Mentre il mostro sforna fumi e veleni, di giorno e soprattutto notte, ignorando qualsiasi precauzione, i padroni rifiutano di collaborare anche con la magistratura. Sanno di poter contare su tanti amici che sono dalla loro parte.
Ne sanno forse qualcosa Clini, Prestigiacomo e Bersani?
Ecco l'Ilva ieri...
Ilva custodi: guerra sull'acciaio. Azienda minaccia risarcimento
Ammonta a circa un milione di tonnellate la
richiesta di acciaio che i custodi giudiziari Barbara Valenzano,
Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Mario Tagarelli dovranno
esaminare nei prossimi giorni. Al termine della riunione di ieri tra i
tecnici nominati dal gip Patrizia Todisco e l’avvocato Francesco Brescia
in rappresentaza dell’Ilva, i custodi giudiziari hanno infatti
acquisito circa un migliaio di ordini di vendita ancora non soddisfatti
dall’azienda del Gruppo Riva.
Dopo il via libera del gip alla
vendita dei pordotti finiti e semilavorati sequestrati il 26 novembre su
richiesta della procura ionica, toccherà ora ai custodi giudiziari
provvedere alle operazioni di vendita destinando poi il ricavato, il cui
valore dovrà essere stimato nei prossimi giorni, in un fondo che
rimarrà comunque sotto sequestro. Resta intanto da individuare anche la
strategia di vendita per le altre 700mila tonnellate di acciaio, ma
soprattutto da analizzare le perdite lamentate in questi mesi
dall’azienda. Delle rinunce dei clienti per via delle vicende
giudiziarie, al momento, non c’è traccia.
L’azienda Ilva
manifesta la sua volontà di non collaborare con la magistratura. E così i
custodi ieri hanno chiesto nuovamente all’azienda di fornire l’elenco
delle richieste annullate dai clienti. Un dato che l’Ilva in quel
momento non è stata in grado di fornire e che potrebbe arrivare sulla
scrivania degli amministratori giudiziari nei prossimi giorni. Dati di
non poco conto per comprendere se e quanto l’Ilva abbia perso in termini
economici. Nelle scorse settimane, infatti, la stessa azienda aveva
lamentato l’annullamento di un contratto con una grossa azienda
americana del valore di circa 25 milioni di dollari. Non solo. Oggi
minaccia di chiedere il risarcimento dei danni subiti.La situazione,
quindi, resta tesa.
A dimostrarlo c’è l’ennesimo scambio di
lettere al vetriolo tra Bruno Ferrante, presidente del cda Ilva, e i
custodi giudiziari. Lettere che danno seguito alla guerra epistolare
iniziata quando l’ex prefetto di Milano ricopriva l’incarico di quarto
amministratore giudiziario. In una missiva inviata il 21 febbraio
scorso, infatti, Ferrante non solo ha rinunciato all’incontro richiesto
dai custodi per affrontare con una strategia comune la
commercializzazione dei prodotti, ma ha chiarito che l’Ilva «non presta
il consenso alla commercializzazione dei prodotti, in quanto lesiva del
diritto all’esercizio di impresa» e chiarendo inoltre che il
provvedimento del gip «sarà contrastato con ogni iniziativa».
Soprattutto
Ferrante è tornato sui danni causati dell’azione giudiziaria. «Parte
degli ordini - scrive Ferrante - a suo tempo pervenuti è stata evasa, a
seguito di riprogrammnazione degli stessi attraverso quanto prodotto
successivamente al 4 dicembre 2012. Altri ordini - aggiunge il
presidente dell’Ilva - sono stati annullati dai clienti e, in relazione a
tali recessi, ci riserviamo di chiedere i danni nei confronti di chi ha
posto in essere le condizioni che li hanno determinati». Una vera e
propria sfida alla magistratura e ai custodi, insomma. Un monito che
chiude anche l’ultimo spiraglio di dialogo fra l’azienda e l’autorità
giudiziaria tarantina. (F. Casula GdM)
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