di
effetto domino. Così come un incidente rilevante ad un serbatoio
potrebbe essere amplificato se andasse a coinvolgere vettori in transito
con carico pericoloso e/o infiammabile.
Per l’individuazione
delle tre aree di rischio non vengono inoltre considerati gli scenari
incidentali relativi al fattore esplosione pur in presenza di quantità
rilevanti di GPL all’interno dello stabilimento (4.282 ton).
Da registrare anche l’assenza di un raccordo con il "Rapporto di sicurezza portuale "
di recente approvato dall’Autorità portuale; così come la mancanza di
un’analisi di rischio in rapporto alla presenza dell'oleodotto di
trasferimento del greggio da Monte Alpi (val d'Agri) allo stabilimento
ENI ed al metanodotto in costruzione, nonché in rapporto al rischio
tornado.
Legambiente ritiene che per garantire maggiore
sicurezza al territorio ed efficacia al piano di intervento in caso di
emergenza sia necessario coordinare ed integrare il PEE dell’ENI con
quelli dell’Ilva e del porto.
La mancata redazione della
variante urbanistica prevista dal D.M. 5 maggio 2001 e dei piani di
emergenza interno e di quello esterno del porto rendono difficoltosa
l'applicazione dei necessari criteri di precauzione in ordine al rischio
costituito dall'insediamento di nuove attività pericolose. Eloquente
il caso del progetto "Tempa Rossa" che, se realizzato, andrà ad elevare
il rischio di incidente rilevante nella zona.
Infine, al di là delle valutazioni specifiche e delle criticità evidenziate, le modalità scelte per informare la popolazione sui rischi che corre sono da ritenersi ancora insufficienti. Occorre invece una specifica programmazione che preveda incontri, assemblee pubbliche ed esercitazioni per rendere "la
popolazione consapevole delle misure di autoprotezione da adottare e
dei comportamenti da adottare in caso di evento incidentale”, così come indicato dalla specifica normativa.
Scarica il pdf delle osservazioni
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