Ai “drammi” che genera la crisi occorre contrapporre il
coraggio delle scelte
Dopo il racconto della crisi nelle sue molteplici angolazioni
(economiche, sociali, ambientali), venne quello della lunga fase
dell’elaborazione del pensiero, prima, e della proposta, poi. E’ stato
un periodo intenso al quale si è appassionato l’intero Paese (e non
solo), impressionato dalle notizie che provenivano dal nostro
territorio, “abbruttito” dai danni provocati da un sistema industriale
che si disvelava, sempre più, nei suoi eccessi.
Arrivarono, poi, invocate a gran voce, le prime misure che dovevano “porre rimedio ai guasti”. Gli Esecutivi di turno non si sono risparmiati, legiferando a ritmi sempre più intensi e con idee diverse, plasticamente modificate, per rimediare a ciò che verificavano come inefficace.
L’ultimo atto (cfr. D.L.n.1/2015) ha, addirittura, stravolto i canoni e la cultura industriale del Paese, giungendo non solo all’”esproprio” dell’azienda, ma anche al “sequestro” dei beni della proprietà, per risanare la fabbrica e l’ambiente circostante.
In sostanza, la traduzione di quel principio sacrosanto del “chi inquina paga” (principio, tuttavia, dannatamente complesso da tradurre in atti concreti).
La storia di questi anni (non certo quella degli improbabili protagonisti che l’hanno causata) non costituirà solo un “patrimonio letterario”, ma sarà tale da modificare la storia e, conseguentemente, la cultura industriale del nostro Paese.
Un aspetto, questo, del quale poter sì andar particolarmente fieri…ma solo nel caso in cui se ne comprenderà, sino in fondo, la reale portata. Ed è questo il punto sul quale, ora, occorrerà lavorare.
E’ arrivato, dunque, il momento della responsabilità; quello nel quale i soggetti, che, a vario titolo, occupano ruoli e funzioni istituzionali, dovranno, per l’appunto, agire responsabilmente.
Occorre esporre, con chiarezza, il proprio pensiero, la propria posizione, sui singoli provvedimenti e accadimenti in atto; è giusto che ognuno sappia e giudichi il comportamento di ciascuno di noi; i tatticismi e le “furbate” vanno messe al bando.
Gli sforzi, tesi a far ripartire il processo di sostenibilità della fabbrica nella sua più ampia accezione, sono in corso di svolgimento da diversi mesi; faticosamente, arrivano anche le risorse per realizzarli. Poi, un nuovo dramma si abbatte e si materializza nell’ennesimo incidente sul lavoro.
La scomparsa di una vita umana impone il silenzio, il rispetto, la vicinanza ai parenti. Diventa difficile affrontare aspetti prettamente materiali a fronte di una tragedia che sconvolge l’intera comunità. Perdere la vita per il lavoro è cosa difficile da accettare: morire per far vivere sé ed i propri cari è un’idea insopportabile!
Poi, ricomincia la storia.
Gli Organi “inquirenti” faranno, come sempre hanno fatto, il loro lavoro; individueranno colpe e responsabilità; ma esprimiamo, sin d’ora, l’auspicio che questa indefettibile operazione non comprometta quei percorsi di “futuro” dei quali, ad oggi, il territorio (ma anche l’intero Paese) non può fare a meno.
Riscrivere un progetto prospettico dignitoso per i nostri ragazzi, fatto di un lavoro più sicuro e onesto, che si emancipi dagli eccessi del passato (le cui responsabilità, sia chiaro, dovranno avere un volto ed un nome, anche se ci vorrà del tempo) è un compito al quale non possiamo sottrarci.
Ma, ora, ritroviamo la forza e la concentrazione per riprendere la strada difficile che ci attende già dalle prossime ore, rifuggendo dalla tentazione di rimettere in discussione tutto quanto sino ad ora fatto e con la consapevolezza che, nel giro di pochi mesi, il quadro politico è profondamente mutato.
Mutate appaiono le stesse azioni messe in atto da un Esecutivo che sembra perdere quella forza, che pur aveva mostrato azionando, non senza contrasti, un profondo processo riformatore.
La (sempre più preoccupante) crisi greca, che angoscia e mina la tenuta del quadro europeo; la conclamata disaffezione degli Italiani nei riguardi del ceto politico (il consenso di chi governa a tutti i livelli non eccede la soglia del 20%), le misure economiche che non incidono a sufficienza e non generano nuova occupazione; gli episodi interminabili di corruzione, sono, tutti, aspetti destinati a minare, rapidamente e profondamente, la tenuta politica del Paese. In un contesto simile, l’emergenza di Taranto corre il rischio di essere, rapidamente, derubricata nell’agenda politica del Governo: occorre prestare molta attenzione.
Il quadro economico del territorio versa in stato di fortissima precarietà: basta guardarsi intorno. La fragile economia che ha generato il Porto negli ultimi quindici anni si è letteralmente dissolta: TCT chiude i battenti e mette in angoscia 540 lavoratori e le relative famiglie. I circa tremila dipendenti di Teleperformance sono “obbligati” a raggiungere un accordo entro il mese di giugno per scongiurare un altro abbandono. Le partecipate della Provincia (Isolaverde) sono legate all’esile filo di improbabili finanziamenti (da reperire non si sa bene dove). Gli “artisti” del Paisiello forse salvano il posto di lavoro, ma difficilmente l’Istituto.
Lo avevamo, abbondantemente, annunciato: un territorio che vive una “transizione” troppo lunga, legata unicamente al ricorso agli ammortizzatori sociali, può facilmente sprofondare nel baratro di una ripresa che tarda ad arrivare, non solo per noi, ma per l’intero Paese.
Ed ora, invece, sappiamo (e ne siamo, fermamente, convinti) che è indispensabile tracciare linee direttive e, conseguentemente, porre in essere soluzioni legittime per la salvaguardia del nostro Territorio e per il rilancio del nostro sistema manifatturiero.
In questi momenti, davvero drammatici, non si deve smarrire quel senso di responsabilità che deve informare ogni momento delle nostre azioni; dobbiamo recuperare e rendere produttive tutte quelle attività economiche che possano portare ricchezza e occupazione al nostro territorio, superandone divisioni e contrasti.
Ma occorrere trasmettere la stessa forza e lo stesso coraggio a quanti, oggi, si impegnano per realizzare quei progetti, mettendo a rischio la propria integrità umana prima ancora di quella professionale.
Questo è, davvero, il momento della “responsabilità”!
Giancarlo Turi, Segretario Generale UIL Taranto
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