L’allarme lanciato dalla Gazzetta lo scorso 4 ottobre era fondato. Lo
stato di abbandono in cui versa la discarica Vergine, ubicata nell'isola
amministrativa del Comune di Taranto, tra Lizzano, Monteparano e
Fragagnano, e chiusa dal 10 febbraio del 2014 a seguito del
provvedimento di sequestro firmato dal gip Valeria Ingenito su richiesta
del pm Lanfranco Marazia, rischia di costare almeno mezzo milione
all’ente guidato dal sindaco Stefàno e di provocare ulteriori problemi
all’ambiente. L’impianto per lo smaltimento dei rifiuti speciali nel
quale sono stati conferiti milioni di tonnellate e tonnellate di
materiale di derivazione industriale (e non solo), è privo di qualsiasi
tutela ambientale ed economica.
Lo scorso 19 ottobre il dirigente del settore Ambiente del Comune di
Taranto, Alessandro De Roma, ha inviata una lettera al prefetto e per
conoscenza ad altre autorità sollecitando un intervento per rimuovere il
percolato formatosi, intervento il cui impatto economico è stato
valutato in ben 500 mila euro. Soldi che rischia di scucire il Comune di
Taranto perché la società Vergine srl è stata posta in liquidazione e,
come scritto dalla Gazzetta, non ci sono più fideiussioni poste a
garanzia della post gestione dell’impianto.
Il 24 marzo scorso il dirigente del settore Ambiente della Provincia
Martino Dilonardo ha infatti revocato l'Aia rilasciata al gestore
Vergine srl (subentrata dopo il cessione di ramo d’azienda operato dalla
Vergine spa) per l'assenza totale di garanzie finanziarie. L’attività
di una discarica si compone di più fasi, che vanno dalla preparazione,
realizzazione e gestione fino al post-chiusura. Per evitare che i
gestori abbandonino il sito una volta esaurito, evitando così di
adottare le cautele previste per prevenire l'inquinamento della falda e
dei terreni circostanti e di svolgere gli interventi di ordinaria
manutenzione a partire dalla raccolta e lo smaltimento del percolato
prodotto dai rifiuti, in sede autorizzativa la legge prevede la
richiesta di adeguate garanzie finanziarie. In questo caso, le
fideiussioni inizialmente erano pari a 20 milioni per la gestione
operativa e quasi 11 milioni per la gestione post operativa
dell'impianto di contrada Palombara, e 9 milioni e 4 milioni e mezzo per
l'impianto di contrada Mennole, entrambi riferibili alla Vergine.
Dal 2005, però, la normativa è cambiata in maniera vorticosa per
interventi nazionali e regionali, fino a giungere al vaglio della Corte
Costituzionale che con sentenza 67/2014 ha dichiarato incostituzionale
la legge regionale del 2006 con la quale la Regione Puglia aveva
autonomamente deciso di stabilire i criteri generali ai fini della
determinazione delle garanzie finanziarie. Cogliendo la palla al balzo, i
proprietari della discarica hanno ottenuto il 16 aprile 2014, con un
provvedimento firmato dall'allora dirigente del settore Ambiente della
Provincia Stefano Semeraro, lo svincolo delle fideiussioni per quasi 5
milioni di euro (gli importi iniziali erano stati nel frattempo ridotti)
per gli impianti di Palombara e Mennole dopo che il 29 ottobre del 2013
l'allora dirigente del settore Ambiente della Provincia Maria Spartera
aveva provveduto alla restituzione di fideiussioni per 9 milioni e
duecentomila euro, riservandosi invece per i titoli riguardanti la
gestione post operativa. Il 16 aprile del 2014, giorno della
restituzione delle fideiussioni, l'impianto però era ormai chiuso per
l'intervento della magistratura e dunque, pur adempiendo alla diffida
della società, alcuna verifica è stata fatta riguardo le garanzie
economiche per la post-gestione della discarica. L'ente ha rimesso mani
al dossier Vergine un mese dopo, il 19 maggio del 2014, avviando la
procedura per la revoca dell'Aia perché un conto era la sentenza della
Corte Costituzionale che dichiara illegittima la legge regionale sulle
fideiussioni, altro è trovarsi al cospetto della totale assenza di
garanzie finanziarie.
La Provincia ha inviato una diffida alla Vergine che ha impugnato tale
atto, soccombendo però sia al Tar che al Consiglio di Stato e dunque nel
marzo 2015 ha proceduto alla revoca dell'Autorizzazione integrata
ambientale per entrambi gli impianti (Palombara e Mennole), ricordando
peraltro che la società Vergine è comunque tenuta al puntuale rispetto
di tutte le prescrizioni di manutenzione, sorveglianza e controlli dei
due impianti. Ma, senza garanzie finanziarie nelle mani della Provincia,
si tratta di prescrizioni prive di reale efficacia, tenuto conto che
nel frattempo la società è stata posta in liquidazione e che dunque i
costi per le manutenzioni rischiano di gravare interamente sulle casse
del Comune di Taranto.
L’associazione Attiva Lizzano in una nota denuncia «gli odori sgradevoli
che, soprattutto in alcune ore della giornata, infestano il centro
abitato del Comune di Lizzano» e chiede alle autorità competenti«
informazioni sullo stato della discarica che, malgrado gli sforzi della
Magistratura, è diventata più che mai maleodorante e sempre più
pericolosa per la salute di adulti e bambini». (GdM)
Nessun commento:
Posta un commento