di Vittorio Rava’ su blogonomy
Martedì 21 ottobre il Corriere della Sera si è occupato dei danni ambientali provocati dall’Ilva di Taranto. Pochi giorni dopo, gli fa eco la Repubblica. Un problema rimasto fino a quel momento in ambito locale sta ora esplodendo a livello nazionale.Finora l’inquinamento ambientale aveva come contropartita l’importante ruolo occupazionale in un territorio disastrato come la provincia di Taranto. L’Ilva dà impiego a 24.684 dipendenti, di cui circa la metà a Taranto, e il dubbio amletico lanciato dal governatore pugliese Nichi Vendola recita: «O si muore di cancro o si muore di fame». Secondo le statistiche pubblicate dai due quotidiani, negli ultimi dieci anni si è registrato un aumento di leucemie, mielomi e linfomi del 30-40%, soprattutto nei quartieri vicini all’Ilva, dove il tasso di incidenze tumorali è di 496 persone su 100 mila. Come certificano i dati diffusi dall’Ines (Inventario nazionale emissioni e loro sorgenti), il problema più grave riguarda l’emissione di diossina: l’impianto negli ultimi anni ha prodotto in media, secondo la Repubblica, il 70,7% (per il Corriere il 92%) della diossina industriale italiana, contro il 9% di quella europea.
Il vero fulcro della questione sta nei limiti di emissione: mentre quello europeo è di 0,4 nanogrammi per metro cubo, in Italia è di 100 nanogrammi. Così, mentre gli ambientalisti lo accusano duramente, Emilio Riva, presidente dell’Ilva, replica: «Siamo in regola e abbiamo anche investito 450 milioni di euro per migliorare gli impianti».
Vorrei dare un consiglio a Riva: non sottovaluti il problema. La Puglia non è più una regione dimenticata del Sud, ma una realtà del nostro Paese a cui diversi personaggi influenti si sono affezionati. L’interesse da molti manifestato verso le sorti di questa regione è paragonabile a quello suscitato dalla Toscana, che è stata preservata dagli scempi grazie all’intervento di quegli intellettuali che lì hanno trovato un buen retiro. Le altre industrie manifatturiere pugliesi si occupano di settori non inquinanti, diversamente dall’Ilva, e per uscire da questa situazione non credo che sarà utile a Riva l’ingresso nell’azionariato di Cai. Nessuno è più disposto a fare sconti sulla salute: né operai né sindacati né tantomeno le autorità regionali. A Taranto o si risolve il problema ambientale o si chiude.
Nessun commento:
Posta un commento