sabato 30 marzo 2013
Garantismo all'italiana...
L'Ilva e il suo cane mastino salentino Ferrante insistono addirittura a querelare i magistrati e i custodi di Taranto!!! Altrimenti 'sti avvocati che li pagano affà? Visto che non hanno ancora ottenuto nulla sul piano legale.
E per fortuna che c'è Clini!
Ah quanto gli rode quel sequestro del Tesssoro ai Riva: lesa maestà!
E l’azienda sollecita la revoca dell’incarico ai custodi giudiziari
L’Ilva passa al contrattacco e dopo aver presentato, tramite l’avvocato Donato Pace, una querela alla sezione di polizia giudiziaria dei carabinieri in servizio alla Procura di Potenza (competente per fatti riguardanti magistrati in servizio a Taranto), si rivolge al procuratore capo Franco Sebastio per segnalare il comportamento dei custodi giudiziari (gli ingegneri Barbara Valenzano, Emanuela Laterza e Claudio Lofrumento; il commercialista Mario Tagarelli), sollecitando provvedimenti nei loro confronti, compresa la revoca dell’incarico.
A unire la querela finita lo scorso 4 marzo alla Procura di Potenza (nella quali si ipotizzerebbero una serie di abusi) a quella firmata dal presidente del siderurgico Bruno Ferrante tre giorni dopo e depositata dall’avvocato Egidio Albanese, c’è il sequestro dell’acciaio prodotto quando agli impianti dell’area a caldo erano stati posti i sigilli senza facoltà d’uso. Un milione e cinquecentomila tonnellate d’acciaio sequestrate il 26 novembre scorso dai finanzieri del Gruppo di Taranto per un valore oscillante tra gli 800 milioni e il miliardo di euro. Il gip Patrizia Todisco considera quell’acciaio frutto del reato, i legali del gruppo Riva hanno più volte impugnato quel provvedimento, non riuscendo però a tornare in possesso della merce nemmeno in forza dell’emendamento ad hoc preparato dal ministro dell’Ambiente Corrado Clini e inserito nella legge salva-Ilva. Sul punto, il prossimo 9 aprile si esprimerà la Corte Costituzionale, su richiesta dei magistrati tarantini ma nel frattempo, lo scorso 15 febbraio il gip Patrizia Todisco ha ordinato la vendita di quell’acciaio, destinando il ricavato ad un conto bloccato. Per ordinare la vendita, il gip ha agito sulla scorta di un parere stilato dai custodi giudiziari secondo i quali coils e lamiere correvano il rischio di deteriorarsi. L’Ilva, che martedì scorso ha discusso dinanzi al tribunale dell’appello un ricorso per ottenere l’annullamento del provvedimento firmato dal giudice Todisco, ora contesta anche il concetto di deteriorabilità dell’acciaio sequestrato posto a fondamento della vendita, sostenendo che se l’acciaio si trova in non ottimali condizioni di stoccaggio e immagazzinamento è proprio per colpa dei custodi che, pur avendone la titolarità, dal giorno del sequestro non hanno fatto nulla per salvaguardarlo, non compiendo, addirittura, nemmeno un sopralluogo. (GdM - Mazza)
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