giovedì 19 giugno 2014

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Ilva, prima udienza: Taranto chiede giustizia e dieci miliardi di danni

E' iniziata questa mattina intorno alle 10 nella palestra della caserma dei vigili del fuoco di Taranto l'udienza preliminare sul disastro ambientale causato dall'Ilva dinanzi al gup Vilma Gilli. Sul processo pende una istanza di rimessione depositata dai difensori di due societa (Riva Fire e Riva Forni Elettrici) e di alcuni imputati, basata sul presupposto che il clima creatosi a Taranto negli oltre tre anni di inchiesta minerebbe la serenità di giudizio dei magistrati; se così fosse, il processo si trasferirebbe a Potenza. A Taranto, sostengono, la pressione legata alle vicende dell'Ilva potrebbe mettere a rischio l'imparzialità e la serenità dei giudici. Pronte quasi 800 richieste di costituzione di parte civile per un conto da diverse decine di miliardi di euro. L'udienza è stata temporaneamente sospesa poco prima delle 12. Dopo l'appello degli imputati, i legali hanno presentato alcune eccezioni di nullità per difetti di notifica. Il gup si è ritirato per decidere e ha stabilito il rinvio al 16 settembre.
MANAGER, FUNZIONARI, POLITICI
La procura chiede il processo per 49 imputati e tre società, fra dirigenti e rappresentanti della famiglia Riva proprietaria dello stabilimento, accusati di associazione per delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari d omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Mancherà all'appello il patron Emilio Riva, scomparso a 87 anni il 29 aprile scorso. Tra gli imputati anche dirigenti ministeriali e numerosi politici, come il presidente della Regione Nichi Vendola e l'ex presidente della Provincia di Taranto Gianni Florido, finito in carcere a maggio 2013 per concussione. Entrambi sono accusati di aver fatto pressioni sui loro uomini per favorire l'Ilva. Anche il sindaco di Taranto Ippazio Stefano è imputato, accusato di abuso d'ufficio per non aver agito contro l'inquinamento che mette a rischio la salute dei tarantini e l'ambiente. Alla sbarra anche il deputato di Sel Nicola Fratoianni, l'assessore regionale all'Ambiente Lorenzo Nicastro e il consigliere regionale Donato Pentassuglia, tutti accusati del favoreggiamento di Vendola, così come il dg di Arpa Giorgio Assennato. Rischiano il processo dirigenti regionali, professionisti
e anche un poliziotto, un carabiniere ed un prelato. Il coinvolgimento dei vertici non impedirà a Comune e Regione di costituirsi parti civili.
RICHIESTE PARTE CIVILE
Centinaia le richieste di costituzione parte civile pronte: oltre al Comune di Taranto e alla Regione Puglia ci sono associazioni ambientaliste come Alta Marea, Wwf, Legambiente, le sigle sindacali e gli operai dell'Ilva, 55o residenti del rione Tamburi, agricoltori e miticoltori.
DISASTRO MILIARDARIO
Il Comune di Taranto, rappresentato dall'avvocato Luca Perrone, ha pronta una richiesta di risarcimento danni da dieci miliardi di euro. Anche la Giunta regionale, lo scorso aprile, ha approvato la costituzione di pare civile. Pronta anche la richiesta del Comune di Statte. I ministeri di Ambiente e Salute hanno incaricato l'avvocatura dello Stato di intervenire al processo. La procura individuò circa 280 parti civili, di cui 242 proprietari di case del quartiere Tamburi, il più vicino al siderurgico, danneggiate dalle polveri dei parchi minerali. Fra i danneggiati anche cooperative proprietarie di cappelle funerarie del cimitero di San Brunone, una chiesa e la casa di cura San Camillo, che con l'avvocato Patrizia Raciti chiederà 600mila euro di danni. Alla conta vanno aggiunti gli allevatori che hanno perso migliaia di capi di bestiame ed i mitilicoltori del Mar Piccolo, costretti a trasferire gli allevamenti e distruggere tonnellate di cozze. Chiederanno di far parte del processo anche Fiom-Cgil, Fim-Cisl e la Uil insieme a decine di associazioni che si occupano di salute e ambiente, Ail, Ant, Wwf, Legambiente (che chiede danni per 10 milioni di euro con l'avvocato Eligio Curci) Confagricoltura, Altamarea. Decine, infine, gli operai ammalati di tumore che proveranno a chiedere i danni all'Ilva, ma in questo caso non sarà facile dimostrare il nesso di causalità fra malattia ed inquinamento.
