Riva è accusato, in concorso con altri, di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento delle sostanze alimentari, all'omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro, corruzione, falso e abuso d'ufficio, ed è tra i 52 imputati per i quali la procura di Taranto ha chiesto il rinvio a giudizio. L'imprenditore risultava latitante dal novembre di tre anni fa: era stato arrestato a Londra il 21 gennaio 2013 (tornò libero su cauzione) ed aveva ingaggiato una battaglia legale per evitare il rientro in Italia.
Dopo che la Corte inglese ha dato il suo assenso all'estradizione, Riva ha deciso di non presentare appello e l'altra sera si è consegnato ai finanzieri. Appare scontato che la difesa presenti una istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare e, in subordine, di trasferimento al carcere di Milano. Un modo per consentire all'indagato - che era destinatario di una seconda misura restrittiva emessa dal gip del tribunale lombardo Fabrizio D'Arcangelo - di avvicinarsi alla famiglia e di partecipare alle udienze del processo d'appello per una presunta truffa ai danni dello Stato da circa cento milioni di euro, per cui Fabio Riva è stato già condannato in primo grado a 6 anni e mezzo di carcere.
La difesa dell'imprenditore, davanti ai giudici della Westminster Magistrates Court di Londra, aveva anche lamentato una persecuzione politico-giudiziaria e parlato di "condizioni disumane" delle carceri italiane, dalle quali ora l'ex amministratore dell'Ilva prova ad uscire in fretta. (Giacomo Rizzo - Ansa).
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