martedì 8 dicembre 2009

Chi specula sull'ambiente a Roma?

Il mistero della Sogesid
Conflitto di interessi sulla delicata materia dei programmi sulle bonifiche in Sicilia.


Un altro italico caso di potenziale conflitto d’interessi. Che, stavolta, si consuma nelle stanze del ministero dell’Ambiente. Nel silenzio. Per l’ennesima volta, “controllore” e “controllato” vengono a sovrapporsi, se non addirittura a coincidere. Una coincidenza che questa volta riguarda la gestione dei fondi per la tutela dell’ambiente. Il soggetto competente a gestire gli interventi di bonifica e ripristino era, infatti, fino a due anni fa, il ministero. Poi, nell’Accordo di programma (11/2008) per gli interventi sul Sito di interesse nazionale “Priolo” (Siracusa), risulta che a gestire le sostanziose risorse finanziarie sarà la società in house del ministero, la Sogesid (art. 4 sui soggetti attuatori: il ministero si avvarrà della collaborazione della Sogesid, nonché di Ispra, Iss e Arpa Sicilia).
Il presidente della Sogesid è un noto avvocato di Siracusa ( feudo elettorale della Prestigiacomo), e uno dei componenti è il capo della segreteria tecnica del ministro dell’Ambiente. Una materia molto delicata, quella dei programmi sulle bonifiche. Che parte da lontano. L’Unione europea, per almeno 15 anni, ha discusso sul come rendere applicabile un principio centrale del Trattato: “Chi inquina paga” (art.174). Libro Verde e Convenzione di Lugano sulla responsabilità civile nel 1993, libro bianco nel 2000 e direttiva 35 del 2004. In Italia esistono 12mila siti inquinati e l’urgente necessità di intervento su alcuni di essi che costituiscono una minaccia per i cittadini e le risorse ambientali. La normativa italiana ha dunque recepito il principio del “chi inquina paga”, in base al quale il responsabile della contaminazione deve assumere l’onere della bonifica. Il ruolo dello Stato dovrebbe essere di tipo notarile (approvazione del progetto di bonifica).
Quasi sempre però accade che i responsabili degli inquinamenti non siano individuabili a causa di un’insufficiente normativa di applicazione. Lo Stato, allora, si assume il costo degli interventi di messa in sicurezza, disinquinamento e rispristino ambientale. Il risultato è che le aree subiscono interventi prevalentemente di messa in sicurezza, ma spesso vanno incontro solo al degrado. Le 50 aree di interesse nazionale che necessitano di interventi di bonifica urgenti (36 industriali, 8 discariche, 6 con inquinamento da amianto) coinvolgono 316 Comuni e circa 7 milioni di abitanti. Le risorse finanziarie stimate per la bonifica (relative a 41 siti) ammontano a circa 3 miliardi di euro. Spesso in ogni sito conta minato all’inquinamento del terreno e dell’atmosfera è associato quello della falda, dei corpi idrici e delle coste.
Gli interventi di bonifica e ripristino ambientale di Porto Marghera (VE), dei sedimenti lagunari e di aree inquinate ad esse collegate, hanno un costo stimato di oltre 750 milioni e interessano circa 480 ettari di canali. Nel Sulcis Iglesiente sono coinvolti 34 Comuni della provincia di Cagliari; il sito Napoli Orientale interessa 820 ettari di acque costiere. Gli interventi sull’area industriale e sulle discariche annesse di Manfredonia, in Puglia, interessano 8.600 ettari di mare, mentre le aree di Taranto e Statte riguardano 7.310 ettari di mare e 9.800 ettari di saline. La vera, prima opera pubblica di cui l’Italia avrebbe bisogno è quindi proprio questa: bonificare il territorio da decine di anni di sfruttamento e avvelenamenti. Ma sembra davvero una fatica di Sisifo. Innanzitutto, le risorse finora stanziate dallo Stato ammontano a meno di un quinto di quello che serve. Ma non è tutto.
L’ambiente diventa materia di un’ennesima, forse meno macroscopica ma ugualmente dannosa, strategia d’accentramento dei poteri. In due parole: un nuovo conflitto d’interesse. Dalla pluralità di incarichi svolti, infatti, il capo della segreteria tecnica del ministero è persona ubiquitaria e supercapace; è infatti anche avvocato in Roma, commissario all’emergenza idrica alle Eolie, membro del CdA di Sogesid e del CdA dell’Acea di Roma. Ed è verosimilmente prevedibile che anche le risorse per il dissesto idrogeologico saranno gestite da Sogesid. Un’altra dimostrazione della frantumazione delle regole e degli organismi di Garanzia. A perdere saranno solo l’ambiente e i cittadini portatori del diritto naturale alla salute.
Erasmo Venosi (Terranews)

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