Taranto. La salute dopo l’Ilva. Sviluppare ricerca per proteggere
benessere dei cittadini
Alla fine della mattinata di
lavori, concluse le relazioni scientifiche, il pubblico raccolto nella sala
dell’Università si alza per una pausa. Restano seduti, abbracciati e in lacrime,
un uomo e una donna. È un’immagine inconsueta in un convegno di medicina, ma
assolutamente comprensibile in questo caso.
Perché il convegno
Salute, ambiente, lavoro nella città dell’acciaio ha raccolto
interventi e dati sulla salute a Taranto, dove gli stabilimenti e i loro fumi
sono parte del panorama quotidiano e dove le preoccupazioni non sono astratte,
ma concretissime e riguardano la propria vita e quella delle generazioni
future.
Non si tratta di fare “allarmismo”, come ha ripetuto più volte
Cosimo Nume, presidente dell’Ordine dei medici di
Taranto e organizzatore del convegno insieme a Emanuele Vinci, presidente
dell’Ordine di Brindisi. Si tratta piuttosto di raccogliere i dati, perché, come
ha detto Vinci: “Ora non si può non sapere”.
Introdotto da Valentina
Petrini, giornalista di Piazza Pulita, è Agostino Di
Ciaula (della sezione ISDE di Taranto, tra i promotori del
convegno) che ricorda come i primi dati siano ormai del 1987, e oggi mostrano un
aumento di incidenza per carcinomi e Bpco e un elemento in pericolosa
controtendenza: l’aspettativa di vita media in quest’area si è abbassata di due
anni, mentre nel resto del Paese continua a crescere. E
Raffaella Depalo (Policlinico di Bari)
aggiunge dati che mostrano un aumento dell’infertilità, che raggiunge il 20-25%,
mentre un numero crescente di donne che arrivano anticipatamente alla
menopausa.
A spiegarne le ragioni è Alberto Mantovani
(Iss) che illustra come gli agenti inquinanti, e in particolare gli interferenti
endocrini, entrino nel ciclo ambientale, arrivando agli alimenti e quindi ad
interagire con l’organismo umano.
Un’interazione che, come illustra
Ernesto Burgio (presidente del comitato scientifico ISDE)
investe gli esseri umani, ma ancor più embrioni, feti e gameti. Secondo questa
lettura epigenetica, Burgio ha detto che “quel che si genera adesso lo
percepiremo tra 20 anni”, citando in particolare l’aumento di incidenza
dell’autismo, per il quale Lancet parla ormai di pandemia nelle zone
fortemente inquinate.
Un dato che purtroppo è confermato a Taranto, come
hanno ricordato molti interventi del pubblico, numeroso, composto dai medici
provenienti da tutta Italia (il convegno ha avuto il sostegno della Fnomceo e
sono quindi affluiti rappresentanti da tutti gli Ordini provinciali) e da
medici, studenti e cittadini della regione.
E molti interventi hanno
sottolineato la necessità di sviluppare maggiori ricerche sulla realtà sanitaria
della zona, anche offrendo maggiori servizi alla popolazione locale. Purtroppo,
come ha spiegato Depalo, per i suoi studi sono stati utilizzati in un primo
tempo fondi privati e solo in un secondo momento si è attivato un progetto
ministeriale, mentre non c’è stato alcun intervento da parte della
Regione.
Ma perché, pur conoscendo ormai la situazione di rischio, non
abbiamo ancora messo in campo misure adeguate? Al di là delle ragioni politiche,
giuridiche ed economiche, affrontate nella seduta pomeridiana del convegno
guidata da Sandra Amurri (il Fatto quotidiano),
potrebbe esserci una ragione antropologica. Il nostro cervello, ha spiegato
Paolo Rognini (Università di Pisa) ha un software vecchio,
capace di riconoscere solo i pericoli materiali, ma che non si attiva invece
davanti a pericoli resi evidenti solo da dati scientifici non percettibili
attraverso i sensi.
Eppure, qualcuno si è reso conto del rischio già
molti anni fa. Come Alessandro Leccese, ufficiale sanitario a
Taranto negli anni in cui si costruiva l’Italsider, o come Alberto
Arrò, medico di famiglia e primo presidente della sezione Isde di
Taranto. I due medici sono stati ricordati nel corso del convegno attraverso la
voce di Michele Riondino, attore noto al pubblico televisivo e
tarantino doc. (Quotidianosanità)
lunedì 30 settembre 2013
Cambiamo software al cervello?
Argomenti
Alberto Arrò,
Alberto Mantovani,
Alessandro Leccese,
Amurri,
cosimo nume,
Di Ciaula,
Ernesto Burgio,
fnomceo,
ILVA,
ISDE,
Michele Riondino,
salute e ambiente
Dibattiti della domenica
Ecco la risacca del bombardamento mediatico che giunge fino ai lenzuoli comunicativi delle curve domenicali.
Ieri i tifosi del Verona hanno esposto uno striscione che recitava:
"I lavoratori della Riva Acciaio sono di Serie A come l'Hellas. Fateci lavorare!"
A 1000 km di distanza, i tifosi tarantini hanno risposto:
"A voi la Serie A...a noi i morti in città. VERGOGNA"
Viene da pensare che, forse, se i cittadini e i lavoratori potessero confrontarsi senza la mediazione delle lobby del potere, si realizzerebbe quel sogno di solidarietà di classe che ormai è sepolto da qualsiasi ideologia...
Ieri i tifosi del Verona hanno esposto uno striscione che recitava:
"I lavoratori della Riva Acciaio sono di Serie A come l'Hellas. Fateci lavorare!"
A 1000 km di distanza, i tifosi tarantini hanno risposto:
"A voi la Serie A...a noi i morti in città. VERGOGNA"
Viene da pensare che, forse, se i cittadini e i lavoratori potessero confrontarsi senza la mediazione delle lobby del potere, si realizzerebbe quel sogno di solidarietà di classe che ormai è sepolto da qualsiasi ideologia...
Argomenti
calcio,
ILVA,
Riva Acciaio,
striscione,
tifosi,
Verona
Gli operai dell'Ilva, parlano alle Iene
Argomenti
epidemiologia,
ILVA,
intervista,
le iene,
operai,
tamburi,
video
Nelle sale come nelle piazze
Taranto: il messaggio medico al Paese e ai decisori politici
C'erano moltissimi medici, sabato 28 settembre nell'aula universitaria di Taranto per seguire il Convegno "Salute, ambiente, lavoro nella città dell’acciaio", proposto dalla FNOMCeO, dagli Ordini provinciali dei medici di Taranto e Brindisi e dall’ISDE, Associazione medici per l’ambiente. E c'erano moltissimi cittadini e studenti raccolti attorno alle parole di Cosimo Nume, presidente dell'OMCeO della città pugliese: "Questa è una giornata che vuole essere simbolo e ripartenza, una giornata che insieme è di denuncia e di richiesta di maggior salute pubblica per tutti".
A Taranto l'inquietante presenza di ciminiere e nubi tossiche è un immagine che si stampa negli occhi, che deturpa la bellezza dei due mari che accarezzano la città. E mentre da Bruxelles arriva la bacchettata ambientale (sotto forma di avvio di procedura di infrazione, in quanto il nostro Paese proprio sull'Ilva non ha rispettato le direttive sulle emissioni inquinanti), dal convegno tenuto in questa città antica e deturpata, è arrivato un messaggio medico scientifico preciso e impegnativo, che Amedeo Bianco, presidente della Federazione, ha sintetizzato in due punti chiave: i medici di tutta Italia sono vicini alla città e i dati scientifici devono orientare le iniziative di tutela della salute.
Mantenendo fede al suo impianto scientifico, il convegno ha presentato approfondimenti e riflessioni che, come detto dal primo relatore Agostino Di Ciaula (ISDE) possono diventare promemoria sanitario per decisori politici. Decisori che devono prendere atto dei dati di carcinomi e dell’incidenza della Bpco, ma anche di quelli dell’abnorme infertilità (20-25%) mostrata da Raffaella Depalo (Policlinico di Bari), come anche dell’insolito dato socio-statistico: Taranto è l’unica città italiana in cui l’aspettativa di vita si è abbassata di due anni, contraddicendo l’orientamento che vuole l’Italia (insieme al Giappone) come il paese più vecchio del mondo. Insomma: Taranto rappresenta una sfida. A chi fa azienda, a chi gestisce la produzione nel nostro Paese, a chi progetta la sanità pubblica. Una sfida anche per quella parte di mondo medico e di ricercatori (sempre più esigua) che mette in dubbio il rapporto tra inquinanti e salute.
Una sfida e una preoccupazione che Ernesto Burgio, Direttore scientifico dell'ISDE e da un ventennio acceso sostenitore di ricerche "eretiche", ha lanciato anche più in avanti sottolineando che il problema non è solo nei tumori manifesti, visto che "non è la dose che fa il veleno, bensì la quantità nel lungo periodo", nella convinzione che embrioni, feti e gameti sono i target piu sensibili agli agenti inquinanti. In una perfetta linea epigenetica, Burgio ha sottolineato che "quel che si genera adesso lo percepiremo tra 20 anni", citando il Lancet che ormai parla di pandemia quando riporta i dati dell'autismo in zone fortemente inquinate. Il riferimento del ricercatore siciliano è quella parte di scienza internazionale che ormai vede il DNA non come un elemento immutabile, ma come un dato "sprogrammabile" fin dall'utero, fortemente mutevole e sottoposto a pressioni ambientali: non a caso esistono centri di ricerca che stanno concentrando il loro lavoro proprio sulle eco-interferenze sul DNA, offrendo chiavi di lettura nuove degli effetti dell'inquinamento sul corpo umano e sui suoi meccanismi.
E dunque che fare? Chiudere, riconvertire, bonificare, statalizzare? I temi del “dopo” sono giustamente rimasti sullo sfondo, ma non si può dimenticare cosa accade da altre parti del mondo. Altrove è la stessa classe imprenditoriale a cercare le soluzioni a miglior impatto. Altrove – si pensi al bacino della Ruhr, a Bilbao, a Pittsburgh – la riconversione ha pagato e ha fruttato economicamente al meglio, sia nelle situazioni in cui le fabbriche sono rimaste, sia in quelle in cui le ciminiere sono state sostituite da cultura e turismo. Taranto potrebbe essere un modello di rinascita, invece che di morte, soprattutto se accorpata in un ipotetico “piano nazionale” alle altre due grandi aree pericolose del nostro Paese, Marghera e Augusta-Priolo, anch’esse sul mare, anche loro ad altissima incidenza tumorale.
Da Taranto la classe medica rilancia un messaggio chiaro: non chiudiamo gli occhi, partecipiamo e condividiamo dati, preoccupazioni, sfide, affinché diventino coscienza professionale e messaggio politico. Come ha sottolineato Emanuele Vinci, coordinatore della Commissione ambiente della Federazione nazionale degli Ordini: "Ora non si può non sapere. La FNOMCeO sulle tematiche ambientali ha costituito un gruppo che sta cercando di produrre proposte che prendono atto dei dati della ricerca, ragionando sulla Valutazione dell'impatto sulla salute e sulla Valutazione del danno sanitario. La ratio di tutto questo è una sola: non si può non sapere". Dopo queste giornate tarantine ciò è piu vero che mai. (fnomceo)
Convegno Salute, ambiente, lavoro nella città dell'acciaio: l'intervento dei Liberi e Pensanti
C'erano moltissimi medici, sabato 28 settembre nell'aula universitaria di Taranto per seguire il Convegno "Salute, ambiente, lavoro nella città dell’acciaio", proposto dalla FNOMCeO, dagli Ordini provinciali dei medici di Taranto e Brindisi e dall’ISDE, Associazione medici per l’ambiente. E c'erano moltissimi cittadini e studenti raccolti attorno alle parole di Cosimo Nume, presidente dell'OMCeO della città pugliese: "Questa è una giornata che vuole essere simbolo e ripartenza, una giornata che insieme è di denuncia e di richiesta di maggior salute pubblica per tutti".
A Taranto l'inquietante presenza di ciminiere e nubi tossiche è un immagine che si stampa negli occhi, che deturpa la bellezza dei due mari che accarezzano la città. E mentre da Bruxelles arriva la bacchettata ambientale (sotto forma di avvio di procedura di infrazione, in quanto il nostro Paese proprio sull'Ilva non ha rispettato le direttive sulle emissioni inquinanti), dal convegno tenuto in questa città antica e deturpata, è arrivato un messaggio medico scientifico preciso e impegnativo, che Amedeo Bianco, presidente della Federazione, ha sintetizzato in due punti chiave: i medici di tutta Italia sono vicini alla città e i dati scientifici devono orientare le iniziative di tutela della salute.
Mantenendo fede al suo impianto scientifico, il convegno ha presentato approfondimenti e riflessioni che, come detto dal primo relatore Agostino Di Ciaula (ISDE) possono diventare promemoria sanitario per decisori politici. Decisori che devono prendere atto dei dati di carcinomi e dell’incidenza della Bpco, ma anche di quelli dell’abnorme infertilità (20-25%) mostrata da Raffaella Depalo (Policlinico di Bari), come anche dell’insolito dato socio-statistico: Taranto è l’unica città italiana in cui l’aspettativa di vita si è abbassata di due anni, contraddicendo l’orientamento che vuole l’Italia (insieme al Giappone) come il paese più vecchio del mondo. Insomma: Taranto rappresenta una sfida. A chi fa azienda, a chi gestisce la produzione nel nostro Paese, a chi progetta la sanità pubblica. Una sfida anche per quella parte di mondo medico e di ricercatori (sempre più esigua) che mette in dubbio il rapporto tra inquinanti e salute.
Una sfida e una preoccupazione che Ernesto Burgio, Direttore scientifico dell'ISDE e da un ventennio acceso sostenitore di ricerche "eretiche", ha lanciato anche più in avanti sottolineando che il problema non è solo nei tumori manifesti, visto che "non è la dose che fa il veleno, bensì la quantità nel lungo periodo", nella convinzione che embrioni, feti e gameti sono i target piu sensibili agli agenti inquinanti. In una perfetta linea epigenetica, Burgio ha sottolineato che "quel che si genera adesso lo percepiremo tra 20 anni", citando il Lancet che ormai parla di pandemia quando riporta i dati dell'autismo in zone fortemente inquinate. Il riferimento del ricercatore siciliano è quella parte di scienza internazionale che ormai vede il DNA non come un elemento immutabile, ma come un dato "sprogrammabile" fin dall'utero, fortemente mutevole e sottoposto a pressioni ambientali: non a caso esistono centri di ricerca che stanno concentrando il loro lavoro proprio sulle eco-interferenze sul DNA, offrendo chiavi di lettura nuove degli effetti dell'inquinamento sul corpo umano e sui suoi meccanismi.
