COMUNICATO STAMPA DI ALTAMAREA
Perché i dati della campagna mediatica dell’Ilva non sono attendibili
Con il denaro della campagna potevano acquistare il campionatore in continuo
L’Ilva ha acquistato recentemente quattro pagine sui quotidiani locali per magnificare il proprio impegno per l’ambiente e la sicurezza. E in più ha stampato 14 mila libri rilegati con carta patinata e foto a colori. Colpisce subito, in questa vasta campagna mediatica, la quantità di denaro profusa. Calcoliamo che se ogni volume costasse 10 euro, il totale dell’operazione si aggirerebbe sui 140 mila euro. A ciò si deve aggiungere il costo delle pubblicazione delle pagine a pagamento sui quotidiani. Arriviamo ad una cifra considerevole che supera i 150 mila euro.
Considerando che il “campionamento continuo” dei fumi contenenti diossina costerebbe tra i 130 mila e i 140 mila euro, ci chiediamo perché l’Ilva avrebbe speso una somma superiore in pubbliche relazioni invece di fare il campionamento della diossina 24 ore su 24? Perché non pubblicare sul sito Internet dell’Ilva le informazioni a costo
zero?
Dati privi di validità statistica
Ma veniamo al merito della comunicazione. L’Ilva dice di aver ridotto l’inquinamento. Questi sono i dati percentuali sulle “riduzioni stimate” delle emissioni diffuse della cokeria: polveri - 62%; benzene - 27%; IPA - 45%. Chiunque abbia studiato statistica sa che i dati percentuali, presentati in questo modo e privi di verificabilità, sono scientificamente non validi Infatti un dato percentuale di una serie storica ha senso se si riferisce ad un preciso anno e a un preciso quantitativo. Il rapporto dell’Ilva non dice rispetto a che anno sarebbe avvenuta questa riduzione. Rispetto al 1995? Rispetto al 2000?
Rispetto al 2005? Ma soprattutto non è chiaro quali siano i quantitativi attuali e quelli di riferimento storico ai fini del calcolo percentuale. Facciamo un esempio semplicissimo. Se una persona dice di essere dimagrita del 27% ma non dice rispetto a che anno e rispetto a quale peso, quel dato è privo di validità statistica.
Occorrerebbe pertanto conoscere il quantitativo in chilogrammi degli IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici) che attualmente fuoriesce e il corrispondente quantitativo di IPA rispetto a cui si effettua il confronto. Senza questi dati in chilogrammi le percentuali sono prive di senso in quanto sono numeri mancanti di un riscontro concreto.
Dati non validati da ente terzo
E soprattutto sono dati non validati da alcun ente terzo, come ha giustamente osservato il Direttore Generale dell’Arpa Giorgio Assennato. Le tabelle dei dati riportano la dicitura “fonte Ilva”, il che la dice lunga. In altre parole l’Ilva “se la canta e se la suona” senza alcuna validazione di un ente di controllo per cui non possiamo considerare validi scientificamente i dati diffusi su polveri, benzene
e IPA.
Incremento del benzene, degli Ipa e delle polveri
Ma un criterio di raffronto per verificare i miglioramenti e i peggioramenti esiste: sono le dichiarazioni INES dell’Ilva. Pertanto noi ci atterremo unicamente ai dati ufficiali comunicati da Ilva al Ministero dell’Ambiente e validati nell’ambito del registro INES (Inventario Nazionale Emissioni e loro Sorgenti). Attualmente i più recenti dati disponibili sono le dichiarazioni INES 2007 contenenti i dati stimati di emissione 2006. La realtà che emerge è la seguente. Il benzene (cancerogeno) è passato dai 188236 chili del 2002 ai 231387 chili del 2006, con un incremento dell’inquinamento stimato del 22,9%. Gli IPA (cancerogeni) sono passati dai 25913 chili del 2002 ai 35480 chili del 2006, con un incremento dell’inquinamento stimato del 36,9%. Neppure per le polveri la situazione migliora: esse passano da 9707
tonnellate del 2002 alle 11462 tonnellate del 2006, con un incremento del 18,1%.
Contraddizione fra dati INES e dati del Rapporto Ilva
Emerge con assoluta evidenza che l’Ilva ha dichiarato al Ministero dell’Ambiente un aumento delle proprie emissioni inquinanti proprio nel periodo in cui trattava con Comune, Provincia e Regione la cosiddetta “ambientalizzazione” dello stabilimento. In quel periodo l’Ilva ha presentato un cronoprogramma di investimenti che avrebbero dovuto alleggerire le emissioni inquinanti. Alla luce di tutto questi peggioramenti ci stupisce che l’Ilva poi dichiari nel suo Rapporto Ambiente e Sicurezza dei “miglioramenti” che non trovano conferma negli stessi dati comunicati da Ilva al Ministero dell’Ambiente e al registro INES.
Diossina: non verrebbe rispettata la tempistica della legge regionale
Ma ci sono altre stranezze nel Rapporto Ilva. L’adeguamento al valore obiettivo previsto dal Protocollo di Aarhus per la diossina ha, secondo l’Ilva, un “orizzonte temporale” di 2 anni. In tal modo verrebbe violata la legge regionale sulla diossina che fissa tale adeguamento entro il 31 dicembre 2010. Questo punto ci preoccupa fortemente e chiediamo un intervento deciso del presidente della Regione Puglia Nichi Vendola.
I dati “gonfiati” del programma di ambientalizzazione
In conclusione alla “glorificazione” di Santa Ilva, officiata dal Sommo Sacerdote Emilio Riva, contrapponiamo una domanda finale: nel “miliardo di euro impiegato per l’ecologia e per la tutela dell’ambiente” ci sono i settecento milioni di euro del piano di “panna montata” inserito nella documentazione presentata per l’Autorizzazione Integrata Ambientale? Sono passati più di due anni da quando gli ambientalisti e le associazioni cittadine hanno dimostrato che quella cifra si riferiva a 64 proposte di “nuova tecnica” più 2 modifiche di attività, la gran parte delle quali hanno ben poco a che fare con la riduzione delle emissioni inquinanti degli impianti. Ma il patron dell’Ilva continua a dare quei numeri. E’ così che dimostra la sua dimostra la sua disponibilità nei confronti di tutti gli stakeholders fra cui i 193.736 cittadini di Taranto?
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