All'Ilva servono risorse e fiducia
Non basta il semplice cambio di commissario, da Enrico Bondi a Piero Gnudi, per realizzare all'Ilva quel cambio di passo auspicato nei giorni scorsi dal premier Matteo Renzi. Gnudi, infatti, si insedia trovando gli stessi problemi che ha lasciato Bondi, semmai resi ancora più complicati, perché, è evidente, la situazione dell'Ilva peggiora di giorno in giorno in assenza di correttivi.
Immettere un po' di soldi nelle casse ormai vuote, è probabilmente la prima cosa che dovrà fare il nuovo commissario. Perché se arrivano risorse fresche, i magazzini tornano a rifornirsi dei pezzi mancanti, i cantieri dell'Aia riprendono a girare, si allontana lo spettro di un blocco dell'Aia, fornitori e imprese vengono pagati e vedono ridursi il loro credito, gli stessi dipendenti riscontrano qualche garanzia in più per i loro stipendi futuri. Se invece la liquidità resta com'è adesso, la condizione finanziaria dell'azienda si avvita ulteriormente e l'Ilva fa altri passi avanti sulla strada del declino. Gnudi questo lo sa. Il punto è come e dove trovare le risorse.
E qui dovrebbe portare una schiarita l'avvento del nuovo commissario nel senso che il raccordo tra gestione commissariale, banche – con le quali la trattativa è aperta da settimane – e privati, ovvero gli azionisti attuali (i Riva) e quelli futuri o possibili (Arcelor Mittal, Arvedi e Marcegaglia), dovrebbe essere, almeno si spera, più fluido e garantire all'azienda la possibilità di una ripresa. Tocca a Gnudi infatti trovare un punto di sintesi e realizzare quel dialogo operoso tra azienda, banche e mondo dell'impresa che a Bondi non è riuscito per i dissensi che ha incontrato il suo piano industriale, ora in stand by, per la freddezza manifestata dagli istituti di credito, per le forti perplessità generate dalla sua scelta di puntare, nella produzione dell'acciaio a Taranto, sul preridotto di ferro tagliando le cokerie, scelta che Federacciai ritiene diseconomica.
La salvezza dell'Ilva dipende sì dall'operato del commissario, ma anche dall'approccio che da ora in poi avranno banche e industriali dell'acciaio e dall'impegno che metterà il Governo. Più costruttivo sarà, più finalizzato a salvare e rilanciare l'azienda sarà, nella consapevolezza che è un asset di rilievo per l'industria italiana, più l'Ilva si allontanerà dal baratro nel quale rischia di precipitare. E ne guadagneranno anche la fiducia, il consenso sociale e il clima generale di una città, Taranto, oggi legata a doppio filo alle sorti della più grande acciaieria europea. Oggi fiducia e consenso latitano molto, anzi sono quasi totalmente assenti. Parlando di Ilva c'è solo una percezione negativa.
Ieri per i danni causati dall'inquinamento, oggi anche per i tagli, sebbene nessuno sinora li abbia annunciati. Probabilmente bisognerà rifare il punto sulla strategia da mettere in campo per l'Ilva, probabilmente su alcuni aspetti bisognerà aprire una discussione, ma il contesto nel quale collocare l'intera operazione, nonché ruolo e aspettative dei vari attori sociali, sono elementi che non possono essere trascurati. (Sole24h)
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