E dunque che fare? Chiudere, riconvertire, bonificare, statalizzare? I temi del “dopo” sono giustamente rimasti sullo sfondo, ma non si può dimenticare cosa accade da altre parti del mondo. Altrove è la stessa classe imprenditoriale a cercare le soluzioni a miglior impatto. Altrove – si pensi al bacino della Ruhr, a Bilbao, a Pittsburgh – la riconversione ha pagato e ha fruttato economicamente al meglio, sia nelle situazioni in cui le fabbriche sono rimaste, sia in quelle in cui le ciminiere sono state sostituite da cultura e turismo. Taranto potrebbe essere un modello di rinascita, invece che di morte, soprattutto se accorpata in un ipotetico “piano nazionale” alle altre due grandi aree pericolose del nostro Paese, Marghera e Augusta-Priolo, anch’esse sul mare, anche loro ad altissima incidenza tumorale.
Da Taranto la classe medica rilancia un messaggio chiaro: non chiudiamo gli occhi, partecipiamo e condividiamo dati, preoccupazioni, sfide, affinché diventino coscienza professionale e messaggio politico. Come ha sottolineato Emanuele Vinci, coordinatore della Commissione ambiente della Federazione nazionale degli Ordini: "Ora non si può non sapere. La FNOMCeO sulle tematiche ambientali ha costituito un gruppo che sta cercando di produrre proposte che prendono atto dei dati della ricerca, ragionando sulla Valutazione dell'impatto sulla salute e sulla Valutazione del danno sanitario. La ratio di tutto questo è una sola: non si può non sapere". Dopo queste giornate tarantine ciò è piu vero che mai. (fnomceo)
Convegno Salute, ambiente, lavoro nella città dell'acciaio: l'intervento dei Liberi e Pensanti
Nella capitale del capitale!
Gli operai Ilva a Berlino
AUDIO E LINK
Una delegazione del Comitato
Cittadini e Lavoratori dell'Ilva di Taranto incontra gli operai degli
stabilimenti del gruppo siderurgico Riva in Germania.
Stessa gestione e proprietà, ma due modi diversi di
concepire il controllo pubblico di un importante sistema produttivo.
Meno di un anno fa, 29 novembre 2012, Emilio Riva, fondatore
dell'omonimo gruppo leader nel settore della produzione dell'acciaio in
Italia, fu proclamato "imprenditore dell'anno” dall'associazione di
imprenditori della Valcamonica. Né il capostipite e nessuno dei figli
poté ritirare personalmente il riconoscimento: erano tutti agli arresti
domiciliari per associazione a delinquere, disastro ambientale e
concussione in riferimento alla gestione dell'impianto siderurgico di
Taranto. Nel 2002, anche la presidenza della Repubblica federale tedesca
riconobbe e premiò con una onorificenza "l'impegno in campo economico e
sociale” di Riva. Dal 20 al 23 settembre, gli operai del Comitato
Cittadini e Lavoratori dell'Ilva di Taranto, hanno incontrato a Berlino
operai e cittadini dei due stabilimenti del gruppo Riva in Germania,
operai e cittadini tedeschi allarmati dalle notizie sul "caso Ilva di
Taranto” apparse anche sui quotidiani locali e nazionali. È stata
un'occasione di confronto tra due sistemi di gestione e controllo
pubblico, quello tedesco degli impianti del Brandeburgo e di Hennigsdorf
e quello italiano di Taranto, profondamente diversi. (Funkauseuropa)
AUDIO E LINK
- Ascolta il servizio di Gerardo Fragione
domenica 29 settembre 2013
Addio ai Letta friends e ai loro decreti tappabuchi
Ilva, l'Anm: "I politici hanno fallito, giudici costretti a intervenire"
Ladri di BicicLetta David Rowe (Australia) |
Nonostante il disastro (economico e sociale) provocato dalle toghe di
Taranto sia sotto gli occhi di tutti, Carbone difende a spada tratta
l’intervento della magistratura. A detta del numero uno dell'Anm, i giudici avrebbero, infatti, affrontato la situazione "con grande accortezza" e "nella consapevolezza delle ricadute occupazionali".
Interpellato a margine del Congresso dell’Unione delle Camere penali,
anche il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli ha insistito sul fatto che
nel caso dell'Ilva il vero problema è quello legato alla prevenzione: "Queste
situazioni andrebbero gestite in quella fase che consente flessibilità e
tempestività degli interventi di risanamento e di controllo, che poi
non sono possibili al momento in cui l’irregolarità sfocia in aperta
illegalità imponendo l’intervento della magistratura". "L’intervento della magistratura è rigido - è il ragionamento di Sabelli - i nostri strumenti sono quelli del sequestro e della misure cautelari. Purtroppo, questa per le caratteristiche del sistema è una fase rigida; è mancata la prevenzione". (ilgiornale)
Argomenti
anm,
ILVA,
maurizio carbone,
Rodolfo Sabelli
La città degli eroi e delle imprese impossibili.
Taranto può essere salvata con la forza della volontà e un impegno eccezionale.
Ha trainato a nuoto a Taranto assieme a Giuseppe D'Andria un'imbarcazione di 26 tonnellate con un centinaio di bambini a bordo per protestare contro l'inquinamento industriale
Alessandro Marescotti
Fabio Matacchiera per sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e internazionale sull’inquinamento, ha trainato a nuoto a Taranto un'imbarcazione di 26 tonnellate con un centinaio di bambini a bordo.
Fabio Matacchiera fondò nel lontano 1991 l’associazione Caretta Caretta per la difesa del mare di Taranto. E con quel gruppo di volontari a Taranto vi fu un primo risveglio della coscienza popolare; e della volontà di lottare contro l’inquinamento. Fabio Matacchiera andò agli scarichi dell’acciaieria, quando era ancora in mano pubblica, per documentare le condizioni di degrado e di contaminazione provocata dalle acque reflue. Prelevò i campioni nerastri e puzzolenti dei fondali, li fece analizzare, mise sotto accusa non solo gli inquinatori ma anche gli organi di controllo di allora.
Poi arrivò l’Ilva dei Riva, della gestione privata. Fabio Matacchiera attaccò anche la nuova gestione. Denunciò inoltre l’inquinamento provocato da una serie di altri soggetti che avevano avuto responsabilità nell’inquinamento del bellissimo mare di Taranto. Fu massacrato. Piovvero su di lui querele a non finire. Uscì di scena amareggiato, sfiduciato nella possibilità che la città potesse rialzarsi. Seguirono gli anni bui del disinteresse; e della rassegnazione. Era la fine degli anni Novanta e Taranto sembrava essere entrata nel tunnel della rassegnazione definitiva.
Quando, nel 2005, emerse lo scandalo della contaminazione; da diossina, Fabio Matacchiera aveva ormai messo a posto tutti i processi contro di lui: vincendoli. Poteva finalmente ritornare in campo. Lo ha fatto creando un Fondo Antidiossina per analizzare il latte materno, le cozze, le lumache. Grazie al suo impegno e alla analisi da lui promosse, si è scoperto che a Taranto anche le cozze del primo seno del mar Piccolo, un tempo meravigliose, sono contaminate da diossina.
Nel 2011 – con la sua denuncia – è emerso che non potevano essere consumate. Fra il Fondo Antidiossina e PeaceLink nel tempo si è creata un’alleanza che è arrivata fino Bruxelles, nell’impresa di sollecitare la Commissione Europea ad avviare un processo di investigazione sul caso Ilva. Pochi giorni fa l'UE ha avviato una procedura di infrazione, dopo duecentosettanta lettere scritte da Antonia Battaglia, esperta di relazioni internazionali e attivista sia di PeaceLink che del Fondo Antidiossina. Oggi Fabio Matacchiera in mare ha nuotato trainando senza sosta le sue 26 tonnellate. Come a dire: nulla è impossibile e Taranto può essere salvata con la forza della volontà e un impegno eccezionale. (Peacelink)
Ha trainato a nuoto a Taranto assieme a Giuseppe D'Andria un'imbarcazione di 26 tonnellate con un centinaio di bambini a bordo per protestare contro l'inquinamento industriale
Alessandro Marescotti
Fabio Matacchiera per sollevare l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale e internazionale sull’inquinamento, ha trainato a nuoto a Taranto un'imbarcazione di 26 tonnellate con un centinaio di bambini a bordo.
Sulla barca campeggiava la scritta "GRAZIE TODISCO", a sostegno del
GIP Patrizia Todisco e della magistratura tarantina che sta indagando
sul disastro ambientale di Taranto. In un altro cartello c'era scritto:
"BASTA ASPETTARE, VOGLIAMO CAMBIARE":
L’impresa era sembrata in un primo momento al limite dell’impossibile.
Fabio Matacchiera ha nuotato
febbricitante ma è riuscito a farcela assieme al suo compagno di nuoto
Giuseppe D'Andria. Hanno fatto tutto senza pinne, attraversando il
canale navigabile e passando sotto il ponte girevole sostenuti dagli
applausi scroscianti della folla.Fabio Matacchiera fondò nel lontano 1991 l’associazione Caretta Caretta per la difesa del mare di Taranto. E con quel gruppo di volontari a Taranto vi fu un primo risveglio della coscienza popolare; e della volontà di lottare contro l’inquinamento. Fabio Matacchiera andò agli scarichi dell’acciaieria, quando era ancora in mano pubblica, per documentare le condizioni di degrado e di contaminazione provocata dalle acque reflue. Prelevò i campioni nerastri e puzzolenti dei fondali, li fece analizzare, mise sotto accusa non solo gli inquinatori ma anche gli organi di controllo di allora.
Poi arrivò l’Ilva dei Riva, della gestione privata. Fabio Matacchiera attaccò anche la nuova gestione. Denunciò inoltre l’inquinamento provocato da una serie di altri soggetti che avevano avuto responsabilità nell’inquinamento del bellissimo mare di Taranto. Fu massacrato. Piovvero su di lui querele a non finire. Uscì di scena amareggiato, sfiduciato nella possibilità che la città potesse rialzarsi. Seguirono gli anni bui del disinteresse; e della rassegnazione. Era la fine degli anni Novanta e Taranto sembrava essere entrata nel tunnel della rassegnazione definitiva.
Quando, nel 2005, emerse lo scandalo della contaminazione; da diossina, Fabio Matacchiera aveva ormai messo a posto tutti i processi contro di lui: vincendoli. Poteva finalmente ritornare in campo. Lo ha fatto creando un Fondo Antidiossina per analizzare il latte materno, le cozze, le lumache. Grazie al suo impegno e alla analisi da lui promosse, si è scoperto che a Taranto anche le cozze del primo seno del mar Piccolo, un tempo meravigliose, sono contaminate da diossina.
Nel 2011 – con la sua denuncia – è emerso che non potevano essere consumate. Fra il Fondo Antidiossina e PeaceLink nel tempo si è creata un’alleanza che è arrivata fino Bruxelles, nell’impresa di sollecitare la Commissione Europea ad avviare un processo di investigazione sul caso Ilva. Pochi giorni fa l'UE ha avviato una procedura di infrazione, dopo duecentosettanta lettere scritte da Antonia Battaglia, esperta di relazioni internazionali e attivista sia di PeaceLink che del Fondo Antidiossina. Oggi Fabio Matacchiera in mare ha nuotato trainando senza sosta le sue 26 tonnellate. Come a dire: nulla è impossibile e Taranto può essere salvata con la forza della volontà e un impegno eccezionale. (Peacelink)
Argomenti
ILVA,
matacchiera,
nuoto,
patrizia todisco
Anatema (fin troppo reale...)!
Ilva, l'allarme dei medici "Danni per tre generazioni"
"Anche se l'Ilva dovesse spegnersi in questo momento i tarantini
continueranno a pagare conseguenze sanitarie almeno per le prossime tre
generazioni, per cui è urgente chiudere i rubinetti dell'inquinamento
prima di pensare a qualsiasi altra cosa". A lanciare l'allarme è
Agostino Di Ciaula, presidente della sezione pugliese dell'Associazione
internazionale Medici per l'ambiente nel corso del convegno 'Salute,
Ambiente, Lavoro nella città dell'acciaiò organizzato a Taranto
dall'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Taranto e
Brindisi.
"L'area a caldo - ha detto ancora Di Ciaula - continuerà a produrre una quantità impressionante di inquinanti nonostante le prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale". Per il presidente dell'Ordine dei medici di Taranto Cosimo Nume "il primo modo per risolvere il problema è affrontarlo, conoscerlo, e cercare le soluzioni. Non siamo qui - ha aggiunto - non per fare allarmismo, ma ci dobbiamo muovere. Sono a confronto tutti i medici d'Italia perché Taranto, attraverso la conoscenza seria e rispettosa delle regole della scienza, arrivi a non subire oltre l'insulto di malattie gravi".
Altrettanto "allarmanti" sono i dati sugli effetti dell'inquinamento che incidono sull'infertilità. "Per questo urge istituire un osservatorio epidemiologico", ha detto la ginecologa Raffaella Depalo, dell'Unità di Fisiopatologia Riproduzione Umana Policlinico di Bari.
Da una ricerca è emerso che una coppia su 4 nell'area di Taranto è sterile e il 26% delle donne è in menopausa precoce. "In uno studio che abbiamo presentato l'anno scorso al congresso della Società europea di embriologia - ha aggiunto la dottoressa Depalo - abbiamo evidenziato nelle donne, e in particolare nelle cellule della granulosa che sostengono l'ovulo nella crescita e lo portano nella maturità, delle alterazioni nella catena di espressione dei recettori per gli estrogeni, sostanze che sostengono la crescita folicolare e la maturazione ovocitaria".
Poi, ci sono i tumori. Sono 22.500 gli abitanti di Taranto che, in questo momento - è stato sottolineato - rischiano di ammalarsi di cancro, considerando la sola inalazione degli inquinanti, le 4mila tonnellate di polveri, le 11mila tonnellate di diossido d'azoto, le 11.300 tonnellate di anidride solforosa, le 7 tonnellate di acido cloridrico che gli impianti dell'Ilva scaricano nell'aria ogni anno.
Ma gli inquinanti emessi dagli impianti dell'area di Taranto non si assorbono solo respirando: nei bambini, la quantità di diossina assunta per ingestione - attraverso la catena alimentare, soprattutto negli alimenti grassi, pesce, latte, carni - è due volte e mezzo quella per inalazione.
