domenica 1 settembre 2013

Ticali? Chi era costui?

Su Dario Ticali si vedano i post del Comitato

Ilva e inquinamento. Blitz dei finanzieri a ministero Ambiente

Emanuelelazzarini
L’inchiesta «ambiente svenduto» ora fa tremare anche i palazzi romani. Il blitz delle fiamme gialle a Roma nel ministero dell’Ambiente, avvenuto i primi giorni di agosto, fuga i dubbi: spiega che il lavoro degli inquirenti non si è mai fermato e, soprattutto, che nulla è stato dimenticato. L’enorme mole di documenti acquisita dai finanzieri del Gruppo di Taranto, al comando del maggiore Giuseppe Dinoi, permetterà adesso di capire se l’Autorizzazione integrata ambientale firmata dal ministro Stefania Prestigiacomo il 4 agosto del 2011 l’ha scritta davvero la commissione guidata da Dario Ticali o se, invece, ad occuparsene sono stati i lobbisti del gruppo Riva.
I dubbi del pool di magistrati composto dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero, Giovanna Cannarile e Remo Epifani che indagano i vertici aziendali per disastro ambientale, nascono dalle telefonate intercettate dai militari delle Fiamme Gialle. Colloqui durante i quali Francesco Perli, responsabile degli affari legali dell’Ilva e anello di congiunzione tra azienda e commissione Aia, racconta a Fabio Riva dei suoi rapporti con Luigi Pelaggi. Chi è Pelaggi? Uno dei membri della commissione, ma soprattutto per gli investigatori è la «testa di ponte» cioè l’uomo vicino all’azienda per raccogliere le richieste dell’Ilva e «orientare la commissione nella direzione richiesta dai suoi interlocutori».
È il 22 luglio 2010 quando Perli descrive a Riva gli ultimi contatti avuti con Pelaggi. L’Ilva è in attesa dell’Aia ed è stufa di attendere. «Gli ho detto, scusa è da novembre che io vengo qui in pellegrinaggio da te... è una roba allucinante! Cioè cosa dobbiamo fare di più, ve l’abbiam scritta noi! Vi tocca soltanto di leggere le carte, metterle in fila e gestire un po’ il rapporto con gli enti locali... Io adesso... comunque adesso i primi di agosto ci danno un lavoro per... valutiamo. Comunque bisogna star col fucile spianato... ».
Contro Pelaggi, Perli affonda le minacce. È lui stesso a raccontare a Fabio Riva, latitante a Londra dal 26 novembre scorso di essere ascoltato dai finanzieri: «guarda che se le cose stanno così non in cassa integrazione, noi mettiamo in mobilità 5 o 6000 persone» e «su sta roba qui non salta Ticali, salta la Prestigiacomo».
Ma la Prestigiacomo non salta. L’Aia che arriva un anno più tardi, il 4 agosto 2011, avrà però vita breve: viene riaperta dal suo successore Corrado Clini quando l’inchiesta dei magistrati tarantini e le maxiperizie disposte dal gip Patrizia Todisco raccontano all’Italia intera il disastro ambietale di Taranto. U n’inchiesta che ora volge alla chiusura e che quindi mira a chiarire anche se quell’au - torizzazione è stata davvero il frutto delle analisi di documenti nel rispetto della normativa o l’ennesimo risultato della pressione aziendale sulle istituzioni. Un rapporto che il lavoro della magistratura dovrà chiarire anche per valutare le responsabilità di coloro che hanno consentito che la situazione precipitasse perché «non hanno pensato al futuro di Taranto, ma hanno seguito la strada del profitto immediato» come ha scritto ieri il vescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro nel suo messaggio alla città in occasione della giornata del Creato che si celebra oggi. Un messaggio duro in cui il vescovo Santoro chiede con forza un «controllo rigoroso sull’applicazione delle prescrizioni della nuova Aia non procrastinando ulteriormente gli interventi di ammodernamento degli impianti, la copertura dei parchi minerali e la bonifica dei terreni circostanti» e si rivolge ai tarantini con le parole di Papa Francesco: «Non lasciatevi rubare la speranza ». Agli operai e cittadini «fiaccati dagli scarsi risultati» a causa dello «smarrimento delle classi dirigenti, nazionale e locale, la cui conseguenza è stata una discutibile gestione dell’emergenza», Santoro chiede infine di cominciare a «disinquinare i pozzi del dibattito pubblico. Che adesso sembrano più secchi che inquinati». (GdM)

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