Il 'pacco' per Taranto
L’adulazione è una delle peculiarità che maggiormente caratterizza e contraddistingue il cupo dramma vissuto dalla città di Taranto. Gli attori (la classe dirigente) e i registi (la classe politica), sono i maestri indiscussi nell’arte del doppiogiochismo, dell’insulsa inoperosità, di un peso specifico più lunare che terrestre. A dare il primo ciak subito dopo le elezioni regionali è stata la guida spirituale del capoluogo jonico, Monsignor Filippo Santoro, che al termine della processione del Corpus Domini di mercoledì scorso ha voluto lanciare il proprio appello ai neo consiglieri regionali eletti, quasi fossero pecorelle smarrite cui indicare la retta via: “Chiedo che abbiano davvero a cuore Taranto e la sua provincia”. Ennesime parole vacue, ciclostilate, che da sempre non trovano mai concretezza terrena. Questo il sacro.
Passando al profano, la seconda scena madre del lungometraggio made in terra jonica è stata orchestrata dal presidente della Camera di commercio Luigi Sportelli, con la supervisione di Confindustria. Nel pomeriggio di oggi, infatti, i neo eletti nove consiglieri regionali jonici sono stati convocati attorno ad un tavolo tecnico presso la Sala Consiglio della Cittadella delle imprese per sancire il “Patto per Taranto”. Nome roboante, che ricorda quelli altisonanti scelti per decretare le alleanze tra Stati nel corso delle due guerre mondiali. Peccato però che al di là delle buone (?) intenzioni intrinseche all’incontro, Sportelli sia agli sgoccioli del suo mandato e che dallo scorso luglio 2014 sia partita la riforma delle Camere di commercio, che porterà al dimezzamento del loro numero. In Puglia si passerà dalle 5 attuali a 3, in virtù degli accorpamenti di Bari e Taranto e di Brindisi e Lecce. Il capoluogo jonico dunque diverrà, come già accaduto per l’Autorità portuale, succursale di Bari, figlio illegittimo e malvoluto. Facile dunque intuire quanto lo spazio di manovra, la trama del film, verrà ridimensionata passando sotto l’impietosa scure della censura. Ma a prescindere dalle falle organizzative ratificate dalla famigerata spending review, in quasi 5 anni di presidenza cosa ha fatto Sportelli per favorire lo sviluppo di capoluogo e territorio jonico? Domanda retorica: non ha mai mosso un dito, è stato quiescente.
Le Camere di commercio – per statuto – dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere enti in grado di pianificare lo sviluppo di un territorio, una sorta di cabina di regia – alla Pirlo per intenderci – sempre lesta a smistare palloni filtranti dal centrocampo all’attacco per mandare in gol gli attaccanti. Sportelli arriva dunque fuori tempo massimo, s’è svegliato un po’ tardi. Ma allora perché imbastire questo hollywoodiano cast stellare? Secondo i rumors dei più maligni, Sportelli sarebbe in pole position per ottenere la vice presidenza di questa super camera di commercio inter-provinciale. Pertanto, il sospetto che il tavolo tecnico odierno sia volto non tanto allo sviluppo economico della città bimare quanto mosso da autoreferenzialità e istinto di autoconservazione, è molto alto. Se da un lato Monsignor Santoro addita i neo consiglieri per salvargli l’anima, dall’altro Luigi Sportelli cerca con un colpo di coda di garantirsi un posto nell’Eden terrestre, pagano sì ma di certo più comodo e remunerativo. Egli non è mosso da carità cristiana, ma da tautologici interessi di poltrona. Non si spiegherebbe infatti perché in questi quasi 5 anni, non abbia mai proferito parola in merito alla perdita di importanti finanziamenti per la riqualificazione della Città Vecchia o per il restauro del teatro Fusco. Dov’era Sportelli quando il comune di Taranto non ha saputo presentare in tempo la domanda per ottenere un finanziamento regionale di centinaia di milioni di euro per l’informatizzazione delle offerte turistiche in riva allo Ionio? Non solo. Perché non ha mai alzato la voce per appoggiare lo status di Taranto città metropolitana, nonostante, ottenerlo, fosse negli interessi delle imprese che per 20 anni avrebbero beneficiato di copiosi sgravi fiscali?
Altro aspetto è quello legato ai finanziamenti della Regione Puglia per il Distripark di Taranto, di cui la Camera di commercio è azionista al 25% assieme al comune di Taranto, alla Provincia, e all’Autorità Portuale. La Regione infatti varando il Piano strategico dei trasporti, ha di fatto cancellato ben 35 milioni di euro destinati al Distripark. Sportelli all’epoca non ha battuto ciglio, nemmeno un corrugamento della fronte. Eppure sarebbe stata linfa vitale per il Porto. Avrebbe sicuramente posto in essere le fondamenta per costruire quell’alternativa economica alla grande industria inquinante di cui tutti (s)parlano a (s)proposito. Bene, anzi male. Dovrebbe adesso essere chiaro per tutti quanto, il risveglio del dormiente Sportelli fissato per il pomeriggio di oggi sia velleitario e inconcludente. E’ impossibile infatti cancellare in un solo pomeriggio l’inoperosità di 5 lunghi anni.
