Inchiesta sull'Ilva giallo intercettazioni
Sembra vacillare uno dei due capi di
imputazione formulati dalla Procura di Taranto contro l’ex presidente
della Provincia Gianni Florido, uno dei 52 imputati nell’udienza
preliminare di «Ambiente svenduto», il maxi processo contro l’Ilva e i
suoi presunti complici.
Florido, esponente di spicco del Partito Democratico
e in passato segretario provinciale della Cisl, fu arrestato il 15
maggio del 2013 dai militari della Guardia di Finanza e si dimise dopo
qualche ora, portando al commissariamento della Provincia.
Nell’interrogatorio di garanzia, svoltosi al cospetto del giudice per le
indagini preliminari Patrizia Todisco, firmatario dell’ordine di
arresto, e nei successivi sei mesi di custodia cautelare (dieci giorni
in carcere, gli altri ai domiciliari) Florido, tramite i suoi avvocato
Carlo e Claudio Petrone, ha sempre respinto le accuse di aver fatto
pressioni su due dirigenti della Provincia per adottare provvedimenti
favorevoli all’Ilva.
In particolare, Florido risponde di una tentata
concussione (ai danni del dirigente Luigi Romandini) e di una
concussione consumata (ai danni del dirigente Ignazio Morrone), reati
che avrebbe commesso in concorso con l’allora assessore provinciale
all’ambiente Michele Conserva, con l’allora segretario generale Luigi
Specchia (il cui arresto è stato peraltro annullato seccamente prima dal
tribunale del riesame e poi dalla Cassazione) e con l’allora potente
responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva Girolamo Archinà.
Ieri mattina i legali di Florido hanno depositato nella
cancelleria del giudice per le udienze preliminari Vilma Gilli, chiamata
da giovedì prossimo a vagliare la richiesta di rinvio a giudizio della
Procura di Taranto, un dossier composto da documenti secondo loro
comprovanti la regolarità degli atti adottati dalla Provincia nei
confronti del siderurgico, gli interrogatori, compiuti nell’ambito di
indagini difensive, dell’ex direttore generale dell’ente Domenico Mosca,
dell’ex assessore provinciale all’ambiente Giampiero Mancarelli, che
prese il posto di Conserva nel settembre 2012, e dell’ex dirigente del
settore Ambiente Antonio Ruggieri, e soprattutto una consulenza tecnica
di parte sulle intercettazioni telefoniche e ambientali, firmata dai
professionisti baresi Cataldo De Florio e Giuseppe Maringelli.
Nel mirino degli avvocati Petrone è finita in
particolare la trascrizione di una conversazione ambientale tra Michele
Conserva e Ignazio Morrone, avvenuta il 12 marzo del 2010. Nel capo di
imputazione riguardante la concussione compiuta ai danni di Morrone, si
legge che Florido, Conserva e Archinà avrebbero indotto il dirigente ad
assumere un atteggiamento di generale favore nei confronti dell’Ilva e
in particolare a sottoscrivere la determina di autorizzazione
all’esercizio della discarica per rifiuti speciali in area «Mater
Gratiae» pur non ricorrendone le condizioni di legge. A tale
determinazione, gli inquirenti sono giunti in base alla trascrizione di
quel colloquio durante il quale Morrone avrebbe detto «ripeto, non ho
problemi a firmare», una frase che per la pubblica accusa rappresenta
appunto la consumazione della concussione. Secondo la consulenza
depositata ieri, però, Morrone non ha mai detto quella frase o meglio
dice soltanto «però ripeto non ho problemi a». «È chiaro - scrivono i
due periti - che non si ascolta alcuna altra parola, né tanto meno il
verbo firmare. Infatti, nel brogliaccio non c’è il verbo firmare».
Pesanti le conclusioni : «La trascrizione presente sul supporto
informatico contenente l’intercettazione in oggetto sta a dimostrare che
anche la polizia giudiziaria ha ascoltato la frase “ripeto non ho
problemi a...” e quindi la parola “firmare” è stata aggiunta
successivamente». I consulenti aggiungono, peraltro, che in tutta la
conversazione in questione, Conserva e Morrone non pronunciano mai la
parola discarica ma parlano unicamente di impianti termici.
