venerdì 23 maggio 2008

Sepolcri imbiancati

L'ultima frontiera dell'artificialità è il ritorno alla natura

Ieri si è tenuto a Bari un convegno intitolato "Pensare ad un futuro cromatico in architettura" per presentare un Forum sul Pensiero a Colori.
Tra gli interventi, un paio hanno colpito per la straordinaria impostazione dialettica che si basa sull'accostamento tra la tecnologia spinta e il recupero della dimensione naturale o storica.

"[...] Nella costante esigenza di attuare interventi conservativi meno invasivi, più cauti e consapevoli e più rispettosi della materia storica, una strada da percorrere è quella dei materiali di nuova generazione e dell'indagine tecnologica innovativa che può risultare più efficace e più affidabile: a questa strada appartengono le nanotecnologie e i nanomateriali, che possono contribuire ad affrontare in maniera innovativa diverse problematiche irrisolte sui temi della conservazione e della protezione dei materiali e a rivedere le attuali metodologie operative ed i prodotti esistenti sul mercato, partendo dallo studio su scala nanometrica della materia da restaurare. [...]"

La tecnicistica riproduzione del mondo nel presepe vivente del nostro piccolo atelier scientifico accresce di giorno in giorno il distacco dall'en plain air del rapporto di conoscenza diretto, dall'esperienza dell'immersione, dalla com-passione.
Siamo pronti a puntare il microscopio su qualsiasi angolo della natura e su noi stessi, sempre più convinti che la soluzione di ogni problema sia a livello sub-atomico o sub-liminale.

Se ho la febbre, nessuno si prende cura di me come persona, però mi mostreranno il nemico: un virus grande un milionesimo della punta di un ago e mi faranno inghiottire una molecola agguerritissima. Se sono ricco potrò chiamare il tecnico cerebrale che mi dirà di ascoltare un'aria di Mozart, di annusare una carruba secca o di indossare una maglia rossa, ma di un rosso particolare, altrimenti rischierei di eccitarmi e saltare addosso al primo passante.

Un edificio si restaura grattando via particelle di materiale e facendole combattere in vitro contro gli agenti del tempo e dell'inquinamento, magari armato delle nostre nanospade. La storia, quella dell'arte, delle vite che si sono avvicendate in esso, dei materiali che sono stati prodotti e impastati da mani esperte e che, come noi, nascono, vivono e muoiono inevitabilmente, le storie sono secondarie alla conoscenza infinitesimale degli anfratti dell'invisibile.

La natura si comprende in studio, facendo scontrare le particelle e catalogandone i cocci oppure inserendo miliardi di variabili in computer sempre più potenti in grado di simulare, riprodurre virtualmente scenari futuri in cui testare ognimicroscopica variazione d'origine.
La mela è caduta realmente per l'ultima volta sulla testa di Newton. Da allora continua a ripetere il suo movimento nel loop infinito dei libri di scuola, dei laboratori, dei software di rendering.
Ma che sapore aveva quella mela?


Arriviamo al clou. Jorrit Tornquist è un "artista del colore" che ha smontato la natura della percezione per ricreare alchimie virtuali in grado di pilotare la nostra attenzione.
Ieri ha detto:


"Il colore non esiste, è una grandiosa invenzione della nostra mente, per cogliere informazioni su ciò che ci circonda e su noi stessi.
Il mondo pullula di frequenze elettromagnetiche, una minima parte dello spettro la usiamo per crearci immagini, ma una larga fascia governa il nostro bioritmo da uno stato d’animo all'altro.

La nostra percezione visiva si è evoluta, direi specializzata, per cogliere i segnali che sono necessari al la nostra sopravvivenza; il resto del campo visivo rimane rumore di fondo.
Cosa possiamo dedurre da questo preambolo?
Se noi coloriamo un oggetto, un edificio o una città creiamo sia dei segnali visivi che provocano delle aspettative specifiche, ma anche rumori di fondo di frequenze elettromagnetiche che interferiscono con il nostro stato d’animo.

Cogliamo i segnali secondo le nostre esigenze del momento, perciò essi non dovrebbero inserirsi nel rumore di fondo circostante. Una fermata del tram non deve somigliare ad una facciata storica. Noi vediamo scernendo non per associazione. O mi godo la città storica nella sua atmosfera ed allora un segnale estraneo non interferisce, o cerco un mezzo pubblico ed allora devo facilmente individuarlo.


Arredo urbano, Jakominiplatz, Graz
Il giallo è un colore brillante, attivo, energico ma anche leggero, non pesante e inerte come il grigio del selciato”. Jakominiplatz non è un luogo dove indugiare, ma è un luogo di azione, di movimento, dove stare allerta, estremamente attenti a tutto quell’andirivieni di gente, bus e tram. E questo è ciò che il giallo simboleggia: attenzione, pericolo, ma anche: eccomi qui.

