lunedì 18 marzo 2013

200.000 allenatori?

Per chi volesse saperne di più sul referendum il sito del comitato referendario è: http://referendumilva.wordpress.com/referendum-ilva-di-taranto/

Al via referendum pro e contro chiusura Ilva

Prendono il volantino, lo guardano e lo mettono in tasca. Ma non lo buttano. Non ci sono fogli accartocciati vicino al banchetto allestito davanti al mercato Salinella. Né a distanza di qualche metro. Anche chi è palesemente contrario alla chiusura dell’Ilva , e grida in dialetto «se vanno via i Riva, di che dobbiamo vivere?», conserva comunque il foglietto. Gli butta un occhio, capisce che si tratta del referendum sulla chiusura totale o parziale del siderurgico, lo piega, e lo ripone in borsa. Sarà l’affluenza ai seggi domenica 14 aprile a svelare se quel volantino in bianco e nero, stampato per volontà del comitato promotore «Taranto Futura» con scritto «Scegliamo», sarà stato letto o gettato nella spazzatura.
Due gli stampati distribuiti. Sul primo ci sono alcune domande provocatorie, mirate a colpire la «pancia» dei tarantini: «Cosa facciamo, troviamo il coraggio? Cerchiamo la speranza? » Sul secondo, invece, vengono riportati i dati del rapporto «Sentieri» sull’incidenza dei tumori. In grassetto una frase simbolo dell’indagine sanitaria: «Lo stabilimento siderurgico, in particolare altoforno, cokeria e agglomerazione, è il maggior emettitore nell’area per oltre il 99% del totale ed è quindi il potenziale responsabile degli effetti sanitari correlati al benzopirene» .
Nonostante slogan ad effetto, anche in una fredda domenica di marzo, la città si spacca. Operai dello stabilimento con figli al seguito, ieri mattina di passaggio davanti al mercato Salinella, bisticciano tra loro. Si chiamano entrambi Antonio, ma il nome è l’unica cosa che hanno in comune. Il primo lavora da dieci anni in Ilva, si occupa delle pulizie davanti ad una portineria. Il suo è un vero e proprio sfogo. Dice: «Sono rimasto da solo a svolgere questo compito, ma mi hanno mandato in cassa integrazione. Mentre chi lavora nei reparti che dovrebbero essere chiusi, ottiene anche il premio di produzione. Se l’Ilva chiude, le cose devono cambiare per forza. E a chi mi dice che è impossibile ricollocare tutti gli operai nella bonifica e che ci vorrebbero mesi, io rispondo che in 30 giorni mi hanno fatto imparare a manovrare una gru nel mio vecchio reparto perché serviva. Tutto si può imparare».
L’altro Antonio, visibilmente più grande di età, lavora da 35 anni per alcune imprese di progettazione. E’ stato con l’Italsder pubblica e ora con l’Ilva privata. Spiega: «Mettendo in ordine gli impianti di depurazione si risolve tutto». E’ categorico Antonio, il progettista, che conclude così il suo concetto: « L’Ilva ha già investito. E’ vero, c’è ancora molto fare, ma il cammino è intrapreso. Niente chiusura. Anche perché Ilva non è l’unica causa dell’inquinamento. Ma quello che ha fatto l’Arsenale per decine di anni ce lo volgiamo scordare? » .(GdM)

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