Considerato che la consumazione del delitto di
concussione nei confronti di Morrone si fonda proprio su quella frase,
cioè sull’aver ascoltato il dirigente della Provincia dire di essersi
deciso a firmare e dunque a soddisfare le richieste di Florido e
Conserva per favorire l’Ilva, pare evidente che il caso sollevato
formalmente ieri dagli avvocati Carlo e Claudio Petrone non potrà non
avere tutti gli approfondimenti che merita. (GdM - Mazza)
Un disegno criminoso nel quale per una volta, secondo l’accusa, anche Conserva avrebbe ottenuto una somma di denaro pari a mille euro. Poi Conserva fu nuovamente arrestato il 15 maggio del 2013, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Patrizia Todisco, nel filone principale dell’indagine «Ambiente svenduto » ma secondo gli avvocati Rossetti e Palomba è evidente che il giudice Gilli non può valutare la richiesta di rinvio a giudizio per Conserva, avendolo già giudicato per gli stessi fatti e con gli stessi atti. Nell’ordinanza di custodia cautelare, il gip Gilli scrisse che era Conserva «a dirigere nella sostanza l'assessorato Ecologia ed Ambiente della Provincia, surrogandosi al dirigente in quanto ben conscio di poter garantire il successo delle operazioni illecite solo attraverso l'esautorazione del soggetto deputato, per legge, a gestire l'attività amministrativa».
Se è vero che l’inchiesta relativa al caso Promed non è giunta ancora al capolinea (non sono stati approntati gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari), bisognerà vedere come sarà possibile separare le due vicende. Sull’istanza di ricusazione, deciderà il presidente del tribunale di Taranto. (Mazza - GdM)
Caso Ilva, ex assessore ricusa il giudice Gilli
Dopo l’istanza di rimessione firmata da 15 imputati sui 52 complessivi, dopo i dubbi sollevati dall’ex presidente della Provincia Gianni Florido sulla trascrizione delle intercettazioni, ecco un’altra tegola abbattersi sull’udienza preliminare del processo «Ambiente svenduto», in programa giovedì prossimo nella palestra del comando provinciale dei vigili del fuoco. Gli avvocati Michele Rossetti e Laura Palomba, difensori dell’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva, hanno presentato istanza di ricusazione del giudice per le udienze preliminari Vilma Gilli, chiamata a valutare la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura di Taranto per il disastro ambientale provocato dalle emissioni dell’Ilva. Conserva risponde, in concorso con l’ex presidente Florido, l’ex segretario generale della Provincia Luigi Specchia e l’ex responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva Girolamo Archinà, di tentata concussione e concussione consumata ai danni di due dirigenti dell’ente. Il giudice Gilli, però, nelle vesti di giudice per le indagini preliminari, il 26 novembre del 2012 dispose l’arresto di Conserva per associazione a delinquere finalizzata alla concussione per aver indotto vari titolari di aziende interessate ad ottenere autorizzazioni in materia ambientale dall’assessorato guidato dallo stesso Conserva, ad avvalersi della consulenza della ditta Promed come «tecnico istruttore» per l’espletamento delle pratiche con corrispettivi «esorbitanti o comunque eccessivi rispetto al lavoro svolto».Un disegno criminoso nel quale per una volta, secondo l’accusa, anche Conserva avrebbe ottenuto una somma di denaro pari a mille euro. Poi Conserva fu nuovamente arrestato il 15 maggio del 2013, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Patrizia Todisco, nel filone principale dell’indagine «Ambiente svenduto » ma secondo gli avvocati Rossetti e Palomba è evidente che il giudice Gilli non può valutare la richiesta di rinvio a giudizio per Conserva, avendolo già giudicato per gli stessi fatti e con gli stessi atti. Nell’ordinanza di custodia cautelare, il gip Gilli scrisse che era Conserva «a dirigere nella sostanza l'assessorato Ecologia ed Ambiente della Provincia, surrogandosi al dirigente in quanto ben conscio di poter garantire il successo delle operazioni illecite solo attraverso l'esautorazione del soggetto deputato, per legge, a gestire l'attività amministrativa».
Se è vero che l’inchiesta relativa al caso Promed non è giunta ancora al capolinea (non sono stati approntati gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari), bisognerà vedere come sarà possibile separare le due vicende. Sull’istanza di ricusazione, deciderà il presidente del tribunale di Taranto. (Mazza - GdM)
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