sabato 23 febbraio 2013

La faccia tosta del criminale

Mentre il mostro sforna fumi e veleni, di giorno e soprattutto notte, ignorando qualsiasi precauzione, i padroni rifiutano di collaborare anche con la magistratura. Sanno di poter contare su tanti amici che sono dalla loro parte.
Ne sanno forse qualcosa Clini, Prestigiacomo e Bersani?
Ecco l'Ilva ieri...



Ilva custodi: guerra sull'acciaio. Azienda minaccia risarcimento

Ammonta a circa un milione di tonnellate la richiesta di acciaio che i custodi giudiziari Barbara Valenzano, Emanuela Laterza, Claudio Lofrumento e Mario Tagarelli dovranno esaminare nei prossimi giorni. Al termine della riunione di ieri tra i tecnici nominati dal gip Patrizia Todisco e l’avvocato Francesco Brescia in rappresentaza dell’Ilva, i custodi giudiziari hanno infatti acquisito circa un migliaio di ordini di vendita ancora non soddisfatti dall’azienda del Gruppo Riva.
Dopo il via libera del gip alla vendita dei pordotti finiti e semilavorati sequestrati il 26 novembre su richiesta della procura ionica, toccherà ora ai custodi giudiziari provvedere alle operazioni di vendita destinando poi il ricavato, il cui valore dovrà essere stimato nei prossimi giorni, in un fondo che rimarrà comunque sotto sequestro. Resta intanto da individuare anche la strategia di vendita per le altre 700mila tonnellate di acciaio, ma soprattutto da analizzare le perdite lamentate in questi mesi dall’azienda. Delle rinunce dei clienti per via delle vicende giudiziarie, al momento, non c’è traccia.
L’azienda Ilva manifesta la sua volontà di non collaborare con la magistratura. E così i custodi ieri hanno chiesto nuovamente all’azienda di fornire l’elenco delle richieste annullate dai clienti. Un dato che l’Ilva in quel momento non è stata in grado di fornire e che potrebbe arrivare sulla scrivania degli amministratori giudiziari nei prossimi giorni. Dati di non poco conto per comprendere se e quanto l’Ilva abbia perso in termini economici. Nelle scorse settimane, infatti, la stessa azienda aveva lamentato l’annullamento di un contratto con una grossa azienda americana del valore di circa 25 milioni di dollari. Non solo. Oggi minaccia di chiedere il risarcimento dei danni subiti.La situazione, quindi, resta tesa.
A dimostrarlo c’è l’ennesimo scambio di lettere al vetriolo tra Bruno Ferrante, presidente del cda Ilva, e i custodi giudiziari. Lettere che danno seguito alla guerra epistolare iniziata quando l’ex prefetto di Milano ricopriva l’incarico di quarto amministratore giudiziario. In una missiva inviata il 21 febbraio scorso, infatti, Ferrante non solo ha rinunciato all’incontro richiesto dai custodi per affrontare con una strategia comune la commercializzazione dei prodotti, ma ha chiarito che l’Ilva «non presta il consenso alla commercializzazione dei prodotti, in quanto lesiva del diritto all’esercizio di impresa» e chiarendo inoltre che il provvedimento del gip «sarà contrastato con ogni iniziativa».
Soprattutto Ferrante è tornato sui danni causati dell’azione giudiziaria. «Parte degli ordini - scrive Ferrante - a suo tempo pervenuti è stata evasa, a seguito di riprogrammnazione degli stessi attraverso quanto prodotto successivamente al 4 dicembre 2012. Altri ordini - aggiunge il presidente dell’Ilva - sono stati annullati dai clienti e, in relazione a tali recessi, ci riserviamo di chiedere i danni nei confronti di chi ha posto in essere le condizioni che li hanno determinati». Una vera e propria sfida alla magistratura e ai custodi, insomma. Un monito che chiude anche l’ultimo spiraglio di dialogo fra l’azienda e l’autorità giudiziaria tarantina. (F. Casula GdM)

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