Una distesa di fusti radioattivi a due passi dall'Ilva, il ministro: "Lavoriamo a piano di emergenza"
Una bomba radioattiva alle porte dell'Ilva. A qualcuon il deposito Cemerad a pochi passi dal centro abitato di Statte, in provincia di Taranto, non dirà molto. Si tratta di un vecchio capannone di lamiera scoperto nel 1995 dalla Forestale e mai bonificato. Una storia che si intreccia con il traffico di rifiuti radioattivi in Italia negli anni '90. Oggi nel deposito ci sono ancora 16.724 fusti: di questi 3.344 contengono rifiuti radioattivi (tra cui materiale sanitario e filtri ex Ilva) mentre nei rimanenti 13.380 ci sono rifiuti decaduti. Dati confermati oggi dal ministro Gian Luca Galletti nel corso del question time alla Camera sulle iniziative per la messa in sicurezza del sito.Per disinnescare questa bomba ci sono due scenari. Sono quelli presentati qualche settimana fa dal sindaco di Statte, Angelo Miccoli, in un incontro in Prefettura a Taranto: "Il piano A prevede la caratterizzazione in loco di tutti i rifiuti". Per far questo è prevista la creazione di un nuovo capannone attiguo a quello vecchio, in cui trasportare tutti i rifiuti. Quelli speciali potrebbero essere smaltiti, mentre per i rifiuti radioattivi dovrebbero essere individuati siti idonei. Questo piano costerebbe circa 5 milioni di euro. Ma il Comune ha presentato anche il piano B, del costo di circa 10 milioni di euro, che prevede il coinvolgimento del ministero dell'Ambiente e della Protezione civile e consiste nella rimozione immediata di tutti i rifiuti.
Il capannone ha una storia a dir poco tormentata e risulta abbandonato da 19 anni. La Cemerad di Giovanni Pluchino riceveva, infatti, rifiuti radioattivi da tutta Italia. Dal 1995, quando il capannone fu scoperto da parte della Forestale, ad oggi, non è stata compiuta alcuna bonifica. La Cemerad srl, invece, è fallita nel 2005; operava nella raccolta di rifiuti radioattivi da applicazioni medico-industriali. Da oltre dieci anni il deposito è sotto sequestro preventivo con affidamento in custodia giudiziaria all'assessore all'Ecologia del comune di Statte.
Ora però i timori per questa bomba ecologica sono arrivati anche a Roma. "Il 10 dicembre 2014 - ricorda Galletti- il prefetto di Taranto ha segnalato che il Comune di Statte ha fatto pervenire una relazione con i quadri economici di due ipotesi alternative di intervento, quantificando in 5 milioni e 125.000 euro i costi relativi all'ipotesi di caratterizzazione dei fusti in loco e successivo smaltimento dei rifiuti speciali non radioattivi, e in 9 milioni e 24.600 euro quelli relativi all'allontanamento di tutti i fusti per il successivo avvio allo smaltimento. Quest'ultima ipotesi - fa presente il ministro - risulterebbe attuabile solo mediante ricorso a procedure di urgenza". "Ad aprile 2012 l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha effettuato un sopralluogo", spiega ancora Galletti. L'Ispra ha riferito di "aver appreso dal Comune di Statte che lo stesso aveva già acquisito un progetto esecutivo per la caratterizzazione dei rifiuti radioattivi presenti nel deposito, per una spesa di 1,5 milioni di euro", operazione propedeutica al trasferimento dei rifiuti in un deposito idoneo.
"Il capo della Protezione civile ha evidenziato che la soluzione definitiva del problema deve trovare opportuna copertura finanziaria nelle risorse ordinarie della regione Puglia e delle altre amministrazioni locali interessate", aggiunge poi il ministro dell'Ambiente, ricordando che "il ministero è in contatto continuo con la prefettura di Taranto e segue con la massima attenzione tutto l'evolversi della vicenda, avendo come obiettivi prioritari la piena sicurezza ambientale dell'area e la salute dei cittadini".
"In qualità di presidente della commissione Ecomafie - dice il deputato del Pd, Alessandro Bratti - ho scritto al presidente del consiglio: questa è una situazione da risolvere non in breve ma in brevissimo tempo, per non dire dopo 'l'avevamo detto'. Il deposito si trova a soli 15 km dall'Ilva, la situazione è serissima". (Rep)
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