La città è vissuta per percorsi ed esprime la sua qualità nella loro dinamicità ,che ci permette muoverci efficacemente.
Il medesimo criterio l'abbiamo negli spazi interni, associamo colore a colore scernendo i segnali secondo il nostro momentaneo interesse.
Analoghe esperienze le viviamo anche nell'ambiente non urbano, trasformato da wilderness in natura, e ridotto a misura d’uomo. Questa nostra crescente necessità di invadere la natura ed addomesticarla ci ha condotto ad una nuova consapevolezza.

Termoutilizzatore, Azienda Servizi Municipalizzati, Brescia
La torre crea, tramite la sua sfumatura, una torsione virtuale, soft e mimetica, ma nello stesso tempo, suscita curiosità, è perciò un forte segnale che non si nasconde, grazie alla sfumatura che si sposa con il colore del cielo, e muta col variare delle situazioni luminose. un elemento che si integra e interagisce con il cielo.


Il nostro abitat, ormai si estende su quasi tutta la superficie del pianeta come una struttura unica, tra insediamenti civili ed industriali connessi da tutte le infrastrutture di trasporto. Penso sia giunto il momento di impegnarci veramente a trovare un equilibrio tra ciò che chiamiamo natura e le nostre necessità di strutture, ma non in senso mimetico, perchè ciò che in natura è criptico lo è per nascondersi, per attaccare o non essere attaccato. Gli stimoli non codificabili creano angoscia. Per far sì che l’ambiente che abbiamo costruito entri in rapporto con l’ambiente naturale dobbiamo creare un dialogo che si basi su un’alta qualità di rispetto reciproco.
In altre parole: dovremmo chiederci dove stiamo andando, preoccuparci del nostro futuro, dell’urbanizzazione globale in atto. I nostri strumenti per modificare l’habitat si sono evoluti: dalla vanga alla ruspa, gli interventi sono divenuti rapidi e irreversibili, sta a noi saperli gestire in senso costruttivo o distruttivo per l’ambiente. Finalmente abbiamo iniziato ad occuparci del nostro passato, ma ciò che veramente è inquietante è il nostro futuro.

Centrale termoelettrica del Mincio Pozzolengo (BS)
Opponendosi al contesto, l’elemento architettonico valorizza sia il contesto che se stesso, creando un dialogo e diventando punto di riferimento per la lettura dell’ambiente. Il nuovo camino, sembra sprigionare energia – comunica ciò che un impianto turbogas è, una macchina potente che produce energia. essere ogni tanto rinnovati. Questa versione spinge maggiormente verso una lettura tridimensionale.







Depuratore Milano Sud
Il calcestruzzo del manufatto è nero opaco, le parti che sporgono sono grigio-azzurro per non disturbare il profilo continuo della parete ad onde, permettendo ad esse d'associarsi al cielo. La parete nordovest è rivestita da pannelli metallici ondulati. Le onde verticali della lamiera rinforzano le onde create dal colore. Le onde cromatiche si calmano verso l’ingresso e il colore finale ha poi un seguito all’interno del complesso uffici, dove si trova una vasca d’acqua rivestita con piastrelle indaco. Il variare della distanza tra le righe bianche determina una lettura prospettica dal punto di vista principale, l’ingresso."

Qualcuno, duemila anni fa disse che non aveva senso imbiancare per nascondere la putrescenza.
Oggi rifiutiamo di comprendere l'estraneità naturale del nostro sistema drogato ed insostenibile e lo coloriamo di bellezza e accattivante curiosità.

Quello che è difficile, nel corso di una battaglia, è uccidere qualcuno guardandolo negli occhi.
Quando si scopre che siamo di fronte ad un altro uomo, con i nostri problemi, i dubbi, le quotidianità che ci fanno tutti simili e ci rendono uniti, non è umano credere ancora alle false, accecanti ideologie inculcate dai condizionamenti culturali.
La soluzione, come sempre, è tecnologica: oggi uccido lanciando bombe alla cieca dall'alto o da postazioni lontanissime, forse dallo spazio. Oggi uccido con armi precisissime che inquadrano minuscole formiche in movimento a distanza di centinaia di chilometri. Oggi uccido mettendomi un visore a raggi infrarossi che mi fa incontrare nel mio percorso di morte soltanto "aree calde" gialle o rosse, in movimento, sulle quali scaricare pallottole fino a farle diventare fredde, azzurre o nere.
Fa lo stesso se non sto giocando con l'ultimo modello di playstation?

State tranquilli, stiamo addomesticando le nanoparticelle per restaurare le belle, antiche case aristocratiche!
Gli inceneritori, le centrali i mostri del consumo ambientale non fanno più male, anzi sono diventati il pezzo forte delle nostre campagne che daranno modernità e bellezza alla monotonia della natura e allo squallore delle città!

E a Taranto, c'è tanto da colorare?

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