Per chi volesse saperne di più sul referendum il sito del comitato referendario è: http://referendumilva.wordpress.com/referendum-ilva-di-taranto/
Al via referendum pro e contro chiusura Ilva
Prendono il volantino, lo guardano e lo mettono in
tasca. Ma non lo buttano. Non ci sono fogli accartocciati vicino al
banchetto allestito davanti al mercato Salinella. Né a distanza di
qualche metro. Anche chi è palesemente contrario alla chiusura dell’Ilva , e grida in dialetto «se vanno via i Riva, di che dobbiamo vivere?»,
conserva comunque il foglietto. Gli butta un occhio, capisce che si
tratta del referendum sulla chiusura totale o parziale del siderurgico,
lo piega, e lo ripone in borsa. Sarà l’affluenza ai seggi domenica 14
aprile a svelare se quel volantino in bianco e nero, stampato per
volontà del comitato promotore «Taranto Futura» con scritto «Scegliamo»,
sarà stato letto o gettato nella spazzatura.
Due gli stampati
distribuiti. Sul primo ci sono alcune domande provocatorie, mirate a
colpire la «pancia» dei tarantini: «Cosa facciamo, troviamo il coraggio?
Cerchiamo la speranza? » Sul secondo, invece, vengono riportati i dati
del rapporto «Sentieri» sull’incidenza dei tumori. In grassetto una
frase simbolo dell’indagine sanitaria: «Lo stabilimento siderurgico,
in particolare altoforno, cokeria e agglomerazione, è il maggior
emettitore nell’area per oltre il 99% del totale ed è quindi il
potenziale responsabile degli effetti sanitari correlati al benzopirene»
.
Nonostante slogan ad effetto, anche in una fredda domenica di
marzo, la città si spacca. Operai dello stabilimento con figli al
seguito, ieri mattina di passaggio davanti al mercato Salinella,
bisticciano tra loro. Si chiamano entrambi Antonio, ma il nome è l’unica
cosa che hanno in comune. Il primo lavora da dieci anni in Ilva, si
occupa delle pulizie davanti ad una portineria. Il suo è un vero e
proprio sfogo. Dice: «Sono rimasto da solo a svolgere questo compito, ma
mi hanno mandato in cassa integrazione. Mentre chi lavora nei reparti
che dovrebbero essere chiusi, ottiene anche il premio di produzione. Se
l’Ilva chiude, le cose devono cambiare per forza. E a chi mi dice che è
impossibile ricollocare tutti gli operai nella bonifica e che ci
vorrebbero mesi, io rispondo che in 30 giorni mi hanno fatto imparare a
manovrare una gru nel mio vecchio reparto perché serviva. Tutto si può
imparare».
L’altro Antonio, visibilmente più grande di età,
lavora da 35 anni per alcune imprese di progettazione. E’ stato con
l’Italsder pubblica e ora con l’Ilva privata. Spiega: «Mettendo in
ordine gli impianti di depurazione si risolve tutto». E’ categorico
Antonio, il progettista, che conclude così il suo concetto: « L’Ilva ha
già investito. E’ vero, c’è ancora molto fare, ma il cammino è
intrapreso. Niente chiusura. Anche perché Ilva non è l’unica causa
dell’inquinamento. Ma quello che ha fatto l’Arsenale per decine di anni
ce lo volgiamo scordare? » .(GdM)
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