I PRIMI ATTI NEL 2010
L'inchiesta, curata dal procuratore capo Franco Sebastio, l'aggiunto Pietro Argentino e tre sostituti, Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Remo Epifani, decolla nel 2010 con la richiesta di incidente probatorio. Gli investigatori si erano resi conto che erano necessari approfondimenti scientifici per dare nome e volto ai responsabili del disastro ambientale. Partì tutto da un pezzo di formaggio. Gli ambientalisti di Peacelink avevano fatto analizzare prodotti caseari realizzati da aziende vicine al siderurgico. Finisce sotto la lente della procura la diossina, sostanza ritenuta tossica e cancerogena. Di lì a qualche mese le aziende finiscono sotto vincolo sanitario. Molte chiudono perché i terreni sono irrimediabilmente contaminati. Più di 2000 capi vengono abbattuti. All'incidente probatorio il gip Patrizia Todisco, che nel luglio 2012 sequestrerà l'intera area a caldo e firmerà le ordinanze di custodia cautelare per proprietari e dirigenti dello stabilimento, ottiene due perizie, una chimica ed una medico-epidemiologica.
GLI 007 DELL'AMBIENTE
Quattro periti chimici del tribunale, come moderni investigatori privati, prendono le impronte digitali alla diossina e stabiliscono che quella che ha contaminato i terreni e distrutto l'ambiente è proprio quella che esce dagli impianti del siderurgico. Dicono che l'Ilva diffonde notevoli quantità di fumi e polveri contenenti polveri di minerali e sostanze come benzo(a)pirene, Ipa, diossine, Pcb pericolose per la salute dei lavoratori e per la popolazione di Taranto e delle zone limitrofe. I medici, invece, mappano la statistica delle malattie che possono derivare dall'esposizione alle sostanze inquinanti riscontrate nell'aria, nei terreni e nella falda acquifera. Concludono scrivendo che "l'esposizione continuata agli inquinanti emessi dall'impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di diversi apparati dell'organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte". Parlano di trenta morti l'anno imputabili alle emissioni nocive, per lo più causati da tumori. E' solo un dato statistico, è impossibile stabilire che un tumore è stato causato proprio dall'inquinamento dell'Ilva, ma la matematica suggerisce agli epidemiologi che a Taranto ci si ammala molto di più che nel resto d'Italia. Ottocento pagine di perizie che saranno prova a processo contro gli imputati. L'Ilva partecipa all'incidente probatorio ma non presenta sue consulenze.
UN TERREMOTO
La conclusione delle indagini di ottobre 2013 ha avuto l'effetto fragoroso di un terremoto su Regione e Comune, con gli "avvisi" a Vendola e Stefàno solo quattro mesi dopo l'arresto di Florido e del suo assessore all'Ambiente Michele Conserva il centro-sinistra regionale è decapitato. Secondo l'accusa, Vendola, il factotum dell'Ilva Girolamo Archinà, il direttore Luigi Capogrosso, Fabio Arturo Riva e Francesco Perli, legale del gruppo, avrebbero fatto pressioni sul direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato al fine di 'ammorbidirè la posizione dell'agenzia nei confronti del siderurgico. Nel giugno del 2010 Vendola avrebbe minacciato Assennato di non confermargli l'incarico alla guida dell'Arpa. Assennato non ricorda e racconta agli investigatori di non aver mai subìto pressioni da Vendola. Finisce accusato di favoreggiamento personale col suo direttore scientifico Massimo Blonda, il consigliere regionale Donato Pentassuglia, l'ex assessore regionale alle politiche giovanili Nicola Fratoianni, l'assessore all'ambiente Lorenzo Nicastro, i dirigenti della Regione Antonicelli e Pellegrino, il capo di Gabinetto Manna. L'episodio contestato al presidente della Regione è molto simile a quello che è costato il carcere e poi gli arresti domiciliari ad Archinà, all'ex presidente della Provincia Gianni Florido ed al suo assessore all'ambiente Michele Conserva. I tre finirono in carcere a maggio 2013 con l'accusa di concussione per aver minacciato e fatto pressioni su due dirigenti della Provincia, Romandini e Morrone, per facilitare il rilascio dell'autorizzazione per una discarica di rifiuti speciali in Ilva.
