sabato 24 gennaio 2015

Armageddon casereccio

Martedì Ilva annuncia la cassa integrazione

La pioggia battente che cade su Taranto alle 6 della sera scioglie i blocchi stradali degli operai dell’indotto Ilva sulle statali per Bari e per Reggio Calabria, ma non scioglie la paura per il futuro. Anzi, semmai l’aumenta. Perchè su un’Ilva ormai allo stremo, stretta tra le imprese che non lavorano più da lunedì, materie prime che mancano, impianti fermi e blocco dei trasportatori, piomba un’altra tegola: la cassa integrazione. Ieri, infatti, l’Ilva, che si avvia all’ amministrazione straordinaria a causa della pesante esposizione debitoria, ha convocato per martedì sera i sindacati metalmeccanici al ministero dello Sviluppo per aprire il discorso della cassa integrazione in tutto il gruppo.
I contratti di solidarietà, sottoscritti due anni fa, sono infatti terminati e l’Ilva ricorre ad un altro ammortizzatore sociale, la cassa integrazione appunto, per gestire una nuova fase critica.
Quanti saranno gli interessati, lo si vedrà martedì e nelle fasi successive. Pare che possano essere numeri un po’ più alti rispetto alla solidarietà che c’è stata sinora, dice Antonio Talò, segretario della Uilm di Taranto. Mentre Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl, annuncia che si tratterà di «numeri importanti». Sottoscritta per due anni di seguito per circa 3500 lavoratori, la solidarietà a Taranto - meno ore di lavoro e meno retribuzione - non ha mai raggiunto questo livello ma si è fermata in una fascia compresa tra i 1500 e i 1800. Adesso, fra coloro che ne usufruiscono, ci sono i lavoratori Ilva resi inattivi dalla fermata di alcuni impianti per crisi di commessa o mancanza di materie prime come il Tubificio 2, i Rivestimenti, il Treno Nastri 1 e le Zincature 1 e 2. Prossimamente potrebbe toccare al personale dell’altoforno 5, il più grande dell’Ilva, che, secondo la Uilm, è destinato a fermarsi al più presto per i lavori di rifacimento.
Come sta ormai accadendo da lunedì scorso, quando a manifestare per primi a Roma, in piazza Montecitorio, sono stati gli imprenditori dell’indotto, anche la giornata di ieri è stata segnata dalle proteste. Gli operai delle imprese prima hanno bloccato la statale per Reggio e poi hanno fatto altrettanto su quella per Bari, già occupata, ma per meno tempo, il giorno precedente. Chiaro il messaggio del presidio: i commissari dell’ammi - nistrazione straordinaria e il Governo devono garantire, oltre al risanamento dell’Ilva, anche la tenuta dell’indotto assicurando il pagamento dei crediti. Una partita da 150 milioni di euro, dice Confindustria Taranto, che implica per le imprese la possibilità di sopravvivere e per i dipendenti di ricevere gli stipendi, visto che in alcuni casi le aziende devono ancora saldare le retribuzioni di sei-sette mesi fa. Dopo quelle fornite l’altro ieri dai commissari Piero Gnudi, Corrado Carrubba ed Enrico Laghi, oggi potrebbero arrivare nuove assicurazioni su questo fronte. Mentre Salvatore Tomaselli, senatore Pd e relatore del decreto legge Ilva, annuncia che «si lavora con gli emendamenti, che saranno presentati tra martedì e mercoledì, alla ridefinizione del perimetro dei fornitori strategici. Oggi - dice - la norma dell’amministrazione straordinaria è generica, noi invece vogliamo garantire tutto l’indotto partendo proprio da Taranto». Allo studio, inoltre, la possibilità di garantire alle imprese, sempre per i crediti maturati e non pagati dall’Ilva, un plafond di circa 150 milioni di euro «con l’assistenza del Fondo centrale di garanzia. Su questi due emendamenti - afferma Tomaselli - c’è già l’assenso del Governo e del ministro Federica Guidi».
In quanto alla mobilitazione, stamattina lavoratori e sindacalisti si ritroveranno davanti al Municipio di Taranto, diventato il loro quartier generale dopo che il sindaco Ezio Stefàno ha messo a disposizione l’aula del Consiglio comunale. Qui decideranno che fare sia oggi, sia nella prossima settimana. Infine, si terrà infine lunedì mattina un’autoconvocazione degli imprenditori davanti alla Prefettura. Altre ore difficili attendono Taranto. (GdM)

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