Il nucleare non s’addice alla Puglia del sole
di Giuseppe Giacovazzo
All’inizio degli anni 80 questo giornale si schierò in prima linea contro il nucleare in Puglia, voluto dal governo e sostenuto dalla Regione, con il suo presidente personalmente impegnato. Scesero a Bari quattro ministri e una folta pattuglia di manager, guidati da Giorgio Lamalfa titolare del dicastero dell’industria. Spiegarono in conferenza i miracolosi vantaggi che il nucleare avrebbe portato alla Puglia che così diveniva “la regione più energetica d’Italia”, quasi non bastasse l’accanimento su Brindisi aggravato dal “mostro” di Cerano. Un primato che tutte le altre regioni volentieri cedevano alla Puglia. Lo stesso sciagurato vanto che già ci aveva gabbato con il siderurgico più grande d’Europa rifilato a Taranto.
Vincemmo quella sfida. E non c’era stata ancora la tragedia di Cernobyl che nel 1986 venne poi a confermare il sentimento popolare e le paure. Ora pare che il nucleare stia per diventare una partita di ritorno. Ma questa volta in netto contrasto con la maggioranza alla Regione che si è prontamente schierata contro. Siamo in una campagna elettorale europea che ha lestamente dimenticato l’Europa per dedicarsi piuttosto a polemiche dirimpettaie.
Perciò andiamoci piano. Per ora non risulta da nessuna parte che sia stata indicata la Puglia come destinataria del nucleare. Siamo ancora fermi al rapporto Cnen del 1970 che qualcuno va evocando. Si riparla di una delle zone che negli ultimi trent’anni ha realizzato insediamenti turistici ad alta ricettività come la costiera di Ostuni. Anche nell’interno la campagna ostunese si protende verso la Valle d’Itria con le sue amene contrade cosparse di trulli secolari. Trent’anni fa il nucleare si orientava verso zone semideserte come l’Arneo, tra Avetrana e Porto Cesareo. Oggi invece l’intera Puglia va raccogliendo i frutti di una nuova economia, grazie al fascino singolare di un territorio che alterna mare e collina.
La Puglia è cambiata. È cambiato anche il nucleare. Quello cosiddetto di terza generazione non dovrebbe far paura a nessuno. In Francia si contano una settantina di centrali di questo tipo. Ma rimane un problema, il più grave: lo smaltimento delle scorie. Dove trovare in Puglia i siti per seppellirle, se non riusciamo a smaltire nemmeno i rifiuti urbani? Solo i reattori di quarta generazione potranno risolvere il problema. Essi infatti saranno alimentati proprio con le scorie, che diventeranno così un combustibile e quindi fattore di sicurezza.
Ma quanti anni passeranno? Una ventina, sostiene il fisico nucleare Nicola Colonna, originario di Altamura. Conviene dunque aspettare? Il professore propende per il sì. Ma non si nasconde il persistere di uno stato d’animo di paura nella gente. La domanda è: può un governo, per quanto forte nel consenso popolare, sfidare la paura in un Mezzogiorno ancora una volta destinatario di scelte così poco gratificanti? Sembra di essere tornati oggetto di quella vecchia contraddizione che Pasolini definiva “sviluppo senza progresso”. I pugliesi hanno capito. Siamo la regione che fornisce all’Italia oltre l’80 per cento dell’energia che qui si produce. D’ora innanzi non vi saranno altre scelte compatibili all’infuori dell’eolico e del fotovoltaico che sono in continuo avanzamento.
Tempo fa un noto giornalista chiese a De Gasperi, capo del governo della Ricostruzione, di che cosa è fatta la politica. E il premier, con la sua pronuncia tagliente, non esitò a rispondergli con una sola parola: psicologia. L’80 per cento della politica è psicologia. Ossia la capacità di calare ogni scelta in sintonia con il sentire del popolo. Nessun politico in Italia sarà così dissennato da sfidare la volontà popolare imponendo una scelta che, a torto o a ragione, viene percepita come una spada di Damocle, potenziale minaccia alla tranquillità del vivere quotidiano. (La Gazzetta del Mezzogiorno)
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