domenica 15 novembre 2015

I nodi (puzzolenti) finalmente vengono al pettine

L’allarme lanciato dalla Gazzetta lo scorso 4 ottobre era fondato. Lo stato di abbandono in cui versa la discarica Vergine, ubicata nell'isola amministrativa del Comune di Taranto, tra Lizzano, Monteparano e Fragagnano, e chiusa dal 10 febbraio del 2014 a seguito del provvedimento di sequestro firmato dal gip Valeria Ingenito su richiesta del pm Lanfranco Marazia, rischia di costare almeno mezzo milione all’ente guidato dal sindaco Stefàno e di provocare ulteriori problemi all’ambiente. L’impianto per lo smaltimento dei rifiuti speciali nel quale sono stati conferiti milioni di tonnellate e tonnellate di materiale di derivazione industriale (e non solo), è privo di qualsiasi tutela ambientale ed economica.
Lo scorso 19 ottobre il dirigente del settore Ambiente del Comune di Taranto, Alessandro De Roma, ha inviata una lettera al prefetto e per conoscenza ad altre autorità sollecitando un intervento per rimuovere il percolato formatosi, intervento il cui impatto economico è stato valutato in ben 500 mila euro. Soldi che rischia di scucire il Comune di Taranto perché la società Vergine srl è stata posta in liquidazione e, come scritto dalla Gazzetta, non ci sono più fideiussioni poste a garanzia della post gestione dell’impianto.
Il 24 marzo scorso il dirigente del settore Ambiente della Provincia Martino Dilonardo ha infatti revocato l'Aia rilasciata al gestore Vergine srl (subentrata dopo il cessione di ramo d’azienda operato dalla Vergine spa) per l'assenza totale di garanzie finanziarie. L’attività di una discarica si compone di più fasi, che vanno dalla preparazione, realizzazione e gestione fino al post-chiusura. Per evitare che i gestori abbandonino il sito una volta esaurito, evitando così di adottare le cautele previste per prevenire l'inquinamento della falda e dei terreni circostanti e di svolgere gli interventi di ordinaria manutenzione a partire dalla raccolta e lo smaltimento del percolato prodotto dai rifiuti, in sede autorizzativa la legge prevede la richiesta di adeguate garanzie finanziarie. In questo caso, le fideiussioni inizialmente erano pari a 20 milioni per la gestione operativa e quasi 11 milioni per la gestione post operativa dell'impianto di contrada Palombara, e 9 milioni e 4 milioni e mezzo per l'impianto di contrada Mennole, entrambi riferibili alla Vergine.
Dal 2005, però, la normativa è cambiata in maniera vorticosa per interventi nazionali e regionali, fino a giungere al vaglio della Corte Costituzionale che con sentenza 67/2014 ha dichiarato incostituzionale la legge regionale del 2006 con la quale la Regione Puglia aveva autonomamente deciso di stabilire i criteri generali ai fini della determinazione delle garanzie finanziarie. Cogliendo la palla al balzo, i proprietari della discarica hanno ottenuto il 16 aprile 2014, con un provvedimento firmato dall'allora dirigente del settore Ambiente della Provincia Stefano Semeraro, lo svincolo delle fideiussioni per quasi 5 milioni di euro (gli importi iniziali erano stati nel frattempo ridotti) per gli impianti di Palombara e Mennole dopo che il 29 ottobre del 2013 l'allora dirigente del settore Ambiente della Provincia Maria Spartera aveva provveduto alla restituzione di fideiussioni per 9 milioni e duecentomila euro, riservandosi invece per i titoli riguardanti la gestione post operativa. Il 16 aprile del 2014, giorno della restituzione delle fideiussioni, l'impianto però era ormai chiuso per l'intervento della magistratura e dunque, pur adempiendo alla diffida della società, alcuna verifica è stata fatta riguardo le garanzie economiche per la post-gestione della discarica. L'ente ha rimesso mani al dossier Vergine un mese dopo, il 19 maggio del 2014, avviando la procedura per la revoca dell'Aia perché un conto era la sentenza della Corte Costituzionale che dichiara illegittima la legge regionale sulle fideiussioni, altro è trovarsi al cospetto della totale assenza di garanzie finanziarie.
La Provincia ha inviato una diffida alla Vergine che ha impugnato tale atto, soccombendo però sia al Tar che al Consiglio di Stato e dunque nel marzo 2015 ha proceduto alla revoca dell'Autorizzazione integrata ambientale per entrambi gli impianti (Palombara e Mennole), ricordando peraltro che la società Vergine è comunque tenuta al puntuale rispetto di tutte le prescrizioni di manutenzione, sorveglianza e controlli dei due impianti. Ma, senza garanzie finanziarie nelle mani della Provincia, si tratta di prescrizioni prive di reale efficacia, tenuto conto che nel frattempo la società è stata posta in liquidazione e che dunque i costi per le manutenzioni rischiano di gravare interamente sulle casse del Comune di Taranto.
L’associazione Attiva Lizzano in una nota denuncia «gli odori sgradevoli che, soprattutto in alcune ore della giornata, infestano il centro abitato del Comune di Lizzano» e chiede alle autorità competenti« informazioni sullo stato della discarica che, malgrado gli sforzi della Magistratura, è diventata più che mai maleodorante e sempre più pericolosa per la salute di adulti e bambini». (GdM)

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