lunedì 11 marzo 2013

Precari in linea!

Sono una “risorsa” altro che “precari”. Sotto i fumi dell’acciaieria più grande d’Europa, e la più inquinante, può nascere anche la bellezza. Che non è un concetto astratto, ma risiede e cresce in un gruppo di ragazzi di Taranto, gli artefici, di un sito, dalla grafica lineare ed elegante, un blog aperto in divenire, un luogo dove poter parlare liberamente: Precari/eTA. Chi sono è spiegato perfettamente, nel primo editoriale, datato 3 marzo. Quindi questa pagina allargata sul mondo è recentissima. 



«Siamo le operatrici e gli operatori telefonici della più grande azienda di call center d’Italia – si legge – Siamo operai stanchi di subire il ricatto di dovere scegliere tra il lavoro e la salute. Prima di arrivare ai 30 anni abbiamo già sperimentato sulla nostra pelle il significato di cassa integrazione. Siamo disoccupati. Siamo studenti lavoratori, ma viviamo ancora con i nostri genitori».
E’ un bacino larghissimo di anime che tenderebbero alla fuga, ma che prima di scappare, se mai decidessero di lasciare alle loro spalle casa e famiglia, hanno deciso di parlare. I loro nomi, sono nei lunghi scritti che compongono il mosaico del sito. Spulciandolo c’è una diversità di contenuti, tutti validi, ma un solo filo conduttore: la voglia di essere protagonisti di un riscatto generazionale. E Taranto, la città del «ce me ne futt a me», diventa, in un momento dove la politica a tutti i livelli latita, per questo le decisioni vengono prese dalla magistratura, l’ombelico del mondo, il “centro di gravità” del cambiamento. Gli argomenti trattati sono vari, seppure il sito www.precarieta.info sia giovane. Si spazia dalla nuova emergenza profughi a quella occupazionale, dal moto perpetuo di sdegno per una fabbrica che inquina, ad elaborati dove si discerne di cultura e tarentinità. Sono loro la Taranto di domani. Loro a cui oggi il futuro, quello di uno stipendio a fine mese, è negato. Quel futuro che li ingabbia nel “qui e ora”, sotto forma di precarietà permanente. Potevano restare in silenzio, continuare a argomentare tra di loro, ed invece hanno scelto di “essere la differenza”. Come? Mettendo benzina alla rabbia, ma colorandola di aspettative e visioni. È solo così che il rancore non uccide i sogni, semmai li alimenta, nel desiderio del riscatto. Si legge ancora nella presentazione, che è un frullato di emozioni in divenire: «Siamo consapevoli di essere i figli della sconfitta, ma abbiamo deciso di ribellarci. Oggi prendiamo parola perché vogliamo raccontare alla città tutta, della nostra generazione. Di una precarietà decisa sui nostri corpi e sulle nostre esistenze da padroni, sindacati e partiti. Sappiamo di essere in tanti e non vogliamo più rimanere isolati. La felicità è un diritto. Per tutti». (GdM)

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