giovedì 18 giugno 2015

Gli conveniva continuare a latitare...

Ilva, confermata la condanna per truffa a Fabio Riva

La Corte d'Appello conferma la condanna per truffa a carico di Fabio Riva. La quarta Corte d'Appello penale di Milano ha confermato la condanna a sei anni e sei mesi per Riva, accusato di associazione per delinquere e truffa. I giudici hanno confermato anche le condanne per gli altri imputati: cinque anni per Alfredo lo Monaco, amministratore della società svizzera Eufintrade sa, e tre anni per Agostino Alberti, ex dirigente del gruppo Ilva. Confermata la multa da 1,5 milioni di euro per la riva fire e la confisca complessiva di 90,8 milioni di euro e una provvisionale da 15 milioni di euro da versare al ministero dello sviluppo economico, parte civile nel procedimento. Le motivazioni saranno rese note entro 90 giorni.
Riva, rientrato in Italia il 5 giugno scorso dalla latitanza a Londra e da allora in carcere, era presente in aula. In primo grado, nel luglio scorso, Riva era stato condannato a sei anni e mezzo di reclusione. "Faremo ricorso in Cassazione, la società Riva Fire non doveva essere coinvolta" nel processo per associazione per delinquere e truffa arrivato oggi alla sentenza di appello, ha detto l'avvocato Carlo Paliero, difensore della società imputata per la legge 231/2001 sulla responsabilità amministriva degli enti.
Il processo riguarda una presunta truffa ai danni dello stato dell'ammontare di circa 100 milioni di euro, che sarebbe stata realizzata attraverso l'ottenimento di contributi pubblici, erogati da Simest (controllata da Cassa depositi e prestiti), per il sostegno alle imprese italiane che esportano. Secondo l'ipotesi accusatoria, il gruppo della famiglia Riva avrebbe ottenuto indebitamente contributi pubblici, interponendo in una serie di operazioni a Ilva spa la società svizzera del gruppo, Ilva sa. La legge Ossola, che sarebbe stata raggirata, prevede che a fronte di dilazioni di pagamento tra i 2 e i 5 anni da parte di acquirenti esteri, le imprese italiane possano accedere a contributi erogati da Simest.
Per l'accusa, l'Ilva spa non avrebbe avuto diritto a questo tipo di sostegno, data la natura dei pagamenti ricevuti, e quindi è stata interposta in molte operazioni l'Ilva sa, la quale, nonostante non avesse alcun ruolo operativo o produttivo, risultava l'acquirente dei prodotti dell'Ilva e la società che aveva effettuato i contratti con gli acquirenti esteri. Ilva sa emetteva nei confronti di Ilva spa delle cambiali internazionali (promissory notes), che con l'interposizione della società svizzera Eufintrade, permettevano a Ilva spa di avere i requisiti per ottenere i contributi pubblici, quando la società Ilva sa, che faceva parte dello stesso gruppo, incassava i pagamenti dall'estero senza ritardi o dilazioni. (Rep)

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