"I registri dei tumori indicano, nel nostro Paese, un aumento di circa il 2% annuo dell'incidenza del cancro - spiega il presidente dell'Isde, Ernesto Burgio. - Questo significa che, se continuiamo così, nel 2020, in Italia, almeno una persona su due svilupperà una neoplasia. La normalità sarà dunque avere il cancro, non essere sani". (Rep)
"L'area a caldo - ha detto ancora Di Ciaula - continuerà a produrre una quantità impressionante di inquinanti nonostante le prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale". Per il presidente dell'Ordine dei medici di Taranto Cosimo Nume "il primo modo per risolvere il problema è affrontarlo, conoscerlo, e cercare le soluzioni. Non siamo qui - ha aggiunto - non per fare allarmismo, ma ci dobbiamo muovere. Sono a confronto tutti i medici d'Italia perché Taranto, attraverso la conoscenza seria e rispettosa delle regole della scienza, arrivi a non subire oltre l'insulto di malattie gravi".
Altrettanto "allarmanti" sono i dati sugli effetti dell'inquinamento che incidono sull'infertilità. "Per questo urge istituire un osservatorio epidemiologico", ha detto la ginecologa Raffaella Depalo, dell'Unità di Fisiopatologia Riproduzione Umana Policlinico di Bari.
Da una ricerca è emerso che una coppia su 4 nell'area di Taranto è sterile e il 26% delle donne è in menopausa precoce. "In uno studio che abbiamo presentato l'anno scorso al congresso della Società europea di embriologia - ha aggiunto la dottoressa Depalo - abbiamo evidenziato nelle donne, e in particolare nelle cellule della granulosa che sostengono l'ovulo nella crescita e lo portano nella maturità, delle alterazioni nella catena di espressione dei recettori per gli estrogeni, sostanze che sostengono la crescita folicolare e la maturazione ovocitaria".
Poi, ci sono i tumori. Sono 22.500 gli abitanti di Taranto che, in questo momento - è stato sottolineato - rischiano di ammalarsi di cancro, considerando la sola inalazione degli inquinanti, le 4mila tonnellate di polveri, le 11mila tonnellate di diossido d'azoto, le 11.300 tonnellate di anidride solforosa, le 7 tonnellate di acido cloridrico che gli impianti dell'Ilva scaricano nell'aria ogni anno.
Ma gli inquinanti emessi dagli impianti dell'area di Taranto non si assorbono solo respirando: nei bambini, la quantità di diossina assunta per ingestione - attraverso la catena alimentare, soprattutto negli alimenti grassi, pesce, latte, carni - è due volte e mezzo quella per inalazione.
"I registri dei tumori indicano, nel nostro Paese, un aumento di circa il 2% annuo dell'incidenza del cancro - spiega il presidente dell'Isde, Ernesto Burgio. - Questo significa che, se continuiamo così, nel 2020, in Italia, almeno una persona su due svilupperà una neoplasia. La normalità sarà dunque avere il cancro, non essere sani". (Rep)
sabato 28 settembre 2013
Una trasformazione orizzontale
Comunicato di Legambiente Taranto
Domenica 29 settembre alla Salinella inaugurazione della piazza-giardino creata da Legambiente e Centro Servizi Volontariato tra via Lago di Monticchio e via Golfo di Taranto: un esempio di rigenerazione urbana sostenibile.
Ti invitiamo a partecipare!L'appuntamento è alle ore 9.00 con Puliamo il Mondo: ripuliremo l'area che abbiamo trasformato in un giardino con giochi per i bambini, panchine e tanti alberi. Alle ore 11, con la presentazione dell'intervento effettuato, l'inaugurazione: sul nostro sito trovi - intanto - maggiori particolari www.legambientetaranto.it
Per raggiungerci: proveniendo da Corso Italia, supera prima Viale Magna Grecia e poi lo svincolo per Via Ancona, imbocca Via Lago Maggiore (l'ampio viale che costeggia l'abitato - alla tua destra- con lo stadio alla tua sinistra) e percorrila sino in fondo dove la strada fa una curva a destra. Subito dopo la curva, appena possibile, gira ancora a destra: sei arrivato...
Ti aspettiamo!
Puliremo anche le aree limitrofe, sporcate non solo da qualche cittadino incivile, ma soprattutto dai rifiuti abbandonati dagli operatori del mercato. A tal proposito, chiediamo con forza un intervento del Comune: occorre infatti vigilare affinché gli ambulanti conferiscano i loro rifiuti negli appositi cassonetti e non li abbandonino in strada e soprattutto occorre dotare l'area di contenitori per la raccolta differenziata affinché i rifiuti prodotti dal mercato e del vicino mercato ortofrutticolo coperto - prevalentemente umido, ma anche tanta plastica e carta – non vadano in discarica ma siano differenziati.
Taranto continua ad essere fanalino di coda tra i capoluoghi pugliesi per le percentuali di raccolta differenziata irrisorie: i mercati e i negozi sono luoghi dove è indispensabile la differenziazione dei rifiuti, ma occorre che finalmente questo servizio sia assicurato in tutta la città.
E' di questi giorni l'annuncio dell'eliminazione dei cassonetti per i rifiuti indifferenziati a Talsano, Lama, San Vito. Quando partirà la raccolta porta a porta negli altri quartieri? E nell'attesa, possibile che non si riesca ad assicurare un'adeguata dotazione di cassonetti per la differenziata in città per consentire ai cittadini volenterosi di non dover fare chilometri per conferire i loro rifiuti differenziati?
In attesa di risposte ...rimbocchiamoci le maniche...
Legambiente Taranto
e-mail: legambiente.taranto@ legambiente.it
Domenica 29 settembre alla Salinella inaugurazione della piazza-giardino creata da Legambiente e Centro Servizi Volontariato tra via Lago di Monticchio e via Golfo di Taranto: un esempio di rigenerazione urbana sostenibile.
Ti invitiamo a partecipare!L'appuntamento è alle ore 9.00 con Puliamo il Mondo: ripuliremo l'area che abbiamo trasformato in un giardino con giochi per i bambini, panchine e tanti alberi. Alle ore 11, con la presentazione dell'intervento effettuato, l'inaugurazione: sul nostro sito trovi - intanto - maggiori particolari www.legambientetaranto.it
Per raggiungerci: proveniendo da Corso Italia, supera prima Viale Magna Grecia e poi lo svincolo per Via Ancona, imbocca Via Lago Maggiore (l'ampio viale che costeggia l'abitato - alla tua destra- con lo stadio alla tua sinistra) e percorrila sino in fondo dove la strada fa una curva a destra. Subito dopo la curva, appena possibile, gira ancora a destra: sei arrivato...
Ti aspettiamo!
Puliremo anche le aree limitrofe, sporcate non solo da qualche cittadino incivile, ma soprattutto dai rifiuti abbandonati dagli operatori del mercato. A tal proposito, chiediamo con forza un intervento del Comune: occorre infatti vigilare affinché gli ambulanti conferiscano i loro rifiuti negli appositi cassonetti e non li abbandonino in strada e soprattutto occorre dotare l'area di contenitori per la raccolta differenziata affinché i rifiuti prodotti dal mercato e del vicino mercato ortofrutticolo coperto - prevalentemente umido, ma anche tanta plastica e carta – non vadano in discarica ma siano differenziati.
Taranto continua ad essere fanalino di coda tra i capoluoghi pugliesi per le percentuali di raccolta differenziata irrisorie: i mercati e i negozi sono luoghi dove è indispensabile la differenziazione dei rifiuti, ma occorre che finalmente questo servizio sia assicurato in tutta la città.
E' di questi giorni l'annuncio dell'eliminazione dei cassonetti per i rifiuti indifferenziati a Talsano, Lama, San Vito. Quando partirà la raccolta porta a porta negli altri quartieri? E nell'attesa, possibile che non si riesca ad assicurare un'adeguata dotazione di cassonetti per la differenziata in città per consentire ai cittadini volenterosi di non dover fare chilometri per conferire i loro rifiuti differenziati?
In attesa di risposte ...rimbocchiamoci le maniche...
Legambiente Taranto
e-mail: legambiente.taranto@
venerdì 27 settembre 2013
Solidarietà tarantina
La donna, tre figli, tarantina che vive in Lussemburgo aveva segnalato la questione alle autorità comunitarie
Come è nata la decisione di scrivere alla commissione?
"In realtà non sapevamo con chi parlare e così ho cercato i numeri su Internet. Ho telefonato e mi hanno passato la persona competente Il 26 aprile del 2013 con Alessandro Marescotti e Fabio Mattacchiera abbiamo scritto una lettera al commissario all'Ambiente. Abbiamo raccontato di quello che stava accadendo a Taranto, di come la situazione nel capoluogo ionico fosse diventata oramai insostenibile".
E così lo avete convinto ad approfondire il caso.
"Si, perché abbiamo mandato dati scientifici, ci siano attenuti ai fatti, senza alcun accenno polemico. Così è cominciato il carteggio. Ho iniziato a fare pressing con le telefonate, mandando e mail alle quali ho allegato documenti, dati, come quelli epidemiologici o quelli contenuti nello studio Sentieri ed ancora ho inviato iprovvedimenti della magistratura. Così è nata la discussione con il Gabinetto del presidente della commissione. A maggio siamo stati ricevuti per la prima volta. E l'incontro, con nostra sorpresa, è durato due ore e mezzo. In quell'occasioneabbiamo mostrato un video, portato altre carte. Da allora ho cominciato a tradurre centinaia di documenti e li ho inviati a Bruxelles via e-mail".
I tempi dell'Europa sono stati più veloci di quelli dell'Italia.
"Si.
Come è nata la decisione di scrivere alla commissione?
"In realtà non sapevamo con chi parlare e così ho cercato i numeri su Internet. Ho telefonato e mi hanno passato la persona competente Il 26 aprile del 2013 con Alessandro Marescotti e Fabio Mattacchiera abbiamo scritto una lettera al commissario all'Ambiente. Abbiamo raccontato di quello che stava accadendo a Taranto, di come la situazione nel capoluogo ionico fosse diventata oramai insostenibile".
E così lo avete convinto ad approfondire il caso.
"Si, perché abbiamo mandato dati scientifici, ci siano attenuti ai fatti, senza alcun accenno polemico. Così è cominciato il carteggio. Ho iniziato a fare pressing con le telefonate, mandando e mail alle quali ho allegato documenti, dati, come quelli epidemiologici o quelli contenuti nello studio Sentieri ed ancora ho inviato iprovvedimenti della magistratura. Così è nata la discussione con il Gabinetto del presidente della commissione. A maggio siamo stati ricevuti per la prima volta. E l'incontro, con nostra sorpresa, è durato due ore e mezzo. In quell'occasioneabbiamo mostrato un video, portato altre carte. Da allora ho cominciato a tradurre centinaia di documenti e li ho inviati a Bruxelles via e-mail".
I tempi dell'Europa sono stati più veloci di quelli dell'Italia.
"Si.
In questi decenni abbiamo parlato con tutte le istituzioni, ma le azioni sono quelle che contano".
E ora cosa vi aspettate ?
"Ci aspettiamo maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Saremo contenti se il governo si rendesse realmente conto di quella che è diventata la situazione a Taranto dove c'è emergenza non solo ambientale, ma anche sanitaria. Ecco è questo quello che ora, con la decisione della commissione europea, ci aspettiamo dal nostro paese".
E ora cosa vi aspettate ?
"Ci aspettiamo maggiore attenzione da parte delle istituzioni. Saremo contenti se il governo si rendesse realmente conto di quella che è diventata la situazione a Taranto dove c'è emergenza non solo ambientale, ma anche sanitaria. Ecco è questo quello che ora, con la decisione della commissione europea, ci aspettiamo dal nostro paese".
Essere tarantini nell'età dell'Ilva: una corsa ad ostacoli!
Tutti i diritti riservati |
Taranto: nuovo studio choc, "in area Ilva una coppia su 4 sterile"
Una coppia su quattro nell'area di Taranto e' sterile, e il 26% delle donne e' in menopausa precoce. E' quanto emerge da uno studio condotto da Raffaella Depalo del Policlinico di Bari, che presentera' al convegno "Salute, Ambiente, Lavoro", che - organizzato dall'Ordine dei Medici della provincia di Taranto, da quello di Brindisi, dalla Fnomceo e dall'Isde, l'Associazione internazionale dei Medici per l'ambiente - si terra' presso la Sede dell'Universita' (ex Convento di San Francesco) il 28 settembre.
Al centro dell'attenzione di medici, giuristi, giornalisti, cittadini non ci saranno soltanto le neoplasie, ma gli effetti dell'inquinamento (causato anche dall'Ilva) sull'apparato riproduttivo - e quindi, sulle generazioni future - oltre che su quello endocrino e su quello neurosensoriale. "Non vogliamo "non" parlare di tumori - afferma il presidente dell'Omceo di Taranto, Cosimo Nume -.Vogliamo solo far sapere che ci sono anche molte altre problematiche, non meno pericolose, legate all'inquinamento, su cui e' necessario intervenire ora che la coscienza ambientale di questa citta' si e' finalmente risvegliata, per non subire domani l'insulto di malattie che avremmo potuto probabilmente prevenire con azioni mirate sui determinanti di Salute".
Se negli anni '70, emerge dallo studio, il 16% delle donne, in Puglia, aveva problemi a procreare, oggi le coppie infertili sono il 20-25%, la maggior parte provenienti da una fascia di territorio compresa tra Taranto e Brindisi. E il 26% delle donne, provenienti dall'area geografica in un raggio di 20 km da Taranto, che si erano rivolte al centro diretto dalla Depalo erano in menopausa precoce: nessuna delle donne della stessa eta', ma provenienti da altre parti d'Italia, era in menopausa. Una prima proiezione sulla fertilita' maschile in associazione con l'esposizione annuale diretta ad alti livelli di diossine e' stata compiuta sempre a Taranto, con il contributo dell'Universita' degli Studi di Bari: e' emerso un aumento, nel liquido seminale, dello stress ossidativo e della frammentazione del Dna.
"La professione medica ha nel suo codice genetico la consapevolezza del nesso indissolubile tra ambiente e salute - conclude il presidente dell'Ordine di Brindisi, Emanuele Vinci -. E oggi siamo ben consci, grazie a studi epidemiologici, genetici, biomolecolari, che le influenze negative dell'ambiente sulla salute non riguardano solo l'aspetto oncologico, con la formazione di neoplasie, ma sono all'origine delle attuali pandemie di patologie dismetaboliche e neurodegenerative". Di piu': le interazioni tra l'ambiente e la salute non riguardano solo le varie patologie, acute o croniche, vecchie o nuove, ma determinano effetti sull'evoluzione, sino a minacciare la stessa sopravvivenza delle specie viventi.(Giornaledipuglia)
Argomenti
convegno,
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sterilità
giovedì 26 settembre 2013
L'Europa ci da ragione, ma in Italia Riva detta legge!
