Il presidente indotto che non vede estesa tutta la sua induzione all'intera città si domanda perché i Tarantini non scendano in piazza per difendere la "sua" fonte di reddito.
Evitiamo di elencare qualche decina delle mille "ragionevoli ragioni" che ad ognuno di noi balzerebbero alla mente e gli giriamo una domanda.
Dov'erano lui, l'indotto, le masse di operai, i sindacati, i camion, e tutti quelli che lavoravano zitti zitti con lo stipendio assicurato quando la città manifestava per chiedere leggi certe sulla grande industria?
Forse era a pranzo in qualche buon ristorante?
Forse preparava comunicati stampa per sostenere le tesi dei Riva sulla mortalità dei Tamburi per fumo di sigarette?
Forse collaborava a mandare in strada migliaia di operai con gli striscioni prestampati e i sacchetti per il pranzo?
Lo sa lui.
E il suo amico Indottolo che oggi si guarda intorno e non trova nessuno.
"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare."
(B. Brecht)
Crisi dell'indotto, Cesareo: «l'Ilva rischia di chiudere ma la città è indifferente»
Nonostante ci siano state nei giorni scorsi, rassicurazioni da parte dei commissari Carruba e Laghi circa le criticità del comparto, ad oggi non si hanno garanzie. Nel frattempo Gnudi intima il rientro al lavoro per l'esecuzione dei contratti pena l'inadempimento da parte delle imprese, «dimenticando però- commenta Cesareo- che il primo inadempiente è proprio l'Ilva perché è venuta meno al pagamento degli stipendi da diversi mesi».Nonostante gli sforzi delle imprese «la problematica dei crediti che vantano le nostre imprese, non è stata adeguatamente risolta dal Governo». Per tali ragioni, gli industriali temono che « lo stabilimento in assenza di un'iniezione di liquidità immediata rischia di spegnersi per mancanza di materie prime». Le imprese, come più volte annunciato, sono al collasso, colpa anche di un Governo che «ci ha buggerato per oltre due anni, dal momento che non ci sono mai stati garantite le risorse necessarie. Il governo non può chiedere senza dare nulla ai tarantini». Il presidente di Confindustria chiede il sostegno anche delle altre associazioni di categoria della città, dai commercianti agli artigiani. «Rischia di venir meno un elemento portante dell'intera economia del territorio. - queste le sue parole- Si tratta non solo di una disdetta ma della morte per Taranto». Cesareo poi precisa che «ci rifiutiamo di chiudere l'Ilva e faremo tutto il possibile, fino all'ultimo giorno, per tenerla in vita, ma nessuno potrá addebitare alle imprese di Taranto la responsabilità della sua chiusura». Prevarrà quindi il senso di responsabilità degli industriali. Gli imprenditori faranno ancora una volta forza sulle loro risorse personali, almeno finché potranno.
Cesareo si scusa poi con i cittadini, per i disagi che le manifestazioni dei lavoratori dell'indotto hanno creato la scorsa settimana, «ma dispiace ancora di più – prosegue- che una città intera non partecipi alla soluzione del problema e che sia invece completamente assente ed indifferente nel dimostrarci il proprio sostegno. Sembra che il problema sia solo degli imprenditori, ma il tema dell'Ilva interessa l’economia dell'intera Provincia e Regione. Tutta la comunità dovrebbe insorgere, tutti dovrebbero interrogarsi sulla prospettiva di una città la cui economia si spegne». (Cronachetarantine)
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