La revisione del Codice ambientale ha fatto ieri una nuova tappa del percorso. E stato infatti licenziato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri di ieri il provvedimento che modifica la parte I (disposizioni comuni), II (Via/Vas/Ippc) e V (Aria) del Dlgs 152/2006 e una volta pubblicato in Gazzetta Ufficiale sarà definitivamente legge.
Il provvedimento era stato approvato in via preliminare dal CdM dello scorso 13 maggio, ha quindi acquisito i pareri che prevedono modifiche, presentati negli ultimi giorni dalle competenti commissioni di Camera e Senato e dalla Conferenza Unificata Stato/Regioni, convocata appositamente in seduta straordinaria il 22 giugno scorso, dato che i tempi per le modifiche sarebbero scaduti entro il prossimo 30 giugno.
Le nuove modifiche intervengono innanzitutto a chiarire una questione di principio: l'ambiente è un bene meritevole di tutela in sé e non più in quanto strumentale alla qualità della vita umana. E i principi generali sono adottati in attuazione del dettato costituzionale, degli obblighi derivanti dal diritto internazionale e dal diritto comunitario. Eventuali deroghe, modifiche o abrogazioni sono previste purché garantiscano anche il rispetto delle competenze delle regioni e degli enti locali.
Il correttivo nella parte I delle disposizioni comuni richiama e codifica i principi fondamentali dell'azione ambientale: il principio di precauzione, la nozione di prevenzione, il principio della correzione dei danni provocati all'ambiente, il principio ‘chi inquina paga' che individua i soggetti che hanno l'obbligo di farsi carico dei costi derivanti dall'attività di prevenzione dei rischi nonché di riparare i danni eventualmente provocati, siano esso soggetti pubblici o privati. E recepisce inoltre anche il principio, in linea con alcune sentenze della Consulta, che nei casi in cui è previsto il potere sostitutivo del Governo, rimane salvo il potere delle regioni di prevedere poteri sostitutivi, in caso di inerzia o inadempimento di un ente competente, come può essere il comune.
Nelle modifiche alla Parte II spicca l'ingresso ufficiale della disciplina sull'autorizzazione integrata ambientale (Aia) nel Codice ambientale.
L'Aia, nel caso di opere di competenza statale viene assorbita dalla procedura di Valutazione di impatto ambientale (Via), pertanto quando questa è obbligatoria, il proponente è dunque obbligato a presentare da subito la documentazione delle informazioni richieste anche per l'Aia.
L'ultima parte del correttivo si riferisce alla Parte V, ovvero quella che riguarda la tutela della qualità dell'aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera.
In questo caso le novità riguardano una revisione concettuale della nozione di impianto.
Da quanto scrive Italia oggi, infatti, nel correttivo non si parla più di impianto, inteso come elemento singolo che svolge una determinata attività, ma di stabilimento, ovvero il complesso di uno o più impianti presenti in una determinata area. Una rivisitazione importante ai fini delle emissioni e che sembra destinata a portare una rivisitazione a cascata di tutte le norme che attualmente regolano la materia e che si riferiscono ai singoli impianti.
Le modifiche attribuiscono poi al ministero dell'Ambiente il controllo delle piattaforme off-shore e dei terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto off-shore.
Cambia anche la durata dell'autorizzazione ai limiti di emissione non più di quindici ma di dieci anni e l'autorità competente può imporre il rinnovo anche prima della scadenza se risulti necessario per rispettare i valori prescritti dai piani regionali.
Sarà un nuovo decreto del ministero Ambiente a rivedere gli attuali valori limite alle emissioni previsti negli allegati del dlgs 152/2006, con la possibilità però da parte delle autorità competenti di stabilire valori limite più stringenti in sede di adozione dei piani e dei programmi di qualità dell'aria.
Quindi i piani regionali di qualità dell'aria acquisiscono il potere di imporre nuovi requisiti tecnico-costruttivi e valori limite di emissione più severi di quelli statali.
Servirà poi un'autorizzazione anche per le modifiche degli impianti, così come il trasferimento di uno stabilimento da un luogo ad un altro, a differenza di quanto previsto nel testo approvato a maggio che lo imponeva solo per i nuovi impianti.
Nel correttivo vengono infine elencati gli impianti e le attività in deroga, in particolare per gli impianti termici civili si precisa che la disciplina speciale si applica soltanto a quelli con potenza termica nominale inferiore a 3 MW, mentre sono invece sottoposti alla disciplina ordinaria gli impianti con potenza termica nominale uguale o superiore a 3 MW in quanto non si differenziano, sul piano delle emissioni in atmosfera, dai normali impianti industriali. (greenreport)
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