Classifica qualita' delle universita': il Sud resta indietro
Nella classifica del Sole 24 Ore
sulla qualità delle università italiane spiccano gli Atenei di Trento e
Verona, oltre alle private Bocconi e Luiss. Il Sud fanalino di coda. Il
Polo Jonico resta appendice di quello barese. Il dibattito sulla
necessità di investimenti in direzione della formazione e della cultura
appare fondamentale. "Abbiamo costruito l'Ilva a Taranto, - ha spiegato
Daverio- quando nella città avvelenata dall'acciaio ci sono i suoi ori
celebrati in tutto il mondo"
Il
Sole 24 Ore stila la classifica dei migliori poli universitari.
L’analisi sullo stato di salute della formazione in Italia vede gli
istituti di eccellenza collocarsi al Nord e al Centro, mentre il Sud
resta fanalino di coda. Il primato se lo contendono Verona, in cima
negli indicatori di performance sulla ricerca e Trento, che raggiunge il
Politecnico di Milano, tra i migliori sulla didattica. Al terzo posto
si colloca l’Alma Mater di Bologna, e a seguire Padova, Politecnica
delle Marche e la veneziana Ca’Foscari. A Milano la Bicocca si colloca
meglio della Statale, mentre la Sapienza si attesta a metà classifica.
Tra gli atenei non statali spicca il San Raffaele, seguito da Luiss e
Bocconi al secondo posto. Gli indicatori di qualità relativi alla
didattica e alla ricerca risultano comuni alle sedi piu’ importanti. A
ciò vanno aggiunti: personale docente, puntualità degli iscritti e
performance sui progetti di ricerca o sulla qualità dell’alta
formazione.
Dall’indagine si profilano i limiti
restituiti da un Sud ancora arroccato su se stesso che non riesce
malgrado gli sforzi ad operare una differenza, dove, come spiega il
quotidiano “l'emigrazione studentesca priva spesso le università degli
studenti più motivati. La carenza di strutture si spiega anche con un
livello di tasse universitarie molto più basso della media e anche la
ricerca fatica a farsi davvero strada”. Sola eccezione Salerno, al
22esimo posto, mentre la gli atenei meridionali si concentrano nella
seconda parte della classifica generale: Foggia e l'Orientale di Napoli
al 34esimo posto, mentre le principali università napoletane si piazzano
in fondo (la Federico II è alla casella 56, la Seconda università alla
58), mentre nessuna delle università del Centro-Nord si attesta negli
ultimi 16 posti. Il quadro che emerge è di una parte del paese ancora
arrancante, in affanno sia nell’offerta formativa a cui fa seguito un
tasso di disoccupazione preoccupante che induce molti tra gli studenti
più brillanti a cercare fortuna altrove, talvolta all’estero cosi come
evidenziato dal trend degli ultimi anni.
Il Polo universitario Jonico nato e
“pasciuto” come costola barese resta atrofizzato, implode lamentando
problematicità didattiche e strutturali, aspetto questo trascurato
dall’amministrazione locale e declinata a più riprese nei consigli
comunali. “Gli studenti svolgono le lezioni ancora in via Deledda solo
nelle ore di luce – spiegava l’associazione studentesca Link Taranto in
un documento distribuito lo scorso gennaio in Consiglio Comunale - in
quanto il furto dei cavi di rame ha lasciato la struttura senza corrente
elettrica, tutto questo in attesa di un nuovo trasferimento presso
l’ennesima “sede provvisoria”. Lo sviluppo del Polo jonico dipende molto
anche dalle azioni portate avanti dagli enti territoriali- ribadivano-
In questo caso vi è sicuramente un impegno del Comune di Taranto il
quale fornisce in comodato d’uso gratuito le strutture universitarie,
investe nella loro ristrutturazione, fornisce delle unità di personale
da impiegare nelle strutture universitarie, stanzia fondi. Il Comune non
vigila però – concludevano - su come l’Università gestisce le strutture
ad essa affidate”.
L’attenzione alla formazione e alla
cultura come aspetto pregnante risulta imprescindibile per un’economia
sana e uno sviluppo del territorio che non passi solo ed unicamente dai
grandi insediamenti industriali. Come giustamente affermato dallo
storico Philippe Daverio alla trasmissione Servizio Pubblico qualche
tempo fa, “occorre partire dal riconoscere che fra templi greci arcaici,
classici, edificazioni medioevali e invenzioni del barocco, il
Meridione ha la più alta concentrazione del Mediterraneo. Le sei
collezioni archeologiche delle principali città del Mezzogiorno sono da
sole di un'importanza capitale: qualsiasi persona evoluta ci dovrebbe
passare almeno una volta nella vita, come alla Mecca. Eppure sono in
stallo. Perchè? Perchè piuttosto che investire su questa ricchezza fino a
ieri puntavamo sulle fabbriche. A Melfi, in Basilicata, - ha
sottolineato - abbiamo portato le automobili, anziché i turisti. Abbiamo
costruito l'Ilva a Taranto, quando nella città avvelenata dall'acciaio
ci sono i suoi ori celebrati in tutto il mondo. E sapete qual è la media
di occupazione di alberghi in Sicilia? Due mesi: un insulto al
patrimonio sterminato dell'isola. I nostri politici - prosegue - devono
capire che Bagnoli a Napoli, l'Ilva a Taranto, la Fiat a Melfi sono
strade sbagliate per definizione. La vera soluzione per il Sud – ha
ribadito- è che diventi un grande serbatoio di beni culturali, di
qualità di vita e di turismo, perchè queste forze messe insieme rendono
molto più delle tre fabbriche che ho nominato moltiplicate per dieci.
Anche in termini di occupazione. Dobbiamo immaginare uno sviluppo
diverso per il territorio- ha concluso Daverio- Un futuro che dovrà
passare necessariamente attraverso una potentissima operazione di
restauro dei beni culturali, talmente vasta da assomigliare a un piano
Marshall. Ecco si tratta d'impostare un piano Marshall per il
Meridione”.
Un orizzonte questo ancora distante
dagli attuali standard che vedono la cultura ancora appendice di un
profitto possibile, di un’economia alternativa quando al contrario
costituirebbe la risposta più esauriente ai maggiori dibattiti in
termine di occupazione e sviluppo. Strategie di marketing queste
inattuate e del tutto sottostimate, delegate al futuro incerto, nel
frattempo gli esiti parlano chiaro, il Sud muore, non decolla, lasciando
che i grossi colossi industriali costituiscano l’unica risposta
plausibile alle problematicità del territorio, quando esse stesse sono
causa e fonte delle difficoltà in cui versano. Ad oggi, comprendere
questa differenza è sostanziale. (Cosmopolismedia)
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