LA RETE DI GIROLAMO
Per i magistrati della procura di Taranto, grazie al loro uomo di fiducia Girolamo Archinà, i Riva hanno fatto pressioni e tenuto contatti con politici, funzionari, sindacati e giornalisti per ridimensionare le problematiche ambientali e consentire allo stabilimento tarantino di produrre "senza il minimo rispetto anzi in totale violazione e spregiodellanormativavigente". Fragliepisodi contestati, anche quello della presunta bustarella da diecimila euro che Archinà avrebbe consegnato in un'area di sosta dell'autostra dal professor Lorenzo Liberti, docente universitario, all'epoca incaricato dalla procura di realizzare una perizia sui fumi dell'Ilva. Per la procura l'Ilva aveva un "governo ombra", composto da dirigenti che agivano su indicazione della famiglia Riva senza comparire nell'organico aziendale per ottenere il massimo profitto a scapito di ambiente e sicurezza. Accusato di associazione per delinquere anche l'avvocato Francesco Perli, legale del gruppo Riva, che avrebbe intrattenuto rapporti "non strettamente istituzionali" con funzionari della Regione e membri della commissione del ministero per l'Ambiente che rilasciò l'Aia (autorizzazione integrata ambientale), riuscendo a pilotare ispezioni e far accettare le condizioni più favorevoli all'Ilva. Il presidente della commissione Dario Ticali ed un componente, Luigi Pelaggi, sono imputati di abuso d'ufficio e violazione del segreto d'ufficio per aver informato Perli ed i Riva dell'avanzamento delle attività in commissione. Fra gli imputati anche un altro ex direttore dello stabilimento, Adolfo Buffo, accusato dell'omicidio colposo di due operai: Claudio Marsella, morto ad ottobre 2012 schiacciato da un locomotore nel reparto ferroviario e Francesco Zaccaria, gruista travolto dal tornado del novembre 2012 mentre era al lavoro. Imputato anche l'ex prefetto di Milano Bruno Ferrante, ex presidente del cda di Ilva, accusato di disastro ambientale.
(RepBa)

Ilva, rinviato a settembre il processo della verità


Il gup del tribunale di Taranto, Vilma Gilli, dopo una camera di consiglio per decidere su alcune eccezioni sollevate dalla difesa di alcuni imputati nel processo sul disastro ambientale Ilva, ha aggiornato l'udienza preliminare al prossimo 16 settembre con la sospensione dei termini di custodia cautelare per i tre imputati ancora agli arresti domiciliari.

Il giudice ha accolto le eccezioni sollevate dalla difesa di tre degli imputati, l'ex direttore dello stabilimento Adolfo Buffo, Dario Ticali, ex presidente commissione ministeriale che rilasciò l'Aia e il direttore generale dell'Arpa Giorgio Assennato. La prima giornata del processo Ambiente svenduto si chiude dunque con un nulla di fatto. Il 16 settembre il giudice deciderà se permettere ai difensori delle centinaia di parti offese di depositare le richieste di costituzione parte civile; intanto ha mandato gli atti alla Cassazione perché decida sull'istanza di rimessione. Quindici imputati tra cui Riva Fire e membri della famiglia Riva hanno chiesto infatti il trasferimento del processo. 
