martedì 24 giugno 2014

Seconda posta dei sepolcri

Ilva, i tecnici di Arcelor Mittal a Taranto per una visita al siderurugico

Una delegazione di tecnici del gruppo siderurgico franco-indiano Arcelor Mittal è a Taranto per cominciare da domani mattina una nuova visita all'Ilva. La precedente visita, la prima, è stata effettuata martedì scorso, giorno in cui è anche arrivato per la prima volta nello stabilimento il nuovo commissario Piero Gnudi dopo la nomina del Governo.

Arcelor Mittal è al momento il gruppo straniero più accreditato per rilevare l'Ilva dal gruppo Riva, attuale proprietario. Secondo indiscrezioni e stando a quello che i tecnici, prevalentemente francesi e belgi, avrebbero riferito agli interlocutori italiani che li accompagnavano nella visita di martedì scorso, l'area a caldo dell'Ilva di Taranto avrebbe fatto una buona impressione alla delegazione di Arcelor Mittal. Quest'area dello stabilimento, che comprende altiforni e acciaierie, sarebbe stata trovata dagli stranieri, sempre secondo le indiscrezioni, in condizioni migliori rispetto a come forse se l'aspettavano.

Certo, è ancora molto presto per dire se Arcelor Mittal sarà effettivamente il nuovo proprietario dell'Ilva, l'azienda siderurgica dal maggio 1995 passata dall'Iri al gruppo Riva, ma in ogni caso una delle realtà leader nel mondo per la produzione dell'acciaio va avanti nell'approfondimento del dossier Ilva. Da domani la delegazione che nel pomeriggio giunge a Taranto dovrebbe visitare laminatoi e tubifici. La visita dovrebbe durare più di un giorno al contrario della precedente che si esaurì nelle 24 ore.

Di Arcelor Mittal all'Ilva si parla ormai da mesi anche se ultimamente proprio l'ad della società, l'indiano Mittal, ha rivelato a New York che è stato il Governo italiano a sollecitare l'interesse del gruppo, e questo, ha subito precisato, non vuol dire che Arcelor Mittal acquisirà l'Ilva perché sono necessarie scelte approfondite. Nei giorni scorsi, inoltre, rappresentanti del gruppo sono anche stati al ministero dello Sviluppo economico che sta seguendo l'evoluzione del dossier Ilva. Appare molto probabile che l'Ilva passerà di mano, anche se non totalmente.

Danno per scontato un cambio nella proprietà i sindacati metalmeccanici ritengono, infatti, necessari nuovi azionisti anche a fronte degli ingenti investimenti, soprattutto ambientali, che servono nello stabilimento di Taranto. I sindacati da una parte guardano con attenzione le mosse dei possibili compratori dell'Ilva ma dall'altro, è il caso soprattutto della Fim Cisl nazionale, sono molto cauti, ricordando, per esempio, che Arcelor Mittal in Europa ha chiuso tutte le aree a caldo che aveva, e il siderurgico di Taranto, con quattro altiforni e due acciaierie, ha proprio nell'area a caldo un suo punto di forza.

Ridimensionarla peraltro significherebbe tagliare migliaia di addetti. "Ma nessuno sinora ha parlato di tagli", ha detto Gnudi all'esordio come commissario e anche il ministro Guidi, in Senato lo scorso 19 giugno, ha affermato che l'obiettivo è mantenere produzione e occupazione. Tuttavia, al di là delle assicurazioni, i sindacati danno quasi per certo che se l'Ilva dovesse cambiare proprietà, almeno lo stabilimento di Taranto non manterrà più l'attuale struttura con poco più di 11mila addetti diretti.

Nel primo anno di commissariamento, gestione Bondi, l'Ilva non ha effettuato alcuna riduzione di manodopera, a eccezione della chiusura del centro di servizio di Patrica (Frosinone) che ha comportato la perdita di alcune decine di posti di lavoro. E anche il piano industriale presentato da Bondi nelle scorse settimane, e ora in stand by, non prevedeva la riduzione di posti di lavoro.

Ma il futuro dell'Ilva non riguarda solo la proprietà. C'è, infatti, un problema più immediato da affrontare ed è quello della crisi di liquidità dell'azienda, giunta ormai, per unanime riconoscimento, ad un punto grave. Per venirne fuori in modo da poter affrontare sia il risanamento ambientale che i nuovi investimenti, nel piano industriale Bondi aveva proposto un aumento di capitale da 1,8 miliardi da farsi in quest'anno e 1,5 miliardi di finanziamento bancario in due anni con due tranche da 750 milioni ciascuna. Nel frattempo, sarebbe stato necessario un prestito o un finanziamento ponte di circa 800 milioni, che le banche però non hanno mai concesso a Bondi. L'ipotesi di un intervento finanziario immediato nel frattempo che si configuri una nuova proprietà, è anche quella su cui continua a lavorare il nuovo commissario e Governo. Il sub commissario Edo Ronchi, in attesa di riconferma, ha detto che entro giugno 2015 l'Ilva ha bisogno di 800 milioni per i lavori dell'Aia, di cui 550 quest'anno, rilanciando la possibilità di utilizzare subito i soldi sequestrati mesi addietro dalla Procura di Milano ai Riva per reati fiscali e valutari.(RepBa)

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