venerdì 28 maggio 2010

ILVA DI TARANTO UNA STORIA DOLOROSA...

Un bellissimo articolo pubblicato su Meteoscenze.it

Oggi Meteoscienze vuole raccontarvi una storia, per raccontarla mi avvarrò di un ottimo articolo scritto di Giovanni Acquaviva da cui ho preso gli spunti storici per raccontare la lunga vicenda dell’acciaio a Taranto. Tutto, spiega Giovanni Acquaviva, iniziò nel 1954 quando ad un congresso nazionale della Democrazia Cristiana, che si svolse a Napoli, l’allora ministro delle Finanze, Ezio Vanoni, ottimo economista, affermò che in prospettiva nel mondo si profilava un grande consumo di acciaio per cui, se si voleva, pensare concretamente allo sviluppo del Mezzogiorno, così come si era iniziato a fare con la riforma fondiaria, con la Cassa del mezzogiorno con il risanamento dei Sassi di Matera,si poteva prevedere l’impianto di una grande acciaieria. In quello stesso periodo, spiega lo storico tarantino la città bimare stava passando uno dei suoi periodi più bui dal punto di vista occupazionale l’arsenale e i cantieri navali – superato il periodo prebellico e bellico, durante il quale avevano lavorato a pieno ritmo con maestranze di alta specializzazione - licenziavano a tutto spiano, il Cantiere Navale Tosi minacciava di fallire, tanto che tutte le componenti civili economiche e sociali della città di Taranto videro la prossima costruzione di un grande polo siderurgico nel capoluogo ionico, decisa nel 1958, una grande occasione di sviluppo e di uscita dalla crisi economica e sociale che attanagliava la città.

L’ubicazione scelta per la costruzione di questa faraonica struttura fu decisamente singolare come vedremo, allora, infatti anche se non si parlava ancora di ambiente (la prima legge sull’inquinamento atmosferico fu emanata nel 1966), la materia era regolamentata da un regio decreto del 1934 (art.216 n.1264 e 217 n.1625) in cui si regolamentava la possibilità dell’insediamento di un’azienda in una zona abitativa e la responsabilità demandata al sindaco. A tal proposito riportiamo la parte più significativa dell’articolo 217 (Testo Unico sulle leggi sanitarie) in cui si evincono già all’epoca delle gravi responsabilità da parte di quelle vecchie amministrazioni locali che permisero uno scempio inaudito.
Quando vapori, gas o altre esalazioni, scoli di acque, rifiuti solidi o liquidi provenienti da manifatture o fabbriche possono riuscire di pericolo o di danno per la salute pubblica, il Sindaco prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza. Nel caso di adempimento il Sindaco può provvedere d’ufficio nei modi e termini stabiliti nel testo unico della legge comunale e provinciale.
Purtroppo per Taranto questi minimi vincoli furono ignorati, come abbiamo avuto già modo di dire, il problema occupazionale superò di gran lunga le ancora poco considerate esigenze di salute pubblica e quindi, si permise di erigere il “mostro d’acciaio” ad un chilometro dal Cimitero della città bimare e da uno dei più popolosi quartieri di Taranto (Rione Tamburi). Il 9 luglio fu posta la pietra al IV Centro siderurgico; un anno dopo, nel ’61, partivano i primi tubi destinazione Unione Sovietica, dall’ingresso della via per Statte (allora quartiere di Taranto). Da quel giorno in poi la storia di Taranto non fu più la stessa, anni di grande espansione economica e di indubbio sviluppo seguirono, con il Polo Siderurgico che divenne il fiore all’occhiello del meridione d’Italia e ben presto la più grande acciaieria a caldo d’ Europa. Le cose cambiarono alla fine degli anni ottanta, quando la spinta alle privatizzazioni e una prima forte crisi dell’indotto dell’acciaio portarono alla crisi della siderurgia italiana con la liquidazione di Italsider e Finsider. Con la nascita della "nuova" Ilva che fu smembrata alla vigilia del processo di privatizzazione, con la chiusura dell’ l'impianto di Cornigliano e di quello di Bagnoli, con la vendita dell’acciaieria di Piombino al gruppo bresciano Lucchini, e l'attività più significativa, il grande polo siderurgico di Taranto, ceduto nel 1995 al Gruppo Riva. Da quel momento in poi il Polo Siderurgico tarantino si destreggiò fra una imponente azione di ristrutturazione al fine di dare vita ad un impianto moderno e la sempre più pressante ostilità di un montante movimento ambientalista volto al superamento della siderurgia a caldo nel territorio ionico, troppo obsoleta per essere ristrutturata efficacemente dal punto di vista ambientale, troppo vicina al cuore pulsante della città per non essere profondamente nociva. Oggi alla vigilia di un’importante appuntamento domani a Taranto, ultima di una serie d’iniziative a livello territoriale, questo sito vuole appoggiare vivamente il tentativo del popolo di Taranto di svincolarsi definitivamente dal giogo occupazionale dell’impianto industriale più inquinante d’ Italia, secondo l’ultimo rapporto di Lega Ambiente, la nostra testata vuole da oggi con video e approfondimenti rendere nota alla più grande platea possibile il grande scempio che ogni giorno si consuma di uno dei più bei territori della nostra penisola. Domani a tal proposito Meteoscienze dedicherà l’intera giornata al sit-in presso palazzo di Città a Taranto “Subito un ordinanza per la Chiusura della Cokeria dell’ILVA” volto a convincere il sindaco di Taranto ad emanare una ordinanza per la chiusura di uno dei reparti più inquinanti del Siderurgico di Taranto, la Cokeria, dove il carbone viene distillato per arricchirlo in carbonio, e renderlo utile a generare la Ghisa, producendo benzoapirene (che fa parte degli idrocarburi policlici aromatici, tra i principali imputati dell’inquinamento atmosferico), il biossido di azoto e il biossido di zolfo; le polveri sottili, che nell’aria si annidano impercettibilmente, depositandosi infine nei polmoni con effetti devastanti. Non perdete dunque domani i video del sit-in.

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