Aziendamagistrati: è braccio di ferro
Nel giorno in cui la Commissione europea avvia ufficialmente una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia per l'Ilva di Taranto, ritenendo che lo Stato italiano non abbia fatto rispettare all'azienda le prescrizioni Ue sulle emissioni industriali, il braccio di ferro tra il Gruppo Riva e la magistratura ionica non accenna a diminuire dopo i sequestri di beni fatti dalla Guardia di Finanza nelle ultime settimane. Una soluzione potrebbe però arrivare dal governo: il decreto sarebbe pronto ma il Cda, che si dovrebbe tenere al ritorno di Letta dagli Usa, non è ancora stato convocato per le fibrillazioni politiche della maggioranza.
In mattinata il custode e amministratore giudiziario dei beni sequestrati, Mario Tagarelli, ha inviato una lettera a Riva Acciaio e, per conoscenza, al ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, e al sottosegretario dello stesso dicastero, Claudio De Vincenti, ribadendo tre punti, in linea con quanto indicato dal gip del tribunale Patrizia Todisco. Primo: i beni sequestrati «incluse le liquidità attuali e quelle differite e i prodotti finiti, devono essere gestiti e amministrati dal custode amministratore giudiziario, che ne concederà l'uso alla società al fine di riavviare e dare prosecuzione all'attività aziendale».
Secondo: «non si ravvedono profili di criticità ed incertezza in ordine al rischio, che si afferma essere stato paventato dagli istituti di credito, del mancato recupero di quanto anticipato o garantito in favore della società Riva Acciaio spa». Terzo: le somme di denaro sequestrate al Gruppo Riva e confluite nel Fondo Unico di giustizia «possono essere destinate all'amministrazione e alla gestione dei beni in sequestro». Tagarelli aggiunge che «l'uso dei beni e della liquidità in sequestro dovrà avvenire nell'ambito di idonee procedure di controllo e operative, che tengano conto delle dimensioni della complessità della struttura aziendale».
La risposta di Riva Acciaio è arrivata poche ore dopo, con la richiesta a Tagarelli e al governo di «farsi parti attive al fine di trovare con le banche le formule tecniche più idonee a consentire l'uso delle liquidità sottoposte a sequestro, per il normale svolgimento delle attività dell'azienda», e dichiarandosi «immediatamente disponibile» ad attivarsi insieme al custode e al governo.
L'incontro dovrebbe servire in particolare a «verificare se esistano strumenti di tecnica bancaria che consentano di adempiere alle condizioni poste dal gip per riavere accesso alla liquidità già sequestrata e ai futuri incassi dai clienti». Liquidità che per gran parte (49 milioni) è già finita nel Fondo Unico di giustizia, tenuto conto che i sequestri sono stati eseguiti nell'arco di una quindicina di giorni, mentre gli ulteriori sette milioni di euro bloccati dovrebbero essere immessi domani nel possesso del custode giudiziario. Riva Acciaio, oltre che a Tagarelli, ha inviato la lettera a Zanonato, De Vincenti e ai responsabili di Intesa San Paolo, Unicredit e Banco popolare di Milano, i tre istituti di credito con i quali evidentemente ha rapporti bancari.
Lo stop di Riva Acciaio comincia a farsi sentire anche sulle aziende dell'indotto. «Auspichiamo l'immediato sblocco dei pagamenti ai fornitori o saremmo incolpevolmente destinati a capitolare» hanno scritto tre aziende del Cuneese, una sessantina di dipendenti diretti e 200 autotrasportatori in una lettera a Confindustria Cuneo. Il sottosegretario De Vincenti, rispondendo a due interrogazioni alla Camera, ha comunicato che «il governo sta in queste ore verificando se esistono effettivamente e concretamente le condizioni per una immediata ripresa dell'attività, valutando in caso contrario l'adozione in via d'urgenza di nuove iniziative anche normative idonee a consentire l'immediata ripresa dell'attività produttiva in tutti i siti del Gruppo Riva». (GdM)
Nel giorno in cui la Commissione europea avvia ufficialmente una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia per l'Ilva di Taranto, ritenendo che lo Stato italiano non abbia fatto rispettare all'azienda le prescrizioni Ue sulle emissioni industriali, il braccio di ferro tra il Gruppo Riva e la magistratura ionica non accenna a diminuire dopo i sequestri di beni fatti dalla Guardia di Finanza nelle ultime settimane. Una soluzione potrebbe però arrivare dal governo: il decreto sarebbe pronto ma il Cda, che si dovrebbe tenere al ritorno di Letta dagli Usa, non è ancora stato convocato per le fibrillazioni politiche della maggioranza.
In mattinata il custode e amministratore giudiziario dei beni sequestrati, Mario Tagarelli, ha inviato una lettera a Riva Acciaio e, per conoscenza, al ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, e al sottosegretario dello stesso dicastero, Claudio De Vincenti, ribadendo tre punti, in linea con quanto indicato dal gip del tribunale Patrizia Todisco. Primo: i beni sequestrati «incluse le liquidità attuali e quelle differite e i prodotti finiti, devono essere gestiti e amministrati dal custode amministratore giudiziario, che ne concederà l'uso alla società al fine di riavviare e dare prosecuzione all'attività aziendale».
Secondo: «non si ravvedono profili di criticità ed incertezza in ordine al rischio, che si afferma essere stato paventato dagli istituti di credito, del mancato recupero di quanto anticipato o garantito in favore della società Riva Acciaio spa». Terzo: le somme di denaro sequestrate al Gruppo Riva e confluite nel Fondo Unico di giustizia «possono essere destinate all'amministrazione e alla gestione dei beni in sequestro». Tagarelli aggiunge che «l'uso dei beni e della liquidità in sequestro dovrà avvenire nell'ambito di idonee procedure di controllo e operative, che tengano conto delle dimensioni della complessità della struttura aziendale».
La risposta di Riva Acciaio è arrivata poche ore dopo, con la richiesta a Tagarelli e al governo di «farsi parti attive al fine di trovare con le banche le formule tecniche più idonee a consentire l'uso delle liquidità sottoposte a sequestro, per il normale svolgimento delle attività dell'azienda», e dichiarandosi «immediatamente disponibile» ad attivarsi insieme al custode e al governo.
L'incontro dovrebbe servire in particolare a «verificare se esistano strumenti di tecnica bancaria che consentano di adempiere alle condizioni poste dal gip per riavere accesso alla liquidità già sequestrata e ai futuri incassi dai clienti». Liquidità che per gran parte (49 milioni) è già finita nel Fondo Unico di giustizia, tenuto conto che i sequestri sono stati eseguiti nell'arco di una quindicina di giorni, mentre gli ulteriori sette milioni di euro bloccati dovrebbero essere immessi domani nel possesso del custode giudiziario. Riva Acciaio, oltre che a Tagarelli, ha inviato la lettera a Zanonato, De Vincenti e ai responsabili di Intesa San Paolo, Unicredit e Banco popolare di Milano, i tre istituti di credito con i quali evidentemente ha rapporti bancari.
Lo stop di Riva Acciaio comincia a farsi sentire anche sulle aziende dell'indotto. «Auspichiamo l'immediato sblocco dei pagamenti ai fornitori o saremmo incolpevolmente destinati a capitolare» hanno scritto tre aziende del Cuneese, una sessantina di dipendenti diretti e 200 autotrasportatori in una lettera a Confindustria Cuneo. Il sottosegretario De Vincenti, rispondendo a due interrogazioni alla Camera, ha comunicato che «il governo sta in queste ore verificando se esistono effettivamente e concretamente le condizioni per una immediata ripresa dell'attività, valutando in caso contrario l'adozione in via d'urgenza di nuove iniziative anche normative idonee a consentire l'immediata ripresa dell'attività produttiva in tutti i siti del Gruppo Riva». (GdM)
E rispunta anche il rigassificatore!
Chiuderà un altro altoforno
L’Ilva conferma: potrà fare a meno di un altoforno e di quattro batterie. E potrebbe disfarsi, progressivamente, dell’impianto di agglomerazione. Detto, martedì sera nell’incontro a Roma con i sindacati nazionali, dal commissario Enrico Bondi. Ridetto, ieri a Taranto, dal responsabile delle relazioni industriali Enrico Martino durante la riunione in fabbrica tra dirigenza aziendale e segreterie di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm.
L’Ilva conferma: potrà fare a meno di un altoforno e di quattro batterie. E potrebbe disfarsi, progressivamente, dell’impianto di agglomerazione. Detto, martedì sera nell’incontro a Roma con i sindacati nazionali, dal commissario Enrico Bondi. Ridetto, ieri a Taranto, dal responsabile delle relazioni industriali Enrico Martino durante la riunione in fabbrica tra dirigenza aziendale e segreterie di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm.
C’è una postilla: niente contraccolpi occupazionali
dalla chiusura degli impianti. Almeno così ha assicurato il management
aziendale, alludendo a una collocazione degli esuberi su altri impianti,
in particolare il tubificio. I sindacati, però, rimangono cauti.
L’Ilva potrà fare a meno di un altoforno e di “pezzi”
vitali alla produzione di ghisa, a quel ciclo integrale realizzato
nell’”area a caldo”, ritenuta altamente inquinante e sequestrata dalla
magistratura. Perché accada ciò, tuttavia, dovrà compiersi la
«rivoluzione verde» - pensate il paradosso - già annunciata dal
sub-commissario Ronchi ai consiglieri comunali di Taranto: l’utilizzo
dei pallets di ferro pre-ridotto che elimineranno il ricorso al parco
minerali, l’alimentazione a metano negli altoforni e nelle acciaierie.
Andando a buon fine la sperimentazione si potrà dire addio a un
altoforno (uno solo?). L’Ilva lo ha prospettato con chiarezza ieri.
Occorrerà quindi un po’ di tempo perché si vedano gli effetti di una
trasformazione ora in fase sperimentale.
Ieri, i vertici aziendali non hanno escluso, oparlando
ai sindacati, che l’azienda possa arrivare a una gestione autonoma delle
nuove tecnologie e dei materiali. Una vaga allusione alla necessità di
dotarsi, per esempio, di un rigassificatore per il trasporto del metano
(o shale gas)?
Non è un caso che la dirigenza dello stabilimento
siderurgico abbiano fatto coincidere l’annuncio con l’aggiornamento
sullo stato dei lavori previsti dall’Aia, l’Autorizzazione integrata
ambientale.
Perché da gennaio è spento l’altoforno 1, principale
indiziato tra gli impianti a rischio chiusura definitiva. E ferme sono
quattro batterie del reparto cokeria. Sul tema i sindacati hanno da
tempo incalzato la nuova gestione commissariale. Ieri si è aperto uno
spiraglio. L’Ilva ha ordinato il materiale necessario per avviare i
lavori all’altoforno 1 e c’è ottimismo sulla possibilità di iniziare a
breve, a parte lo stato di avanzamento in altre aree dello stabilimento.
A detta dell’Ilva, insomma, sono stati consegnati gli
ordini alle aziende chiamate a lavorare sull’eco-compatibilità degli
impianti. Lo stabilimento siderurgico continua, comunque, a lamentare
pesanti ritardi della burocrazia nella concessione della autorizzazioni
previste per i lavori.
Resta, però, la contraddizione di fondo: sarà
l’altoforno 1 a chiudere? O un altro? Oppure alla fermata dell’altoforno
1 si aggiungerà quella di un altro altoforno? Perché c’è anche da dire
che l’Ilva ha specificato ieri che il suo cronoprogramam prevede la
riapertura la prossima estate dell’altoforno 1 quando, a settembre si
fermerà per i lavori Aia il «cuore» della produzione, l’altoforno 5. I
conti non tornano. L’Autorizzazione integrata ambientale prevede,
infatti, che l’altoforno 5 sia chiuso a giugno. L’azienda chiederà uno
slittamento, già aveva paventato l’ipotesi, ma sui tempi bisognerà
chiarire ancora qualcosa.
«Aspettiamo il piano industriale a novembre» dice il
segretario generale della Uilm Antonio Talò. Gli fa eco il segretario
della Fim Cisl Mimmo Panarelli: «Il fatto che l’Ilva abbia escluso
ricadute occupazionali lo trovo positivo. Una cosa non capisco -
aggiunge Panarelli - perché la sperimentazione dei nuovi materiali deve
coinvolgere gli altoforni se riguarda cokerie e agglomerato». «Un po’ di
interrogativi dobbiamo porceli» chiosa Talò della Uilm. E aggiunge:
«L’Ilva ha un linguaggio contraddittorio. Di certo non ripartiranno un
altoforno e un pezzo della cokeria. Ne guadagnerà l’ambiente e sarà un
grandissimo risultato. Ma il prezzo da pagare potrebbe essere assai
salato in termini occupazionali. Occorrerà trovare una soluzione». 8gdM)
Tarantini vale nulla, italiani vale poco, europei per fortuna vale qualcosa!
La Commissione europea ha deciso oggi a Bruxelles di inviare all'Italia
una lettera di messa in mora, primo stadio della procedura d'infrazione
comunitaria, per non aver garantito finora che l'Ilva di Taranto
rispetti le prescrizioni dell'Ue relative alle emissioni industriali,
con gravi conseguenze per la salute umana e l'ambiente. L'Italia è
inoltre inadempiente anche rispetto alla direttiva sulla responsabilità
ambientale, che sancisce il principio "chi inquina paga". Le
prescrizioni non rispettate (o rospettate solo parzialmente) erano
contenute nell'autorizzazione integrata ambientale (Aia), che applica la
direttiva Ue sulla prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento
("direttiva Ippc") proveniente dalle attività industriali ad alto
potenziale inquinante.
La Commissione ha agito in seguito a diverse denunce provenienti da cittadini e Ong, e in particolare Peace Link e il Fondo Antidiossina, che nel maggio scorso, incontrando il commissario all'Ambiente Janez Potocnik, avevano denunciato la non ottemperanza da parte dell'Ilva di 35 prescrizioni dell'Aia su 90.
Il governo italiano ha ora due mesi per rispondere a Bruxelles. Secondo la Commissione, "la maggior parte dei problemi deriva dalla mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell'acciaio". In un comunicato, l'Esecutivo Ue aggiunge che "le prove di laboratorio evidenziano un forte inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell'Ilva, sia nelle zone abitate adiacenti della città di Taranto. In particolare, l'inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle attività dell'acciaieria".
Oltre a queste violazioni della direttiva Ippc, alla Commissione "risulta che le autorità italiane non hanno garantito che l'operatore dello stabilimento Ilva di Taranto adottasse le misure correttive necessarie e sostenesse i costi di tali misure per rimediare ai danni già causati", come avrebbe dovuto fare in applicazione della direttiva Ue sulla responsabilità per danno ambientale.
La Commissione, "pur ritenendo un segnale positivo i recenti impegni assunti dalle autorità italiane per rimediare alla situazione, chiede tuttavia all'Italia di rispettare gli obblighi cui è tenuta ai sensi della direttiva Ippc e della direttiva sulla responsabilità ambientale", ed "è pronta ad aiutare le autorità italiane nei loro sforzi per risolvere queste questioni gravi", conclude la nota di Bruxelles. (tmnews)
La Commissione ha agito in seguito a diverse denunce provenienti da cittadini e Ong, e in particolare Peace Link e il Fondo Antidiossina, che nel maggio scorso, incontrando il commissario all'Ambiente Janez Potocnik, avevano denunciato la non ottemperanza da parte dell'Ilva di 35 prescrizioni dell'Aia su 90.
Il governo italiano ha ora due mesi per rispondere a Bruxelles. Secondo la Commissione, "la maggior parte dei problemi deriva dalla mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell'acciaio". In un comunicato, l'Esecutivo Ue aggiunge che "le prove di laboratorio evidenziano un forte inquinamento dell'aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell'Ilva, sia nelle zone abitate adiacenti della città di Taranto. In particolare, l'inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle attività dell'acciaieria".
Oltre a queste violazioni della direttiva Ippc, alla Commissione "risulta che le autorità italiane non hanno garantito che l'operatore dello stabilimento Ilva di Taranto adottasse le misure correttive necessarie e sostenesse i costi di tali misure per rimediare ai danni già causati", come avrebbe dovuto fare in applicazione della direttiva Ue sulla responsabilità per danno ambientale.
La Commissione, "pur ritenendo un segnale positivo i recenti impegni assunti dalle autorità italiane per rimediare alla situazione, chiede tuttavia all'Italia di rispettare gli obblighi cui è tenuta ai sensi della direttiva Ippc e della direttiva sulla responsabilità ambientale", ed "è pronta ad aiutare le autorità italiane nei loro sforzi per risolvere queste questioni gravi", conclude la nota di Bruxelles. (tmnews)
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mercoledì 25 settembre 2013
"Vivere a Taranto" visto e raccontato da Le Iene
Vivere a Taranto: un video racconto che dovrebbe essere visto anche dagli operai in cassintegrazione della Riva Acciaio.
Nadia Toffa de Le Iene ieri sera, molto tardi, ha descritto molto bene la vita a Taranto, in particolare nel quartiere Tamburi. E' stato il suo un riassunto, di circa quindici minuti, di quello che succede dentro e fuori dell'acciaieria, il mostro che qui continua ad inquinare indisturbato. E' importante che anche gli operai della Riva Acciaio, quelli che ora stanno in cassintegrazione, minacciati di licenziamento da parte del Gruppo Riva, possano vedere - se ancora non lo hanno fatto, questo video: un assaggio di come operai e cittadini, insieme, vivono questo dramma ambientale e sanitario. Affinché molti possano capire che a dover essere messo sotto accusa, non deve essere il gip di Taranto, che oltrettutto ha esplicitato come sia l'amministratore giudiziario e quindi il commercialista Tagarelli a gestire i soldi sequestrati «purchè venga assicurata la prosecuzione dell'attività aziendale e salvaguardate le finalità del sequestro". A dover essere messa sotto accusa è la gestione del gruppo Riva che in tanti anni, dal '95 fino ad oggi nulla ha fatto per risanare l'ambiente tarantino, e per mettere a norma uno stabilimento che ha mietuto e che continua a mietere tante vittime, tra queste non solo operai Ilva ma giovani e bambini. Perchè i Riva non hanno mai investito i loro soldi nelle migliori tecnologie disponibili? Hanno preferito pensare al DIO Denaro, al Dio Profitto, a scapito della salute di tante persone. E cosa ha portato questa loro insensibilità, egoismo e avidità? ha portato MORTE. Una vera e propria strage che ha sconvolto la salute dei tarantini, l'ambiente e le tante attività che facevano di Taranto una città vivace dalle mille risorse: mitilicultura, agricoltura, pastorizia sono state messe in ginocchio da un terribile male chiamato Ilva.
Come è possibile che ancora oggi esista tanta indifferenza rispetto a così tanta sofferenza?
E' fondamentale allora che "le barricate" costruite fino ad ora dai cittadini e operai di Taranto incontrino quelle degli operai e cittadini del nord, finiti oggi sotto ricatto dei Riva. E che da queste "barricate" possano nascere dei ponti costruttivi, utili ad abbattere il "Sistema" quello di cui parlava Padre Zanotelli al Presidio a Taranto dei Cittadini fuori dal Comune.
Noi continuamente viviamo sotto ricatto, chi più e chi meno: la nostra esperienza la dobbiamo mettere a disposizione di chi oggi sta vivendo per la prima volta e in prima persona il ricatto e la minaccia dei Riva, i quali fanno credere che se l'attività viene fermata è solo per colpa dei magistrati. E' questo il messaggio e pensiero della signora, Adriana Paladino, madre, e moglie di un operaio della Riva Acciaio che accusa la magistratura, in una lettera indirizzata a Papa Francesco, di aver messo in libertà circa 1500 operai, tra cui anche suo marito. Queste le parole esatte: " tutto si ferma, perchè???? Non perchè non c’è il lavoro, ma perchè i giudici decidono di sequestrare 7 stabilimenti della Riva Acciaio facendo della loro giustizia un’ingiustizia a scapito dei poveri operai disperati, circa 1500 esseri umani che hanno voglia di lavorare onestamente senza intrighi e scalpori". La signora ha ricevuto informazioni distorte, fuorvianti che l'hanno fatta cadere in un tranello e come lei in tanti ci sono caduti nella trappola dei Riva. Ecco, allora perchè è necessario oggi più che mai mettersi in contatto, creare dei ponti con queste persone in difficoltà economica. E fargli capire che "siamo nella stessa barca", o peggio noi stiamo in una situazione di difficoltà estrema. Perchè i nostri operai non solo sono sotto continuo ricatto, chi licenziato, chi minacciato sul posto di lavoro, chi a casa col "contratto di solidarietà", chi in cassaintegrazione... ma i nostri operai "vivono" una fabbrica che genera e che ha generato morte. Nella lettera la signora Palladino, scrive che è stata da sempre abituata a mettere in pratica l'insegnamento " amare e aiutare il prossimo tuo come te stesso". Il prossimo, Signora Paladino, si trova a Taranto, ed è un malato cronico per inquinamento dovuto ai Riva. Iniziamo a mettere in pratica il secondo comandamento, perchè come i cattolici dovrebbero sapere " Non c'è altro comandamento più importante di questo " (Mc 12,29-31).
Nadia Toffa de Le Iene ieri sera, molto tardi, ha descritto molto bene la vita a Taranto, in particolare nel quartiere Tamburi. E' stato il suo un riassunto, di circa quindici minuti, di quello che succede dentro e fuori dell'acciaieria, il mostro che qui continua ad inquinare indisturbato. E' importante che anche gli operai della Riva Acciaio, quelli che ora stanno in cassintegrazione, minacciati di licenziamento da parte del Gruppo Riva, possano vedere - se ancora non lo hanno fatto, questo video: un assaggio di come operai e cittadini, insieme, vivono questo dramma ambientale e sanitario. Affinché molti possano capire che a dover essere messo sotto accusa, non deve essere il gip di Taranto, che oltrettutto ha esplicitato come sia l'amministratore giudiziario e quindi il commercialista Tagarelli a gestire i soldi sequestrati «purchè venga assicurata la prosecuzione dell'attività aziendale e salvaguardate le finalità del sequestro". A dover essere messa sotto accusa è la gestione del gruppo Riva che in tanti anni, dal '95 fino ad oggi nulla ha fatto per risanare l'ambiente tarantino, e per mettere a norma uno stabilimento che ha mietuto e che continua a mietere tante vittime, tra queste non solo operai Ilva ma giovani e bambini. Perchè i Riva non hanno mai investito i loro soldi nelle migliori tecnologie disponibili? Hanno preferito pensare al DIO Denaro, al Dio Profitto, a scapito della salute di tante persone. E cosa ha portato questa loro insensibilità, egoismo e avidità? ha portato MORTE. Una vera e propria strage che ha sconvolto la salute dei tarantini, l'ambiente e le tante attività che facevano di Taranto una città vivace dalle mille risorse: mitilicultura, agricoltura, pastorizia sono state messe in ginocchio da un terribile male chiamato Ilva.
Come è possibile che ancora oggi esista tanta indifferenza rispetto a così tanta sofferenza?
E' fondamentale allora che "le barricate" costruite fino ad ora dai cittadini e operai di Taranto incontrino quelle degli operai e cittadini del nord, finiti oggi sotto ricatto dei Riva. E che da queste "barricate" possano nascere dei ponti costruttivi, utili ad abbattere il "Sistema" quello di cui parlava Padre Zanotelli al Presidio a Taranto dei Cittadini fuori dal Comune.
Noi continuamente viviamo sotto ricatto, chi più e chi meno: la nostra esperienza la dobbiamo mettere a disposizione di chi oggi sta vivendo per la prima volta e in prima persona il ricatto e la minaccia dei Riva, i quali fanno credere che se l'attività viene fermata è solo per colpa dei magistrati. E' questo il messaggio e pensiero della signora, Adriana Paladino, madre, e moglie di un operaio della Riva Acciaio che accusa la magistratura, in una lettera indirizzata a Papa Francesco, di aver messo in libertà circa 1500 operai, tra cui anche suo marito. Queste le parole esatte: " tutto si ferma, perchè???? Non perchè non c’è il lavoro, ma perchè i giudici decidono di sequestrare 7 stabilimenti della Riva Acciaio facendo della loro giustizia un’ingiustizia a scapito dei poveri operai disperati, circa 1500 esseri umani che hanno voglia di lavorare onestamente senza intrighi e scalpori". La signora ha ricevuto informazioni distorte, fuorvianti che l'hanno fatta cadere in un tranello e come lei in tanti ci sono caduti nella trappola dei Riva. Ecco, allora perchè è necessario oggi più che mai mettersi in contatto, creare dei ponti con queste persone in difficoltà economica. E fargli capire che "siamo nella stessa barca", o peggio noi stiamo in una situazione di difficoltà estrema. Perchè i nostri operai non solo sono sotto continuo ricatto, chi licenziato, chi minacciato sul posto di lavoro, chi a casa col "contratto di solidarietà", chi in cassaintegrazione... ma i nostri operai "vivono" una fabbrica che genera e che ha generato morte. Nella lettera la signora Palladino, scrive che è stata da sempre abituata a mettere in pratica l'insegnamento " amare e aiutare il prossimo tuo come te stesso". Il prossimo, Signora Paladino, si trova a Taranto, ed è un malato cronico per inquinamento dovuto ai Riva. Iniziamo a mettere in pratica il secondo comandamento, perchè come i cattolici dovrebbero sapere " Non c'è altro comandamento più importante di questo " (Mc 12,29-31).
martedì 24 settembre 2013
Tra un po' proteggeranno per legge anche il cane di Riva...
Il decreto sul commissariamento Ilva: si estende anche alle controllate dei Riva
Spunta la soluzione tecnica del governo sul caos Ilva-Riva: il
commissariamento dell'Ilva esteso alle "controllate o collegate", con
l'eventuale nomina di fino a 3 subcommissari. E' quanto prevede la bozza
del decreto che il Governo ha approntato per sbloccare la produzione
dopo il sequestro ai Riva, secondo quanto riporta l'agenzia Ansa.
Sarà possibile consentire utilizzo e gestione di beni, azioni e
liquidità sotto sequestro preventivo. Con un dl in 5 articoli, per norme
da far entrare in vigore "il giorno stesso della pubblicazione", e
applicabili anche "ai sequestri già disposti" prima di quella data, il
Governo punta a varare una soluzione al caso Riva disponendo che - sono
le parole con cui il ministro Flavio Zanonato ha ieri indicato il senso della norma - "se avviene un sequestro deve avvenire tutelando l'attività produttiva".
Il primo articolo estende il decreto del commissariamento Ilva dello scorso 4 giugno a tutte le società controllate o collegate. Il secondo ne estende il regime, prevede la nomina di "fino a tre subcommissari" per le società alle quali viene esteso il commissariamento, e la tenuta di una "contabilità speciale riguardante i beni oggetto di sequestro". Commissario e subcommissari, è inoltre previsto, "sono immessi nella titolarità e nel possesso delle azioni, delle quote sociali, dei cespiti aziendali e della liquidità delle società" sotto commissariamento, "e le amministrano al fine di perseguire l'esercizio delle attività d'impresa". A Commissari e subcommissari anche il compito di redigere e approvare i bilanci della spa Ilva e delle sue controllate, prevede il terzo articolo.
Mentre il quarto tocca il nodo dei beni sotto sequestro preventivo, compresi titoli, quote azionarie e liquidità, anche se in deposito; e indica che "l'organo di nomina giudiziale ne consente l'utilizzo e la gestione agli organi societari esercitando i necessari poteri di vigilanza". La liquidazione dei beni sequestrati e la destinazione dei ricavi al fondo unico di Giustizia è una ipotesi prevista nel caso in cui "l'attività di impresa non sia concretamente e oggettivamente perseguibile". L'ultimo articolo dispone l'immediata entrata in vigore delle norme. Il dl va inquadrato come "ulteriori disposizioni urgenti a tutela di imprese di interesse strategico nazionale".
Mentre il governo si dà da fare, lo stesso accade in Europa. Domani la Commissione dovrebbe aprire la procedura di infrazione contro l'Italia sul caso Ilva: il Belpaese non ha rispettato gli obblighi indicati dall'Aia (autorizzazione integrata ambientale) per le emissioni inquinanti e non ha imposto all'azienda il rispetto della direttiva sulla responsabilità civile per danno all'ambiente. (Rep)
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Il primo articolo estende il decreto del commissariamento Ilva dello scorso 4 giugno a tutte le società controllate o collegate. Il secondo ne estende il regime, prevede la nomina di "fino a tre subcommissari" per le società alle quali viene esteso il commissariamento, e la tenuta di una "contabilità speciale riguardante i beni oggetto di sequestro". Commissario e subcommissari, è inoltre previsto, "sono immessi nella titolarità e nel possesso delle azioni, delle quote sociali, dei cespiti aziendali e della liquidità delle società" sotto commissariamento, "e le amministrano al fine di perseguire l'esercizio delle attività d'impresa". A Commissari e subcommissari anche il compito di redigere e approvare i bilanci della spa Ilva e delle sue controllate, prevede il terzo articolo.
Mentre il quarto tocca il nodo dei beni sotto sequestro preventivo, compresi titoli, quote azionarie e liquidità, anche se in deposito; e indica che "l'organo di nomina giudiziale ne consente l'utilizzo e la gestione agli organi societari esercitando i necessari poteri di vigilanza". La liquidazione dei beni sequestrati e la destinazione dei ricavi al fondo unico di Giustizia è una ipotesi prevista nel caso in cui "l'attività di impresa non sia concretamente e oggettivamente perseguibile". L'ultimo articolo dispone l'immediata entrata in vigore delle norme. Il dl va inquadrato come "ulteriori disposizioni urgenti a tutela di imprese di interesse strategico nazionale".
Mentre il governo si dà da fare, lo stesso accade in Europa. Domani la Commissione dovrebbe aprire la procedura di infrazione contro l'Italia sul caso Ilva: il Belpaese non ha rispettato gli obblighi indicati dall'Aia (autorizzazione integrata ambientale) per le emissioni inquinanti e non ha imposto all'azienda il rispetto della direttiva sulla responsabilità civile per danno all'ambiente. (Rep)
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Il sindaco cacasotto e le letterine...
Ecco le ennesime letterine del sindaco assente di Taranto.
Grandi richieste, che denotano una presenza ed un impegno costante per la sua amata città...
Non aggiungiamo altro.
Non avrebbe senso parlare del nulla.
Emissioni inquinanti all'Ilva, sindaco scrive ad Arpa e Asl
In merito al video realizzato ieri e la notte scorsa da un rappresentante di Peacelink, che ritrae emissioni diffuse e fuggitive provenienti dallo stabilimento Ilva, il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, ha scritto due lettere al direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato e al direttore generale dell'Asl di Taranto Fabrizio Scattaglia.
Al primo si chiedono ''ulteriori e più dettagliate notizie anche riguardo la natura, l'intensità e gli eventuali controlli effettuati su questo segnalato fenomeno e di conoscere le iniziative da mettere in campo al fine di intensificare i controlli sulle emissioni''. Stefano fa presente che secondo quanto riportato dalle agenzie, le immagini di Peacelink diffuse su YouTube dovrebbero riguardare l'impianto di agglomerazione e le emissioni non convogliate dai camini.
Al direttore dell'Azienda sanitaria locale, invece, il primo cittadino chiede ''di conoscere se in relazione a tale evento siano state diagnosticate patologie e/o ricoveri ad esso riconducibili''. (ANSA)
Grandi richieste, che denotano una presenza ed un impegno costante per la sua amata città...
Non aggiungiamo altro.
Non avrebbe senso parlare del nulla.
Emissioni inquinanti all'Ilva, sindaco scrive ad Arpa e Asl
In merito al video realizzato ieri e la notte scorsa da un rappresentante di Peacelink, che ritrae emissioni diffuse e fuggitive provenienti dallo stabilimento Ilva, il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, ha scritto due lettere al direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato e al direttore generale dell'Asl di Taranto Fabrizio Scattaglia.
Al primo si chiedono ''ulteriori e più dettagliate notizie anche riguardo la natura, l'intensità e gli eventuali controlli effettuati su questo segnalato fenomeno e di conoscere le iniziative da mettere in campo al fine di intensificare i controlli sulle emissioni''. Stefano fa presente che secondo quanto riportato dalle agenzie, le immagini di Peacelink diffuse su YouTube dovrebbero riguardare l'impianto di agglomerazione e le emissioni non convogliate dai camini.
Al direttore dell'Azienda sanitaria locale, invece, il primo cittadino chiede ''di conoscere se in relazione a tale evento siano state diagnosticate patologie e/o ricoveri ad esso riconducibili''. (ANSA)
E si lamentano pure...
Il decreto 'salva Riva Acciaiò del
ministro Flavio Zanonato "è pronto". Ma restano da sciogliere
divergenze all’interno del governo su cui – a quanto si apprende - il
premier Enrico Letta ha imposto uno stop, dagli Stati Uniti, avvertendo i
colleghi dell’Esecutivo che sarà lui a dire l'ultima parola, al ritorno
a Roma, giovedì; in tempo utile per portare il testo in Consiglio dei
ministri venerdì prossimo. L'intervento del governo è urgente, anche
sulla spinta dell’impatto sociale dei sequestri che hanno portato allo
stop della produzione negli stabilimenti Riva. "Con "1.400 addetti senza
lavoro, fornitori e clienti sull'orlo della chiusura", come ha
ricordato Federacciai. Ma il varo del decreto appare ancora non facile.
Il ministro dello Sviluppo aveva annunciato già per ieri pomeriggio la convocazione di un Consiglio dei Ministri ad hoc, che non si è poi mai riunito. La linea d’azione decisa da Zanonato è chiara; emerge da un testo snello, in cinque articoli, con due punti chiave: estensione del commissariamento Ilva con più poteri nella gestione, e la possibilità di utilizzare beni e liquidità sotto sequestro preventivo per non fermare la produzione. Un testo che per il ministro è definitivo ma che potrebbe cambiare sulla spinta delle opposizioni interne al governo: due i nodi politici posti dal centrodestra, un no alla retroattività (che tecnicamente è essenziale), ed un no ad un aumento di perimetro e poteri del commissariamento Ilva. "Come Forza Italia, non accetteremo un altro commissariamento che espropri ulteriormente le imprese, che vanno tutelate e difese", ha puntualizzato ieri il ministro Maurizio Lupi.
Il decreto è "pronto" ed è "molto semplice", ha ribadito oggi Zanonato, riassumendone il principio cardine: quando il magistrato sequestra un’attività produttiva, l’attività prosegue con il controllo di un custode giudiziario e la gestione degli organi societari.
L'ultima stesura del decreto uscita dal ministero, secondo la bozza letta dall’ANSA, prevede l’estensione del Commissariamento Ilva alle società "controllate o collegate" (quindi agli stabilimenti Riva) con l’eventuale nomina di subcommissari, "fino a tre". E più poteri per commissario e subcommissari che "sono immessi nella titolarità e nel possesso delle azioni, delle quote sociali, dei cespiti aziendali e della liquidità delle società" sotto commissariamento, "e le amministrano al fine di perseguire l’esercizio delle attività d’impresa". Mentre sul nodo chiave dei beni sotto sequestro preventivo, compresi titoli, quote azionarie e liquidità, anche se in deposito, il testo prevede che, con immediata entrata in vigore e effetto retroattivo, il custode giudiziario "ne consente l’utilizzo e la gestione agli organi societari esercitando i necessari poteri di vigilanza".
GIP: SEQUESTRO NON PRECLUDE USO BENI AZIENDA
Con il decreto di sequestro preventivo di beni per equivalente, sino alla concorrenza di 8.1 miliardi di euro, al Gruppo Riva "non è stata posta alcuna preclusione all’uso dei beni da parte del soggetto proprietario": lo scrive il gip di Taranto Patrizia Todisco in risposta ad una istanza rivolta dall’azienda.
Il decreto di sequestro dei beni del Gruppo Riva "non riguarda i crediti" vantati dallo stesso nei confronti dei clienti. "Le liquidità sequestrate al Gruppo Riva - continua il gip - non confluiscono nel Fondo unico di giustizia" e le somme non possono essere reimmesse nel possesso della proprietà perchè ciò equivarrebbe ad un dissequestro".
Spetta all’amministratore giudiziario gestire i soldi sequestrati al Gruppo Riva, compresi i pagamenti, "purchè venga assicurata la prosecuzione dell’attività aziendale e salvaguardate le finalità del sequestro". E’ quanto disposto dal gip di Taranto Patrizia Todisco in un provvedimento di tre pagine notificato stasera al custode e amministratore giudiziario dei beni sequestrati, Mario Tagarelli. (GdM)
Il ministro dello Sviluppo aveva annunciato già per ieri pomeriggio la convocazione di un Consiglio dei Ministri ad hoc, che non si è poi mai riunito. La linea d’azione decisa da Zanonato è chiara; emerge da un testo snello, in cinque articoli, con due punti chiave: estensione del commissariamento Ilva con più poteri nella gestione, e la possibilità di utilizzare beni e liquidità sotto sequestro preventivo per non fermare la produzione. Un testo che per il ministro è definitivo ma che potrebbe cambiare sulla spinta delle opposizioni interne al governo: due i nodi politici posti dal centrodestra, un no alla retroattività (che tecnicamente è essenziale), ed un no ad un aumento di perimetro e poteri del commissariamento Ilva. "Come Forza Italia, non accetteremo un altro commissariamento che espropri ulteriormente le imprese, che vanno tutelate e difese", ha puntualizzato ieri il ministro Maurizio Lupi.
Il decreto è "pronto" ed è "molto semplice", ha ribadito oggi Zanonato, riassumendone il principio cardine: quando il magistrato sequestra un’attività produttiva, l’attività prosegue con il controllo di un custode giudiziario e la gestione degli organi societari.
L'ultima stesura del decreto uscita dal ministero, secondo la bozza letta dall’ANSA, prevede l’estensione del Commissariamento Ilva alle società "controllate o collegate" (quindi agli stabilimenti Riva) con l’eventuale nomina di subcommissari, "fino a tre". E più poteri per commissario e subcommissari che "sono immessi nella titolarità e nel possesso delle azioni, delle quote sociali, dei cespiti aziendali e della liquidità delle società" sotto commissariamento, "e le amministrano al fine di perseguire l’esercizio delle attività d’impresa". Mentre sul nodo chiave dei beni sotto sequestro preventivo, compresi titoli, quote azionarie e liquidità, anche se in deposito, il testo prevede che, con immediata entrata in vigore e effetto retroattivo, il custode giudiziario "ne consente l’utilizzo e la gestione agli organi societari esercitando i necessari poteri di vigilanza".
GIP: SEQUESTRO NON PRECLUDE USO BENI AZIENDA
Con il decreto di sequestro preventivo di beni per equivalente, sino alla concorrenza di 8.1 miliardi di euro, al Gruppo Riva "non è stata posta alcuna preclusione all’uso dei beni da parte del soggetto proprietario": lo scrive il gip di Taranto Patrizia Todisco in risposta ad una istanza rivolta dall’azienda.
Il decreto di sequestro dei beni del Gruppo Riva "non riguarda i crediti" vantati dallo stesso nei confronti dei clienti. "Le liquidità sequestrate al Gruppo Riva - continua il gip - non confluiscono nel Fondo unico di giustizia" e le somme non possono essere reimmesse nel possesso della proprietà perchè ciò equivarrebbe ad un dissequestro".
Spetta all’amministratore giudiziario gestire i soldi sequestrati al Gruppo Riva, compresi i pagamenti, "purchè venga assicurata la prosecuzione dell’attività aziendale e salvaguardate le finalità del sequestro". E’ quanto disposto dal gip di Taranto Patrizia Todisco in un provvedimento di tre pagine notificato stasera al custode e amministratore giudiziario dei beni sequestrati, Mario Tagarelli. (GdM)
lunedì 23 settembre 2013
L'Ilva paragonata ad un animale o a un "bene alimentare" dal ministro Zanonato
Il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato ha voluto sicuramente rassicurare gli industriali e tra questi il gruppo Riva, al convegno sul "Decreto del fare 2 dell'Unione industriali". Su corrieredelmezzogiorno.it si legge infatti che il ministro in questione ha annunciato, non solo che «Questo pomeriggio c'è un appuntamento molto importante in consiglio dei ministri a Roma: approveremo il decreto sulla Riva Acciaio» ma ha aggiunto... «Con la norma che approveremo questo pomeriggio se avviene un sequestro deve avvenire tutelando l'attività produttiva - ha aggiunto il ministro - E come se venisse sequestrato un animale, o del bene alimentare: come in questi casi mi devo assicurare che nel periodo del sequestro non deperisca il bene sequestrato. Questo è prima di tutto un provvedimento utile per i lavoratori che operano negli stabilimenti ma anche per i fornitori, ma è alla fine un'azione a tutela di tutti, anche dei proprietari perchè non serve a nessuno un'azienda morta».
Il ministro dimentica che l'azienda in questione potrebbe essere sì, paragonata ad un bene alimentare.... ma in questo caso il bene alimentare ILVA è contaminato, e continua a contaminare e ad avvelenare chi entra in contatto con questo.
Potrebbe essere anche paragonata l'Ilva ad un animale, come la pecora contaminata da diossina e poi abbattuta.
Il Ministro avrebbe dovuto ricordarsi delle pecore contaminate da diossina o dei mitili inquinati e poi andati al macero: è questa la fine che dovrebbe fare un'industria altamente inquinante come l'Ilva.
Padre Zanotelli a Taranto
Gli sarà consegnata la laurea honoris causa in Giurisprudenza - Incontrerà i cittadini del Presidio Fuori dal Comune
Questo pomeriggio il missionario comboniano Alex Zanotelli ricevera' la laurea honoris causa in giurisprudenza a Taranto e la dedichera' alla lotta per fare di Taranto una citta' di pace e libera dai veleni.
Ore 16: conferimento laurea, facolta' Giurisperudenza, via Duomo nella citta' vecchia - da parte di Antonio Uricchio, Direttore Dipartimento Jonico in "Sistemi giuridici ed economici del Mediterraneo: societa’, ambiente, culture» Università degli Studi di Bari Aldo Moro. Al conferimento e la Laudatio da parte di Roberto Voza, Docente di Diritto del Lavoro, seguirà la Lectio magistralis di Alessandro Zanotelli dal titolo «DIAMOCI DA FARE PER LA VITA»
Ore 18.30: incontro con il Presidio "fuori dal Comune", in piazza Castello, dove si terrà un'assemblea.
Per altre informazioni
www.peacelink.it
http://www.nigrizia.it/bloggers/alex-zanotelli-nigrizia
domenica 22 settembre 2013
Un titolo ambiguo...
Pare brutto, nel 2013, pensare di "buttare via" tutti quei soldi per migliorare (manco risolvere) la compatibilità ambientale? Costavano meno quattro tarantini tumorati e una fetta d'Italia trasformata in discarica per sempre?
E come "scongiuriamo" l'infrazione, col certificato medico taroccato come gli studenti che si assentano nel giorno delle interrogazioni?
Ah, che brutta cosa il giornalismo ambiguo (e manco troppo...)!
L'ilva produrrà acciaio pulito. Ma a che prezzo?
A Taranto si produrrà acciaio pulito. Quando non si sa. Nel frattempo, gli scarichi dell’Ilva finiscono sotto la lente della Commissione europea che, salvo dietrofront dell’ultimo minuto, giovedì prossimo aprirà una procedura di infrazione in materia ambientale contro l’Italia. Contraddizioni, ennesime, di una vicenda, quella dello stabilimento siderurgico più grande d’Italia, che è ben lontana da una soluzione.
Circa 2 milioni di tonnellate annue, sulle otto in totale concesse dalla nuova Aia, potrebbero essere prodotte con una tecnologia che non avrà più bisogno dell’agglomerato e delle cokerie. Il vantaggio è quello di un drastico abbattimento dell’inquinamento e un incremento della produttività degli altoforni. Saranno usati pallets di ferro preridotto e metano al posto del carbon coke. Inoltre, verrebbero ridimensionati i parchi minerali e lo spolverio, purtroppo tipico di queste aree, subirebbe una riduzione complessiva dovuta anche al fatto che il preridotto si presenta in forma spugnosa.
“Una sfida - ha detto il sub commissario Edo Ronchi - non solo per risanare la fabbrica, ma anche per produrre acciaio in modo pulito”. E annuncia un accordo con un pool di banche da 2,4 miliardi di euro per finanziare i lavori dell’Autorizzazione integrata ambientale. Un miliardo e 800 milioni per la stessa Aia in tre anni, il resto, invece, per manutenzioni e innovazioni impiantistiche.
LA SIDERURGIA ECOLOGICA IN EUROPA
Taranto, quindi, come la siderurgia austriaca. Il siderurgico di Linz è stato in grado, nel tempo, di adeguare le sue tecniche produttive alle migliori disponibili al momento diventando punto di riferimento normativo a livello europeo in materia ambientale. Inoltre, è riuscito a mantenere competitiva la propria produzione nei confronti della concorrenza degli operatori dei paesi emergenti. La città austriaca ospita un’acciaieria che produce più della metà dell’acciaio che si produce a Taranto. Eppure Linz è la seconda città dell’Austria per salubrità dell’aria.
O come a Dortmund,
conosciuta come la città dell’acciaio e della birra nella Ruhr più
profonda e industrializzata. Ma al giorno d’oggi non ci sono più
minatori all’opera e gli altiforni sono ormai raffreddati da tempo.
Restano in città le ex fabbriche diventate musei e luoghi di ritrovo
culturale. E ancora Duisburg ed Essen, completamente riconvertite e ora
fiori all’occhiello della cultura tedesca.
Metz, in Francia,
Bilbao, in Spagna, Heerhungowaard, in Olanda. Tutte città riconvertite
all’acciaio pulito. Tutte, tranne Taranto, dove invece si è ad un punto
di non ritorno: o la salute o il lavoro.VIOLATI I LIMITI, ITALIA A RISCHIO INFRAZIONE
“L’Ilva ha violato i limiti di vari permessi ambientali concessi dalle autorità italiane, e l'Italia non ha monitorato a sufficienza queste violazioni e non ha preso misure adeguate”, spiega una fonte della Commissione Ue. Al ministero dell’Ambiente, che è in costante contatto con la Commissione sui vari temi ambientali, al momento non è ancora arrivata nessuna comunicazione ufficiale. Però, secondo quanto apprende l’agenzia Ansa, già nelle prossime ore il ministro Orlando invierà una lettera al commissario all’ambiente Janez Potocnik, con tutti gli aggiornamenti inerenti la salvaguardia ambientale dell’Ilva, resi possibili dal commissariamento dell’azienda.
Dal marzo 2012 è attivo un fitto carteggio tra la Commissione e l’Italia finalizzato all’acquisizione, da parte di Bruxelles, delle informazioni necessarie a valutare la situazione. Le risposte italiane date finora non sono però bastate a rassicurare la Commissione sul rispetto delle norme europee in materia di ambiente. Tanto che la proposta di avvio della procedura d’infrazione ha superato la fase istruttoria ed è pronta per essere esaminata dal collegio dei commissari. Si lavora per scongiurarla. (panorama)
sabato 21 settembre 2013
Storie dell'altro mondo (e di altri sindaci)
La differenza fra Genova e Taranto è bene spiegata nell'interrogatorio di Agostino Pastorino, un fiduciario di Riva. “Io ho vissuto a Genova dove non potevamo assolutamente fare nessun, nessunissimo slopping perché ci avrebbero chiuso” ha dichiarato davanti al gip uno dei cinque fiduciari dei Riva arrestati nei giorni scorsi.
Questa era la differenza fra il sindaco di Taranto e il sindaco di Genova. (A.M.)
Dalla perizia dei chimici per il processo Ilva:
“... emerge in particolare la quantità rilevante di polveri che viene rilasciata dagli impianti, anche dopo gli interventi di adeguamento, di particolare evidenza è la quantità di polveri che fuoriesce dall’acciaieria determinata dal cosiddetto fenomeno di slopping, documentato oltre che dalla presente indagine anche dagli organi di controllo. Per ridurre tali emissioni è necessario pertanto che la ditta adotti ulteriori misure di contenimento, evidenziate nella risposta del sesto quesito, dando la priorità alla riduzione delle emissioni contenenti sostanze pericolose e metalli” [pag. 529 ];
“Poiché, …. allo stato attuale alle emissioni derivanti da questi impianti non sono installati i sistemi di controllo in continuo né viene verificato il rispetto dei limiti dei parametri inquinanti previsti …. sopra detti, tali emissioni non risultano conformi a quanto previsto dalla normativa nazionale in materia di trattamento termico dei rifiuti. Inoltre poiché ai suddetti camini non sono installati i sistemi di controllo in continuo alle emissioni, non c'è alcun elemento che dimostri il rispetto dei limiti previsti … Per quanto concerne le emissioni non convogliate delle acciaierie, connesse quasi totalmente al fenomeno dello Slopping,….. all’ atto dell’ accertamento … tali procedure non risultavano in atto.” [ pag 535]
Dagli accertamenti dei carabinieri del NOE (2011)
1) da ciascuna delle due acciaierie, visibili rispettivamente dalla via per Statte e dalla via Appia Nuova, si sprigiona un’intensa e voluminosa nube polverosa di colore rosso definibile come fenomeno di « slopping » e cioè di generazione anomala di fumi di ossidi di ferro, il cui volume istantaneo è di entità tale da non potere essere totalmente eliminato dai sistemi di aspirazione dei fumi primari e secondari;
2) la sistematica attivazione di »torce« al servizio delle acciaierie. In particolare, ogni acciaieria è dotata di tre torce che bruciano, con evidenti fiamme, i gas di scarico che vengono espulsi dai camini. Le fiammate, e quindi l’emissione in atmosfera e la contemporanea attivazione delle torce, avvengono in modo sistematico ad ogni ciclo di lavorazione da ciascuna delle tre torce delle due acciaierie.
Roba da vantarsene!
Ma se ai Riva gli arrivasse una multa per eccesso di velocità, toglierebbero i limiti in tutta Italia?
O forse, sposterebbero gli autovelox dove non rileverebbero nulla (come è stato fatto per le centraline ai Tamburi...).
Ilva: Zanonato, a giorni decreto per sblocco attività Riva
"Il decreto conto che sia fatto all'inizio della prossima settimana, quindi nei prossimi giorni". Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, interpellato sullo stop delle attivita' del Gruppo Riva dopo il decreto di sequestro disposto dai magistrati. Il ministro ha spiegato che per rendere coerente la norma con il sistema giuridico dovra' essere valutata dal ministero di Giustizia: "Facciamo un decreto - ha detto ancora Zanonato - il decreto poi verra' convertito in legge dalla Camera con le eventuali modifiche che le Camere vorranno apportare" . (AGI)
Ilva, Ue: possibile procedura di infrazione contro l'Italia
A meno di novità che potrebbero emergere nei contatti tra Bruxelles e Roma, giovedì la Commissione Ue dovrebbe aprire una procedura di infrazione contro l'Italia per gli scarichi dell'Ilva e la violazione da parte del gruppo siderurgico di altre norme ambientali. La Commissione intende censurare l'Italia perché non ha controllato in misura sufficiente le violazioni commesse dall'Ilva e, di conseguenza, non ha preso le misure necessarie.
Nelle prossime ore il ministro dell'Ambiente Orlando invierà una lettere al commissario Potocnik, con tutti gli aggiornamenti inerenti la salvaguardia ambientale dell'Ilva, resi possibili dal commissariamento dell'azienda. A quanto si apprende Orlando e Potocnik si incontreranno a New York la prossima settimana.
Il ministro dell'Ambiente e il commissario Ue Potocnik dovrebbero incontrarsi durante la sessione dell'assemblea generale dell'Onu dedicata al clima. Fonti del ministero dell'Ambiente fanno inoltre sapere che al momento non sono ancora pervenute comunicazioni ufficiali da Bruxelles e che con la Commissione Ue sono in corso contatti continui.
"E' stata un'altra giornata di lavoro intenso sulla questione Riva. Per la prima volta dopo il sequestro, azionisti, management dell'azienda e custode si sono incontrati nel mio ufficio al Mise per capire come far ripartire al più presto la produzione degli impianti sequestrati. Ci sono due questioni principali da risolvere". È la dichiarazione postata dal ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, sul suo profilo Facebook.
"Il custode deve capire come recuperare - e successivamente impiegare - le risorse sequestrate e al momento conservate nel Fondo Unico di Giustizia. Questi fondi - spiega Zanonato - servono per il funzionamento di base delle aziende, in primis per il pagamento degli stipendi e dei fornitori. Poi bisogna chiarire, in modo inequivocabile, che un'azienda o un impianto produttivo, quando vengono sequestrati, devono continuare nella loro produzione. Bloccare l'operatività di un'azienda, anche per un breve periodo, significa farle perdere clienti, fatturato, quote di mercato, con conseguenze gravissime sul fronte occupazionale. Per questo, insieme al ministero della Giustizia, stiamo predisponendo una norma, da portare in Cdm nei prossimi giorni, che consenta al giudice di disporre il sequestro di un'impresa senza pregiudicarne l'operatività".
"Sarà una norma importante per tutte le aziende. Lavoriamo - scrive ancora Zanonato - con la piena consapevolezza che bisogna superare tante difficoltà nel minor tempo possibile. Il futuro di tanti lavoratori e delle loro famiglie è a rischio. Proprio per questo, insieme ai miei collaboratori, continueremo a mettercela tutta". (RAI)
O forse, sposterebbero gli autovelox dove non rileverebbero nulla (come è stato fatto per le centraline ai Tamburi...).
www.formiche.net |
Ilva: Zanonato, a giorni decreto per sblocco attività Riva
"Il decreto conto che sia fatto all'inizio della prossima settimana, quindi nei prossimi giorni". Lo ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, interpellato sullo stop delle attivita' del Gruppo Riva dopo il decreto di sequestro disposto dai magistrati. Il ministro ha spiegato che per rendere coerente la norma con il sistema giuridico dovra' essere valutata dal ministero di Giustizia: "Facciamo un decreto - ha detto ancora Zanonato - il decreto poi verra' convertito in legge dalla Camera con le eventuali modifiche che le Camere vorranno apportare" . (AGI)
Ilva, Ue: possibile procedura di infrazione contro l'Italia
A meno di novità che potrebbero emergere nei contatti tra Bruxelles e Roma, giovedì la Commissione Ue dovrebbe aprire una procedura di infrazione contro l'Italia per gli scarichi dell'Ilva e la violazione da parte del gruppo siderurgico di altre norme ambientali. La Commissione intende censurare l'Italia perché non ha controllato in misura sufficiente le violazioni commesse dall'Ilva e, di conseguenza, non ha preso le misure necessarie.
Nelle prossime ore il ministro dell'Ambiente Orlando invierà una lettere al commissario Potocnik, con tutti gli aggiornamenti inerenti la salvaguardia ambientale dell'Ilva, resi possibili dal commissariamento dell'azienda. A quanto si apprende Orlando e Potocnik si incontreranno a New York la prossima settimana.
Il ministro dell'Ambiente e il commissario Ue Potocnik dovrebbero incontrarsi durante la sessione dell'assemblea generale dell'Onu dedicata al clima. Fonti del ministero dell'Ambiente fanno inoltre sapere che al momento non sono ancora pervenute comunicazioni ufficiali da Bruxelles e che con la Commissione Ue sono in corso contatti continui.
"E' stata un'altra giornata di lavoro intenso sulla questione Riva. Per la prima volta dopo il sequestro, azionisti, management dell'azienda e custode si sono incontrati nel mio ufficio al Mise per capire come far ripartire al più presto la produzione degli impianti sequestrati. Ci sono due questioni principali da risolvere". È la dichiarazione postata dal ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, sul suo profilo Facebook.
"Il custode deve capire come recuperare - e successivamente impiegare - le risorse sequestrate e al momento conservate nel Fondo Unico di Giustizia. Questi fondi - spiega Zanonato - servono per il funzionamento di base delle aziende, in primis per il pagamento degli stipendi e dei fornitori. Poi bisogna chiarire, in modo inequivocabile, che un'azienda o un impianto produttivo, quando vengono sequestrati, devono continuare nella loro produzione. Bloccare l'operatività di un'azienda, anche per un breve periodo, significa farle perdere clienti, fatturato, quote di mercato, con conseguenze gravissime sul fronte occupazionale. Per questo, insieme al ministero della Giustizia, stiamo predisponendo una norma, da portare in Cdm nei prossimi giorni, che consenta al giudice di disporre il sequestro di un'impresa senza pregiudicarne l'operatività".
"Sarà una norma importante per tutte le aziende. Lavoriamo - scrive ancora Zanonato - con la piena consapevolezza che bisogna superare tante difficoltà nel minor tempo possibile. Il futuro di tanti lavoratori e delle loro famiglie è a rischio. Proprio per questo, insieme ai miei collaboratori, continueremo a mettercela tutta". (RAI)
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Offesi col padrone, si fidano del suo servo!
Solite boiate dal comune di quaquaraquà!