La Camera di commercio è il più classico esempio di come la classe dirigente jonica sia impalpabile ed inefficiente, avvolta da disarmante auerea mediocritas, e di come le società pubbliche siano utilizzate, non tanto per lo sviluppo della collettività quanto per favorire avanzamenti di carriera. La trama del patto del Nazareno in salsa jonica è dunque questa: una classe dirigente mediocre al servizio di una politica delle larghe intese mediocre, un elettorato coglionato da pennivendoli mediocri e complici. Se Taranto non merita l’Oscar, poco ci manca.
Cosimo Giuliano Cosmopolismedia
Passando al profano, la seconda scena madre del lungometraggio made in terra jonica è stata orchestrata dal presidente della Camera di commercio Luigi Sportelli, con la supervisione di Confindustria. Nel pomeriggio di oggi, infatti, i neo eletti nove consiglieri regionali jonici sono stati convocati attorno ad un tavolo tecnico presso la Sala Consiglio della Cittadella delle imprese per sancire il “Patto per Taranto”. Nome roboante, che ricorda quelli altisonanti scelti per decretare le alleanze tra Stati nel corso delle due guerre mondiali. Peccato però che al di là delle buone (?) intenzioni intrinseche all’incontro, Sportelli sia agli sgoccioli del suo mandato e che dallo scorso luglio 2014 sia partita la riforma delle Camere di commercio, che porterà al dimezzamento del loro numero. In Puglia si passerà dalle 5 attuali a 3, in virtù degli accorpamenti di Bari e Taranto e di Brindisi e Lecce. Il capoluogo jonico dunque diverrà, come già accaduto per l’Autorità portuale, succursale di Bari, figlio illegittimo e malvoluto. Facile dunque intuire quanto lo spazio di manovra, la trama del film, verrà ridimensionata passando sotto l’impietosa scure della censura. Ma a prescindere dalle falle organizzative ratificate dalla famigerata spending review, in quasi 5 anni di presidenza cosa ha fatto Sportelli per favorire lo sviluppo di capoluogo e territorio jonico? Domanda retorica: non ha mai mosso un dito, è stato quiescente.
Le Camere di commercio – per statuto – dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere enti in grado di pianificare lo sviluppo di un territorio, una sorta di cabina di regia – alla Pirlo per intenderci – sempre lesta a smistare palloni filtranti dal centrocampo all’attacco per mandare in gol gli attaccanti. Sportelli arriva dunque fuori tempo massimo, s’è svegliato un po’ tardi. Ma allora perché imbastire questo hollywoodiano cast stellare? Secondo i rumors dei più maligni, Sportelli sarebbe in pole position per ottenere la vice presidenza di questa super camera di commercio inter-provinciale. Pertanto, il sospetto che il tavolo tecnico odierno sia volto non tanto allo sviluppo economico della città bimare quanto mosso da autoreferenzialità e istinto di autoconservazione, è molto alto. Se da un lato Monsignor Santoro addita i neo consiglieri per salvargli l’anima, dall’altro Luigi Sportelli cerca con un colpo di coda di garantirsi un posto nell’Eden terrestre, pagano sì ma di certo più comodo e remunerativo. Egli non è mosso da carità cristiana, ma da tautologici interessi di poltrona. Non si spiegherebbe infatti perché in questi quasi 5 anni, non abbia mai proferito parola in merito alla perdita di importanti finanziamenti per la riqualificazione della Città Vecchia o per il restauro del teatro Fusco. Dov’era Sportelli quando il comune di Taranto non ha saputo presentare in tempo la domanda per ottenere un finanziamento regionale di centinaia di milioni di euro per l’informatizzazione delle offerte turistiche in riva allo Ionio? Non solo. Perché non ha mai alzato la voce per appoggiare lo status di Taranto città metropolitana, nonostante, ottenerlo, fosse negli interessi delle imprese che per 20 anni avrebbero beneficiato di copiosi sgravi fiscali?
Altro aspetto è quello legato ai finanziamenti della Regione Puglia per il Distripark di Taranto, di cui la Camera di commercio è azionista al 25% assieme al comune di Taranto, alla Provincia, e all’Autorità Portuale. La Regione infatti varando il Piano strategico dei trasporti, ha di fatto cancellato ben 35 milioni di euro destinati al Distripark. Sportelli all’epoca non ha battuto ciglio, nemmeno un corrugamento della fronte. Eppure sarebbe stata linfa vitale per il Porto. Avrebbe sicuramente posto in essere le fondamenta per costruire quell’alternativa economica alla grande industria inquinante di cui tutti (s)parlano a (s)proposito. Bene, anzi male. Dovrebbe adesso essere chiaro per tutti quanto, il risveglio del dormiente Sportelli fissato per il pomeriggio di oggi sia velleitario e inconcludente. E’ impossibile infatti cancellare in un solo pomeriggio l’inoperosità di 5 lunghi anni.
La Camera di commercio è il più classico esempio di come la classe dirigente jonica sia impalpabile ed inefficiente, avvolta da disarmante auerea mediocritas, e di come le società pubbliche siano utilizzate, non tanto per lo sviluppo della collettività quanto per favorire avanzamenti di carriera. La trama del patto del Nazareno in salsa jonica è dunque questa: una classe dirigente mediocre al servizio di una politica delle larghe intese mediocre, un elettorato coglionato da pennivendoli mediocri e complici. Se Taranto non merita l’Oscar, poco ci manca.
Cosimo Giuliano Cosmopolismedia
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