"La vicenda di Bagnoli è l'ennesimo caso che dimostra come il sistema delle bonifiche del nostro Paese sia totalmente inceppato e rappresenti una bomba innescata non solo sotto il profilo ecologico ma anche sotto il profilo giudiziario.
E' dal lontano 1995 che il WWF Italia già nel lontano 1995 aveva
denunciato alla magistratura (vedi documento allegato) i gravi rischi
ambientali connessi all'area di Bagnoli (come ad esempio lo smaltimento a
mare di rifiuti tossici come l'amianto)", così il WWF commenta le
notizie relative all'inchiesta per truffa e disastro ambientale
relativa all'ex-sito industriale di Bagnoli. "Oggi Bagnoli, ieri l'Ilva
di Taranto, prima ancora Pioltello Rodano: tutti casi che dimostrano
che in Italia il principio comunitario 'chi inquina paga' non trova una vera applicazione. Sebbene gli interventi di risanamento e riqualificazione ambientale,
nelle aree industriali dismesse potrebbero servire a creare migliaia di
posti di lavoro, restituendo alle comunità e agli enti local ampie
porzioni di territorio risanate e quindi riconvertibili per attività di
utilità sociale o produtive".
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"Una corretta e severa applicazione
dei principi comunitari obbligherebbe i responsabili dell'inquinamento a
risarcire alle comunità locali i danni consentendo di realizzare
interventi di risanamento che hanno ricadute economiche ed
occupazionali" commenta il WWF, che aggiunge: "I progetti di bonifica e recupero esistono, ma sono impantanati in estenuanti procedure e in cavillose conferenze di servizi
a cui partecipano aziende che hanno come unico obiettivo quello di
perdere tempo per rimandare interventi obbligatori a loro carico.
Bagnoli rappresenta l'esasperazione di questo sistema di inerzia e
farriginosità dei meccanismi amministrativi che ha lasciato spazio al
malaffare che ha portato a sperperare i fondi pubblici investiti. In
questa situazione di impasse e di ritardi istituzionali l'incendio
doloso appiccato alla Città della Scienza colpisce un'attività sostenibile di grande valore sociale, simbolo di un riscatto ancora incompiuto".
In
Italia, ricorda il WWF, al 1 gennaio 2011 risultavano registrati 2.687
siti di bonifica, cioè aree su cui è stato pubblicamente riconosciuta la
necessità e l'obbligatorietà d'intervento per un ripristino ambientale e
per far cessare effetti inquinanti (anche nelle falde acquifere) a cui
erano correlate patologie e danni ambientali. Le
situazioni più gravi riguardano 57 di queste aree definite "Siti
d'Interesse Nazionale" e la loro complessiva superficie è pari a poco
meno del 3% del territorio nazionale: 550.000 ettari a terra e 180.000
ettari a mare. L'impatto sulla salute di questi siti inquinati è stato
oggetto di numerose indagini. In particolare nell'ambito del Programma
Strategico Ambiente e Salute del Ministero della Salute è stato
realizzato uno "Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento"
(SENTIERI) riguardante l'analisi sulla mortalità dei residenti in 44
dei 57 SIN. Lo studio ha analizzato circa 400.000 decessi relativi a una
popolazione complessiva di circa 5.500.000 abitanti ed ha evidenziato
lo stretto rapporto tra alcune attività produttive e aree da bonificare
con il forte incremento percentuale di alcune patologie rispetto alle
medie nazionali.
"E' sintomatico che, dal 1995, quando il WWF,
insieme a molti napoletani chiedeva al Comune di Napoli ed allo Stato di
'esercitare il diritto-dovere dell'azione di risarcimento del danno ambientale'
(vedi secondo allegato "Sintesi dell'Audizione del WWF Italia al Comune
di Napoli per l'area industriale di Bagnoli" del 25 luglio 1995), nel
2013 siamo ancora a chiedere le stesse cose. Continueremo ad attivarci,
anche eventualmente intervenendo a fianco della Magistratura nelle
indagini in corso".(Alternativasostenibile)
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