giovedì 7 maggio 2009

Conosciamo il nostro mare?

Canyon e vulcani sottomarini scoperti da rilevamenti OGS per realizzare mappe batimetriche


Monitorare le coste italiane a rischio geologico: frane sottomarine, sismicità e tsunami, acquisendo dati geofisici su specifiche zone del fondale marino per stimare quali sono le aree critiche. Lo scopo è quello di realizzare 72 mappe batimetriche in scala 1:50.000 che, insieme ad altre carte tematiche formeranno la Carta degli Elementi di Pericolosità dei Fondali Marini.
Uno strumento conoscitivo di cui il Dipartimento della Protezione Civile si servirà per gestire il rischio territoriale legato alla presenza, in Italia, di aree marine geologicamente complesse e ancora in parte sconosciute. E' stato questo l'obiettivo della campagna oceanografica MaGIC OGS 0409, che si è conclusa il 20 aprile scorso, dopo tre settimane di navigazione a bordo della nave OGS Esplora nel Mar Ionio settentrionale fino al Golfo di Taranto. La missione appena terminata ha acquisito nuovi dati geofisici su specifiche zone di fondomare, principalmente nel margine pugliese, per stimare quali sono "le aree di criticità" delle coste di Puglia e Calabria, e individuare i siti in cui vi è una concreta possibilità che processi geologici in grado di deformare e/o erodere il fondale del margine della piattaforma continentale, risalite o espulsione di fluidi, frane sottomarine e faglie possano essere all'origine di tsunami e/o terremoti potenzialmente devastanti per un profilo costiero così densamente abitato come quello italiano. Una serie di scoperte riguarda una grossa frana nel versante apulo, depositi sedimentari tipici di correnti di fondo, piccole frane e zone di collassamenti minori. "Il risultato di maggior rilievo - spiega Silvia Ceramicola, ricercatore OGS e responsabile scientifico della spedizione - di questa prima parte degli studi è stata l'acquisizione di dati ad altissima risoluzione sui giganteschi canyon sottomarini che si sviluppano per decine di chilometri arrivando, in alcuni casi, a poche decine di metri dalla costa, come per esempio le strutture che occupano il Golfo di Squillace. Questi canyon sono in retrogressione, cioè stanno arretrando lentamente e si fratturano, un comportamento che va tenuto sotto controllo quanto più si verifica vicino alla costa". Si è inoltre avuta la prova che alcuni rilievi identificati, in precedenza, sono in realtà vulcani di fango, uno dei quali, di fronte a Crotone, è risultato attivo e si è "esibito" in uno sbuffo di gas proprio durante i rilevamenti."Abbiamo infine identificato frane a vari stadi di attività, strati piegati con inclinazioni improbabili, troncati, erosi, faglie da cui esce gas", dice ancora Ceramicola. "Ma siamo solo all'inizio: lo studio - continua - è destinato a durare quattro anni ancora. Fortunatamente, grazie anche alle condizioni meteorologiche ottimali, la qualità dei dati ecometrici raccolti è stata ottima e le informazioni geofisiche registrate sono state elaborate a bordo da speciali software che permettono di osservare in tempo reale la batimetria e le sezioni acustiche del fondale marino su cui si naviga"
L'area studiata va da Torre Pali fino a Taranto sul versante pugliese, e da Scanzano Jonico fino al Golfo di Squillace sul versante calabro-lucano, coprendo una superficie di circa 7500 km2."In questo mese di indagini sottomarine - spiega ancora Ceramicola - abbiamo rilevato morfologie caratteristiche di diversi ambienti marini, alcune delle quali mai osservate prima o di cui si aveva solo un vago sospetto". I rilevamenti sono stati possibili utilizzando metodi di indagine ad alta sensibilità, come l'ecoscandaglio multifascio. Si tratta, come spiega la ricercatrice, di una tecnica che si basa sull'invio di un treno di impulsi acustici sul fondo del mare seguito dal successivo recupero delle eco di ritorno, che nel complesso formano quella che in termine tecnico si chiama una "spazzata"di segnali trasversale alla nave."In tal modo si disegna la batimetria, cioè il profilo del fondale marino" ha precisato Andrea Cova, capo missione della spedizione e tecnologo in OGS. C'è stata, inoltre, riferiscono i ricercatori OGs un'importante scoperta biologica al largo della costa pugliese: sul fondale sono stati identificati banchi carbonatici molto probabilmente costituiti da coralli bianchi già individuati a Santa Maria di Leuca, che si pensava non esistessero più."Si tratta di ecosistemi delicati - conclude la ricercatrice - che si sviluppano solo con temperature e nutrienti particolari. Non sono direttamente correlati a condizioni di criticità del fondale, ma piuttosto rappresentano zone da evitare se si ipotizza, per esempio, di posare sul fondale marino pipeline od opere varie. Vanno evitati sia perché si tratta di strutture intrinsecamente fragili, sia perché preziose in termini di biodiversità". La missione, che rientrava nel progetto quinquennale MaGIC (Marine Geohazards along the Italian Coasts, 2007-2012), iniziato nel 2007 con una prima individuazione delle aree a maggiore pericolosità della costa calabra, è stata finanziata dal Dipartimento della Protezione Civile Italiana e realizzato grazie alla collaborazione dell'intera comunità scientifica italiana attiva nel settore della geologia marina. Quattro i partner principali - OGS, CNR (con gli istituti Igag, Ismar, Iamc), l'Università di Roma/Igag in veste di coordinatore generale e Conisma (Apcom)

Nessun commento: