Il mare di Taranto già nel mirino dal ’96
Forse non diventeremo il Mare del Nord, o le coste della Nigeria. Ma quell’ostacolo che si poneva fra le trivelle Eni e i fondali di Mar grande ora è caduto aprendo scenari nuovi. La firma della Soprintendenza ai beni archeologici della Puglia in calce alla richiesta di un parere sulle perforazioni, richiesta dal ministero per i Beni culturali, alla fine ha permesso all’Eni di avere «le carte in regola» per cercare poco lontano dalle coste tarantine «idrocarburi liquidi e gassosi».
Fidandoci delle carte ministeriali, la ricerca Eni prevede la trivellazione di un solo pozzo a fini esplorativi e l’utilizzo di «linee sismiche» per le altre attività di analisi del sottosuolo. Ma proprio quest’ultimo punto lascia aperte alcune domande sulla vastità e sul possibile impatto delle ricerche e dei futuri eventuali pozzi. L’Eni ha rivisto i «confini» dell’area di Mar grande nella quale effettuare le ricerche, escludendo le zone costiere «di pregio ambientale» e, prim’ancora, i siti di rilevanza archeologica.
La richiesta, in cui si fissano i nuovi limiti di «caccia» al petrolio, è stata presentata nel settembre del 2008 al ministero dello Sviluppo economico. Rapida la marcia di avvicinamento all’obiettivo: a marzo di quest’anno l’Eni ha ottenuto il sì del ministero dell’Ambiente. Lo scenario era profondamente mutato rispetto alla prima richiesta Agip datata 1996 e al parere negativo dei ministeri dell’Ambiente e dei Beni culturali risalente al 2001. Ma l’esclusione delle zone di pregio ambientale e archeologico non convince gli ambientalisti e i pescatori tarantini. Dopo le indiscrezioni della scorsa estate, la levata di scudi è stata quasi simultanea.
I pescatori dell’Agci Pesca di Taranto vogliono impedire le «devastazioni che colpirebbero la fauna e la flora marina». La tecnica di ricerca di idrocarburi detta air-guns (utilizza l’aria compressa «sparandola» nelle profondità marine) ha comunque conseguenze non irrilevanti. L’Eni utilizzerà ancora quella tecnica?
Al di là delle rassicurazioni su un maggior grado di cautela nelle prospezioni sui fondali marini, restano i dubbi: Perché in questi anni l’Eni ha detto poco o nulla alla città? E perché la città non ha fatto domande? Dov’è il cortocircuito del dialogo? La prima richiesta dell’Agip è datata 1996. Scordiamoci il passato, ma il sindaco Stefàno e il presidente della Provincia Florido qualche interrogativo avrebbero potuto sollevarlo. Perché non lo hanno fatto? Perché non lo fanno ancora malgrado l’ok alle ricerche? FULVIO COLUCCI GdM
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