RONCHI: RISANAMENTO IN CORSO, QUI ARIA MIGLIORE D'ITALIA"La qualità dell'aria a Taranto è buona, in particolare per le polveri sottili i dati sono tra i migliori delle città italiane; il benzo(a)pirene si è ridotto di dieci volte". Sono state le parole del sub commissario Ilva Edo Ronchi, citando i dati dell'Arpa pugliese. "Nel quartiere Tamburi - aggiunge - è ampiamente a norma per tutti i parametri". "A metà 2013, quando iniziò il commissariamento, l'Ilva era a rischio di chiusura per incompatibilità ambientale. Con un solo anno di commissariamento non si poteva certo risolvere una simile crisi, ma oggi la situazione è sostanzialmente migliorata: l'Ilva è un'azienda in via di risanamento ambientale, con interventi tutti definiti, progettati e in  parte realizzati e una consistente riduzione dei suoi impatti sull'ambiente, a partire dalla qualità dell'aria nella città di Taranto rientrata, per tutti i parametri, nella norma". Il sub commissario Ronchi oggi ha presentato il dossier 'Il risanamento ambientale dell'ILVA dopo un anno di commissariamento'. 
MOGLIE OPERAIO MORTO: LA FABBRICA UCCIDE
"La fabbrica uccide, la gente capisca che non è uno scherzo. Io, come mia sorella, abbiamo provato il dolore della perdita di un familiare per malattie che secondo noi sono state provocate dall'inquinamento dell'Ilva. Prima è morto per un tumore nostro padre Peppino, ex operaio Ilva, poi mio marito a soli 39 anni. Quello che è capitato a me non lo auguro a nessuno, ma può capitare a chiunque". E' l'amaro sfogo di Stefania Corisi, di 34 anni, moglie di Nicola Darcante, operaio del reparto Ocm-Cap (Officina centrale di manutenzione-Carpenteria) dell'Ilva, morto il 16 maggio scorso per un carcinoma alla tiroide che gli era stato diagnosticato sei mesi prima. In quel reparto sono una quindicina i casi di tumore e disfunzioni alla tiroide tra gli operai. Stefania Corisi, insieme alla sorella Sabrina e al cognato Luciano Murianni, oggi si è recata nella caserma dei vigili del fuoco di Taranto, in occasione dell'udienza preliminare legata al caso Ilva. "Io sono stata non solo al reparto di Oncologia dell'ospedale Moscati, ma anche a Pisa e lì si recano tantissime persone di Taranto per problemi analoghi. Ce lo ha detto anche l'endocrinologo che diagnosticò la malattia a mio marito". Stefania Corisi non vede "la reazione che ci vorrebbe tra i cittadini. La gente è pochissima. Il problema interessa tutti. Io me ne andrei pensando quello che può succedere ai miei figli, ma come faccio?".
BONELLI: PROCESSO PIU' IMPORTANTE DELLA STORIA REPUBBLICA"Oggi a Taranto è cominciato il più importante processo della storia della Repubblica in materia ambientale e di difesa della vita". Lo ha dichiarato il leader dei Verdi Angelo Bonelli, presente all'udienza preliminare in cui gli ecologisti hanno presentato, tra l'altro, la richiesta di costituzione di parte civile nel processo sull'inquinamento nel capoluogo ionico. Secondo Bonelli "il sistema Taranto era ed è anche il sistema Italia: sistema corruttivo e concessivo che 'addomesticandò i controlli ambientali e il rilascio delle autorizzazioni ha svenduto l'ambiente e la salute dei cittadini. Così come le inchieste della magistratura stanno evidenziando un sistema di corruzione nelle grandi opere, allo stesso tempo, e le inchieste lo dimostreranno, esiste un sistema stratificato di corruzione ed illegalità che distrugge l'ambiente, la salute e la vita"."Il processo di Taranto - ha detto ancora Bonelli - deve essere un segnale di forte cambiamento che il governo deve saper cogliere avviando a Taranto un processo di conversione industriale che attraverso l'innovazione e le bonifiche può creare decine di migliaia di nuovi posti di lavoro, così come sta avvenendo nel resto d'Europa a cominciare da Bilbao". (RepBa)

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