giovedì 7 gennaio 2010

Vendola alla gogna di Vulpio

Per dovere di cronaca e imparzialità dell'informazione pubblichiamo stralci dell'analisi devastante che Vulpio fa del "vendolismo" pugliese tenendo conto di molte questioni che riguardano proprio la nostra città.
La vendola connection pare interessare una sfera di intrighi di potere, dai brogli elettorali alla sanità, alle poltrone...
La penna caustica di Vulpio ha già in più occasioni dimostrato di andare a fondo nelle questioni rivelando spesso risvolti celati e scomodi anche per chi lo aveva incaricato di scrivere...
Pur senza contraddire la tesi di fondo del potere che salva sé stesso, siamo però per l'assunzione cum grano salis di tutto questo scenario, riportandolo al confronto con le alternative reali.
La percezione della gestione Puglia è che, in ogni caso, ciò che va male può essere forse, con una forte volontà dal basso, emendato e migliorato. Ciò che è guasto e corrotto all'origine, invece, non può che generare guasti e corruzioni. E abbiamo ancora fresca la memoria dei 5 anni "scandalosi" del governo Fitto!
A ciascuno l'ardua sentenza


Come Giano bifronte, Nicola Vendola manovra e Vendola Nicola dice bugie. Mentre con Michele Emiliano si gioca al tiro a segno come sull’orso del Luna park: tre palle un soldo.
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Vendola non è il solo a essersi dimostrato attaccato al potere, è vero. Ma Vendola è peggiore degli altri perché giura e spergiura di non essersi fatto “stravolgere, né mangiare il cuore dal potere”. Lui, il più pagato presidente di giunta regionale d’Italia, con i suoi 25 mila euro al mese. Lui, “l’ambientalista” che vende come una conquista la legge-truffa sui limiti di emissione della diossina a Taranto (come ho dimostrato nel mio libro “La città delle nuvole”), dove si produce il 93 per cento della diossina italiana e dove ogni due settimane un bambino si ammala di leucemia. Lui, che ha firmato sei contratti ventennali per altrettante discariche con la Cogeam, in cui spiccano il gruppo Marcegaglia e la Tradeco, società, quest’ultima, leader nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti al Sud, ma anche grande elettrice di Vendola e dell’ex assessore regionale alla Sanità, Alberto Tedesco (Pd, indagato per gravi reati), e soprattutto società i cui vertici sono inquisiti in blocco per quella connection rifiuti-sanità che è il cuore nero delle inchieste sulla Sanità in Puglia.
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E che anche don Luigi Verzè, il prete fondatore dell’ospedale San Raffaele di Milano, grande amico ed estimatore di Vendola, abbia fatto salti di gioia nonostante i suoi novant’anni?
Don Verzè, un paio di mesi fa, a Milano, dichiarò che i pugliesi avrebbero dovuto votare Vendola, perché, “come Silvio Berlusconi , è una di quelle poche persone che hanno un fondo di santità”.

Se non sarà così, aggiunse il vegliardo, chiamerò Vendola a fare il presidente del nuovo ospedale San Raffaele. Il prete – del quale papa Paolo VI disse che doveva stare un po’ più vicino a Dio e un po’ più lontano dagli affari (che infatti lo hanno portato spesso ad avere a che fare con la giustizia) – non parla tanto per parlare.
Il San Raffaele a cui si riferisce don Verzé è un nuovo ospedale, un affare da 300 milioni di euro, da costruire, guarda un po’, a Taranto, per farne “il San Raffaele del Mediterraneo”.
Come mai, se a Taranto di ospedali ce ne sono già due (grandi e nuovi, ma lasciati andare in malora)? Per farne un centro oncologico – azzarda qualcuno –, così l’acciaieria Ilva e il polo industriale preparerebbero i morti e l’oncologico, alla fine della triste filiera, li accoglierebbe, prima di passarli al camposanto.
Ma no, scemini, no. Il “nuovo San Raffaele”, con i rimborsi per i malati terminali, ci farebbe gli spiccioli per la birra. Il nuovo ospedale invece punterebbe alle protesi (sì, proprio le protesi degli scandali recenti), che sono la vera, nuova frontiera del business sanitario.
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Minervini, come assessore regionale alla Trasparenza, si è distinto, nonostante i circa 20 mila euro al mese di stipendio per garantire, appunto, trasparenza, per aver sempre fatto orecchio da mercante (come Vendola) con le ventiquattro associazioni di Taranto che gli chiedevano di pubblicare online i risultati delle analisi (autofinanziate) sul latte e sul formaggio contaminati dalla diossina.
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