venerdì 4 dicembre 2009

Una lettera di solidarietà e soccorso

Sono un pensionato dell’ILVA di Taranto. Come Lei sa, in questa fabbrica in seguito alla legge sull’esposizione all’amianto da molti anni cessano in anticipo il rapporto di lavoro migliaia di lavoratori.
Questi lavoratori al momento del loro collocamento in pensione sono costretti a firmare una quietanza liberatoria all’azienda altrimenti non possono ottenere la liquidazione. Le quietanze non sono altro che dei moduli tutti uguali, cambiano ovviamente i dati anagrafici del lavoratore e la cifra da corrispondere per la liquidazione.
Moltissimi di questi lavoratori dopo il collocamento in pensione hanno fatto ricorso al Giudice del Lavoro per il risarcimento del danno biologico e morale derivanti da infortuni e/o malattie professionali contratte durante il periodo lavorativo e riconosciute dall‘INAIL. Molti sono già morti e tante famiglie piangono con rabbia e dolore.
Ebbene questi ricorsi sono stati tutti rigettati perché le quietanze liberatorie non sono state impugnate nei tempi e modi previsti dalla legge e/o per altri motivi . Fin qui va tutto bene perché la legge non ammette distrazioni e tantomeno ignoranza.
Però nessun Giudice ha tenuto conto che quelle quietanze liberatorie erano tutte uguali e che ci sia stato un abuso da parte del datore di lavoro derivante dalla sua posizione e che di conseguenza non sono stati salvaguardati i diritti dei lavoratori.
I difensori dei lavoratori hanno posto questo quesito ai giudici ma non hanno avuto risposta così come non si sono pronunciate le organizzazioni sindacali che dovevano vigilare sulla corretta fuoriuscita dei lavoratori. Alcuni di questi lavoratori hanno persino dovuto pagare le spese di giudizio come riferito dagli avvocati, come dire oltre al danno la beffa.
I ricorsi ormai non sono più proponibili per cui ci siamo rassegnati a questa triste realtà a ns. avviso corretto il comportamento dei giudici del lavoro di Taranto hanno gestito la legge a senso unico cioè hanno salvaguardato esclusivamente i diritti del datore di lavoro. Avevano la facoltà e la possibilità di dichiarare la nullità delle sottoscrizioni perché è evidente che esse sono state sottoposte ai lavoratori mediante moduli tutti uguali o abusando da parte del datore di lavoro della sua posizione. In questi casi i diritti dei lavoratori devono essere salvaguardati.!!!!! Ed ancora i Giudici avevano la possibilità di ascoltare tutti lavoratori e le organizzazioni sindacali, confrontare le loro deposizioni, fare un contraddittorio con i funzionari dell’Ufficio Personale dell’Azienda, entrare in fabbrica e sequestrare tutte le quietanze liberatorie e forse tante altre cose al fine di arrivare alla verità e di conseguenza ad una giustizia certa e trasparente.
Nessun giudice si è posto qualche perplessità, qualche interrogativo sull’utilizzo di quei moduli tutti uguali e del fatto che i lavoratori abbiano sentito tutti la stessa frase“se non firmi non possiamo liquidarti”. Inoltre come mai su quella fabbrica negli anni sono piovute tante denuncie e non hanno mai sortito alcun effetto? Secondo noi è una storia inquietante, sconcertante, ma la cosa ancora più scabrosa e terrificante è il silenzio assordante calato su questa storia da tutte le parti. Tutto ciò ci lascia molto perplessi , dubbiosi e sdegnati, ma quello che conta purtroppo è ciò che hanno sentenziato i Giudici.
In conclusione chiedo per mio conto e per tantissimi pensionati semplicemente un Suo autorevole parere sull’intera vicenda ed eventualmente se possiamo fare qualcosa di concreto non tanto per noi che secondo quanto hanno affermato i legali, non vi sono più i presupposti per appellarci e i termini sono scaduti, ma per la GIUSTIZIA in senso generale. Grazie.
Cordialmente, Arturo De Palmis


Chi volesse può richiedere il contatto diretto dello scrivente, richiedendolo all'email del comitato per taranto.

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