Ilva: Commissione Comunale,”Ormai i Riva incompatibili con Taranto”
“La tecnologia presentata ieri dall’Ilva e’ sicuramente interessante – ha commentato Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto – ma noi vogliamo approfondirla meglio”. “Ho appreso dell’innovazione dai media – ha aggiunto – perche’ il commissario dell’Ilva, Enrico Bondi, al tavolo sindacale nazionale del 2 settembre non ne ha fatto cenno. Noi vogliamo anzitutto capire che impatto, anche occupazionale, ha quest’innovazione una volta che andra’ a regime. Inoltre, se viene garantita la qualita’ della ghisa cambiando sistema di produzione dell’altoforno. Pensiamo, pero’ – ha concluso il sindacalista – che quest’innovazione sara’ meglio descritta nel piano industriale dell’Ilva che Bondi presentera’ a meta’ novembre”.
Ilva: Commissione Comunale,”Ormai i Riva incompatibili con Taranto”
“Ormai la famiglia Riva e’ incompatibile
con la citta’. Non ci fidiamo piu’. Ora abbiamo una figura di garanzia
rappresentata dalla gestione commissariale”. E’ la valutazione fatta in
una conferenza stampa dalla commissione Ambiente del Comune di Taranto
che ieri ha incontrato il sub commissario dell’Ilva, Edo Ronchi, il
quale ha fra l’altro presentato l’innovazione che il siderurgico sta
sperimentando: produrre sino a 2 milioni di acciaio l’anno, su una quota
complessiva di 8 milioni, usando pallets di ferro preridotto al posto
dell’agglomerato di minerali e metano al posto del carbon coke. Una
riconversione che potra’ permettere un drastico abbattimento delle
emissioni inquinanti e che la commissione dei consiglieri comunali ha
sostanzialmente apprezzato.
“Il nuovo sistema di produzione
dell’acciaio da parte dell’Ilva di Taranto – ha precisato l’assessore
all’Ambiente del Comune di Taranto, Vincenzo Baio – comportera’ un
abbattimento rilevante di Co2, di polveri sottili e di idrocarburi
policiclici aromatici, questi ultimi due fra gli inquinanti piu’
pericolosi”. Baio ha quindi valutato positivamente il fatto che l’Ilva
“da 15-20 giorni abbia avviato una sperimentazione che utilizza ferro
preridotto al posto dell’agglomerato di minerali e metano al posto del
carbon coke. L’annuncio fatto ieri dall’azienda e’ importante, noi,
pero’, lo verificheremo con i fatti”. L’assessore all’Ambiente del
Comune di Taranto ha anche aggiunto che l’Ilva interverra’ per ridurre
le emissioni acustiche dei “cannoni” installati nei parchi minerali che,
con un potente getto d’acqua misto a sostanze particolari, evitano lo
spargimento delle polveri. E’ stato affrontato anche il tema delle
discariche del siderurgico chieste dall’Ilva per far avanzare i lavori
della bonifica e ora oggetto di una norma specifica all’interno del
decreto legge sulla Pa varato nelle scorse settimane dal Governo.
“Ronchi ci ha detto – ha precisato ancora Baio – mi dimetto se le
discariche non dovessero essere sicure sotto il profilo ambientale e
costruite secondo i migliori standard”.“La tecnologia presentata ieri dall’Ilva e’ sicuramente interessante – ha commentato Cosimo Panarelli, segretario Fim Cisl Taranto – ma noi vogliamo approfondirla meglio”. “Ho appreso dell’innovazione dai media – ha aggiunto – perche’ il commissario dell’Ilva, Enrico Bondi, al tavolo sindacale nazionale del 2 settembre non ne ha fatto cenno. Noi vogliamo anzitutto capire che impatto, anche occupazionale, ha quest’innovazione una volta che andra’ a regime. Inoltre, se viene garantita la qualita’ della ghisa cambiando sistema di produzione dell’altoforno. Pensiamo, pero’ – ha concluso il sindacalista – che quest’innovazione sara’ meglio descritta nel piano industriale dell’Ilva che Bondi presentera’ a meta’ novembre”.
Odori, rumori, sapori, Riva non ci fa mancare nulla!
L’Assessore dimentica tra l'altro che i fog cannon dell'Ilva sono pure tarocchi! (clicca qui per saperne di più)
Taranto, disagio acustico nel quartiere Tamburi. Baio: «Sono i "fog cannon" anti polvere dell'Ilva»
L’Assessore all’Ambiente Vincenzo Baio si è rivolto direttamente al Commissario Straordinario dell’ILVA per fare chiarezza sullo stato dell'arte e su tutte le iniziative poste in essere dall’azienda nell'ambito delle proprie responsabilità.
L’Assessorato all’Ambiente - spiega Baio nella nota inviata a Bondi- è destinatario di segnalazioni e lamentele da parte dei cittadini del quartiere Tamburi che riferiscono il disagio acustico insopportabile che si avverte proprio quando sono attivi i cannoni appositamente installati per il contenimento delle polveri che si sprigionano dai parchi minerali dell’ILVA.
L’Assessore stesso, in prima persona, anche in qualità di medico che esercita nel quartiere Tamburi "ha potuto raccogliere testimonianze direttamente da cittadini che sono costretti a subire anche questo grave disagio acustico che in taluni casi supera nettamente la soglia fisiologica dell'apparato uditivo umano".
E ciò "nonostante la promessa di individuare e realizzare nel più breve tempo possibile misure e opere di insonorizzazione che consentano il contenimento delle emissioni acustiche dei fog cannon nella zona dei parchi primari, a tutt'oggi non è successo nulla".
A tal fine e in accordo con l’ARPA, l’Assessore Baio fa sapere che sono stati collocati sui terrazzi di alcune case del quartiere Tamburi degli apparecchi audiometrici per individuare, registrare e quindi documentare in maniera scientifica, questo presunto inquinamento acustico, più volte segnalato dai cittadini.
La nota dell’Assessore si chiude informando Bondi che il Dirigente di ARPA Puglia, dott. Martucci incaricato di seguire direttamente il monitoraggio di queste emissioni acustiche, comunicherà i risultati al suo Assessorato che di conseguenza agirà.(ecodallecittà)
Taranto, disagio acustico nel quartiere Tamburi. Baio: «Sono i "fog cannon" anti polvere dell'Ilva»
L’Assessore all’Ambiente Vincenzo Baio si è rivolto direttamente al Commissario Straordinario dell’ILVA per fare chiarezza sullo stato dell'arte e su tutte le iniziative poste in essere dall’azienda nell'ambito delle proprie responsabilità.
L’Assessorato all’Ambiente - spiega Baio nella nota inviata a Bondi- è destinatario di segnalazioni e lamentele da parte dei cittadini del quartiere Tamburi che riferiscono il disagio acustico insopportabile che si avverte proprio quando sono attivi i cannoni appositamente installati per il contenimento delle polveri che si sprigionano dai parchi minerali dell’ILVA.
L’Assessore stesso, in prima persona, anche in qualità di medico che esercita nel quartiere Tamburi "ha potuto raccogliere testimonianze direttamente da cittadini che sono costretti a subire anche questo grave disagio acustico che in taluni casi supera nettamente la soglia fisiologica dell'apparato uditivo umano".
E ciò "nonostante la promessa di individuare e realizzare nel più breve tempo possibile misure e opere di insonorizzazione che consentano il contenimento delle emissioni acustiche dei fog cannon nella zona dei parchi primari, a tutt'oggi non è successo nulla".
A tal fine e in accordo con l’ARPA, l’Assessore Baio fa sapere che sono stati collocati sui terrazzi di alcune case del quartiere Tamburi degli apparecchi audiometrici per individuare, registrare e quindi documentare in maniera scientifica, questo presunto inquinamento acustico, più volte segnalato dai cittadini.
La nota dell’Assessore si chiude informando Bondi che il Dirigente di ARPA Puglia, dott. Martucci incaricato di seguire direttamente il monitoraggio di queste emissioni acustiche, comunicherà i risultati al suo Assessorato che di conseguenza agirà.(ecodallecittà)
venerdì 20 settembre 2013
Dopo l'urea, arriva il metano: le favole dell'adeguamento escrementale!
«A Taranto si sperimenta metano» |
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Nelle
acciaierie dell’Ilva di Taranto è in atto la sperimentazione di una
nuova tecnologia per abbattere l’inquinamento con l’impiego di pallets
di ferro preridotto e metano al posto del carbon coke. Lo ha annunciato
il sub commissario Edo Ronchi ai consiglieri della Commissione Ecologia e
Ambiente del Comune di Taranto.
La sperimentazione – hanno reso noto oggi l’assessore
comunale all’Ambiente Vincenzo Baio, il presidente della Commissione
Ambiente Vincenzo Di Gregorio e i capigruppo che hanno partecipato
all’incontro con Ronchi – sarà estesa agli altiforni per la produzione
complessiva di 2 milioni di tonnellate di acciaio senza l’impiego
dell’agglomerato, dove vengono preparati gli agglomerati di ferro, e
delle cokerie. Il sub commissario si è soffermato anche sull'accordo da 2 miliardi e 450 milioni di euro raggiunto con un gruppo di banche, che servirà sia a finanziare l’Aia (preventivato un costo di un miliardo e 800 milioni di euro) che per innovare gli impianti. Inoltre Ronchi ha parlato delle difficoltà finanziarie dell’azienda e ha precisato che si cercherà di rispettare il cronoprogramma, ma i 36 mesi previsti per il piano di risanamento potrebbero non bastare. (GdM) “Ilva, 2,4 miliardi per l'ambiente”. Articolo di Domenico Palmiotti del 20 settembre 2013– www.sole24ore.it L'accordo con le banche, dice il sub commissario (ma nell'incontro di ieri, negli uffici della direzione, si è «affacciato» per un saluto anche il commissario Enrico Bondi), è in fase di definizione. Un miliardo e 800 milioni serviranno per l'Aia in tre anni, il resto, invece, per manutenzioni e innovazioni impiantistiche. Si tratta di banche nazionali, precisa Ronchi, ma l'operazione ha un aggancio anche con la Banca europea degli investimenti che da mesi si è detta disposta a intervenire a sostegno del rilancio dell'acciaio. Ma se l'accordo con le banche per realizzare l'Aia era già previsto, l'intervento sul ciclo produttivo costituisce invece una novità. «Nella produzione di acciaio sperimenteremo una tecnologia innovativa – dice Ronchi al Sole 24 Ore – basata sull'uso di ferro preridotto e metano». Oggi il ciclo di Taranto prevede la preparazione nell'agglomerato dei minerali di ferro destinati alla fusione negli altiforni e l'utilizzo del carbon coke. «Noi invece – spiega Ronchi – utilizzeremo pallets di ferro preridotti e metano al posto del carbon coke. La sperimentazione è già cominciata in acciaieria, la estenderemo agli altiforni, e vogliamo produrre 2 milioni di tonnellate di acciaio l'anno con questo sistema». Taranto, quindi, come la siderurgia austriaca. Nella riconversione, i passaggi del ciclo che saltano o quantomeno vengono ridimensionati, riguardano le cokerie e l'agglomerato, che, insieme ai parchi minerali, sono fra le aree a più elevato impatto ambientale dello stabilimento di Taranto. «Il tetto di produzione assegnatoci dall'Aia è di 8 milioni di tonnellate all'anno ma noi vogliamo soprattutto produrre acciaio in modo pulito» dice Ronchi che incontra un largo consenso dei consiglieri comunali presenti. Sono una quarantina i cantieri dell'Aia pronti a partire nell'Ilva, annuncia Ronchi, che però pone anche un problema: le procedure autorizzative che rischiano di essere lunghe rispetto all'urgenza delle questioni da affrontare. Indicate ieri anche le date di presentazione dei progetti di copertura per i diversi parchi: minerali, il parco più grande, a dicembre (già fatte le scelte, si stanno definendo i dettagli); loppa entro novembre e fossile a febbraio prossimo. Intanto lo Sportello unico attività produttive del Comune ha avviato la discussione – aggiornandola al 21 ottobre – sui parchi omo-coke (miscela di minerali di ferro destinati alla sinterizzazione e carbon coke), nord agglomerato (sinterizzato di minerali di ferro per gli altiforni), sud agglomerato e gestione recuperi ferrosi. Per i primi tre parchi la copertura sarà costituita da strutture in legno lamellare giù usate per coprire il fossile delle centrali elettriche. Per il parco omo-coke saranno utilizzate strutture ad arco mentre per i parchi agglomerato si ricorrerà ad edifici tronco-piramidali a pianta poligonale. La superficie complessiva da coprire è di 74.120 metri quadrati. Complessa la copertura dell'omo-coke che, seppure tra i parchi minori, occupa una superficie di 67.450 metri quadrati ed ha un'altezza massima di 45 metri. Infine la copertura del parco dei recuperi ferrosi utilizzerà strutture mobili in carpenteria (cappe) che possono muoversi su binari e coprire di volta in volta le postazioni di lavorazione. Il completamento dei diversi interventi è previsto a luglio 2015. |
Impossibile! Riva ha già comprato tutti i supereroi!
Ilva, Bondi chiede più poteri
Mentre l’Ue si appresta ad aprire una procedura d’infrazione sull’Ilva, il governo cerca di sventare il blocco dell’azienda causato dai sequestri della magistratura, sotto la minaccia di dimissioni dello stesso commissario straordinario Enrico Bondi. Sebbene il diretto interessato smentisca, come pure il ministero dello Sviluppo economico, fonti ministeriali ieri confermavano un vertice pomeridiano in cui Bondi avrebbe puntato i piedi, elencando i problemi di liquidità legati alla rigidità della gestione del custode giudiziario Mario Tagarelli, chiedendo e, pare, ottenendo dal ministro Flavio Zanonato maggiori poteri.
In mattinata, Zanonato aveva incontrato un rappresentante della famiglia Riva, Tagarelli e il sottosegretario Claudio De Vincenti, nel tentativo di evitare un decreto di modifica del codice di procedura penale, per garantire un uso più elastico di fondi e proprietà sequestrate e dare così al custode tutti i poteri per far riprendere l’attività.
Si lavora, insomma, a un accordo con l’autorità giudiziaria, per non intervenire sulla normativa (intervento su cui già si annunciano polemiche), ma garantendo il prosieguo delle attività che, se bloccate, avrebbero anche un costo in termini di cassintegrazione. «L’azienda chiederà al gip di poter disporre delle somme per riattivare l’attività produttiva. I Riva e il custode giudiziario stanno cercando un percorso per risolvere il problema», ha spiegato Zanonato, mentre il presidente dell’azienda Bruno Ferrante si è riferito al pagamento degli stipendi: «Gli stipendi di settembre sono stati pagati, ora puntiamo a pagare gli stipendi che scadono il 10 di ottobre». (SecoloXIX)
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