giovedì 21 maggio 2015

Una legge caricata a salve

Fonte: VoxEurop, rielaborazione ©Comitato per Taranto

Ecoreati, adesso Ilva pensa di non patteggiare

La parola d’ordine è “temporeggiare”. Le dichiarazioni di Matteo Renzi sull’Italia che “riparte da Taranto” all’inizio del 2015 sono ormai un ricordo sbiadito. La questione Ilva può aspettare. Anche la proposta di patteggiamento dinanzi al Tribunale di Taranto può restare in qualche cassetto del ministero dello Sviluppo economico, che avrebbe dovuto dare il via libera al collegio difensivo dell’azienda in amministrazione straordinaria. In una riunione tenuta mar-tedi tra il ministro Federica Guidi e la struttura commissariale guidata da Piero Gnudi, presente Paola Severino in veste di consulente legale del commissario, si è deciso appunto di frenare sul patteggiamento.
A QUANTO RISULTA al Fatto Quotidiano, nel vertice si è anche parlato del fatto che la nuova legge sugli ecoreati (approvata proprio martedì sera) potrebbe avere un impatto sul processo in corso a Taranto essendo ritenuta più “favorevole al reo” rispetto al reato di “disastro innominato” per cui l’azienda, la famiglia Riva e altri vengono perseguiti a Taranto. Trovano così una prima conferma i timori finora non ufficiali della Procura e del Tribunale della città pugliese sugli effetti che la nuova legge sugli ecoreati potrebbe avere sul maxi-processo Ilva. D’altronde anche magistrati esperti del tema come Gianfranco Amendola, uno dei padri dell’ambientalismo italiano, e Raffaele Guariniello (vedi qui accanto) lasciano intendere che il lavoro del Parlamento non sia stato così accurato come ci si aspetterebbe per una normativa attesa da vent’anni almeno.
Intanto il 28 maggio – data in cui è fissata l’udienza preliminare del procedimento “ambiente svenduto” – si avvicina. I legali dell’Ilva avevano ipotizzato di chiedere l’applicazione di una pena che prevedeva una multa da 3 milioni di euro, l’interdizione per 8 mesi e la confisca di 2 miliardi di euro come profitto del reato. Nei fatti l’uscita dell’Ilva dal processo penale, però, avrebbe gravato solo sulle tasche dei cittadini: i due miliardi di euro per il risarcimento, infatti, sarebbero stati recuperati grazie a obbligazioni garantite dallo Stato in attesa che fossero svincolati i soldi sequestrati su alcuni conti svizzeri alla famiglia Riva dalla Procura di Milano (che indaga per evasione fiscale) e da usare per il risanamento della fabbrica secondo un decreto del governo di Mario Monti (il Guardasigilli, come si sa, era Paola Severino).
Sul piano giuridico, però, il patteggiamento qualcosa lo avrebbe prodotto eccome: l’ammissione di responsabilità dell’azienda (cioè il commissario) avrebbe pregiudicato in modo significativo la posizione penale degli altri imputati. I Riva, infatti, lo hanno interpretato come una sorta di tradimento della struttura commissariale. Come che sia, qualcosa durante il cammino verso il patteggiamento deve essersi inceppato. E stando a quanto riferito da fonti interne all’azienda, uno dei principali oppositori alla proposta di patteggiamento sarebbe l’ex ministro della Giustizia Paola Severino che, da consulente legale di Gnudi, difende l’Ilva commissariata nel procedimento in corso al Tribunale di Milano. L’ex Guardasigilli, peraltro, ha una discreta competenza in tema di disastri ambientali visto che fu nel collegio di difesa della Montedison anche nel caso della discarica di Bussi, in Abruzzo, su cui – dopo le rivelazioni del Fatto Quotidiano – ora indaga il Csm per presunte pressioni sui giudici popolari per far assolvere l’azienda.
ORA, CURIOSAMENTE, proprio l’ex Guardasigilli che contribuì a scrivere il decreto che consentiva l’utilizzo dei fondi svizzeri, sembra intenzionata a consigliare all’azienda di fare un passo indietro. Il motivo? Si teme che il patteggiamento a Taranto possa condizionare la banca svizzera spingendola a non svincolare il miliardo e 200 milioni di euro sequestrati alla famiglia Riva. Un punto che però – secondo fonti aziendali – è particolarmente pretestuoso: “La Svizzera sbloccherà il denaro solo quando ci sarà una sentenza definitiva di condanna a Milano”. Tutti lo sanno, insomma, ma nessuno lo dice. Un’ipotesi che, visti i tempi della giustizia italiana e un maxi-processo con oltre 50 imputati, non promette bene. Anzi.

La verità sulla legge contro gli Ecoreati

Martedì è stata approvata al Senato (la Camera si era già espressa il 26 febbraio 2014) il DDL 1345, la cosiddetta legge contro gli Ecoreati recante disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente. Grande soddisfazione è stata espressa da questi tutti a partire dal Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti fino a Ermete Realacci del PD e Luigi Di Maio del Movimento 5 Stelle. Ma la nuova legge, presentata con lo slogan trionfale “basta casi Eternit” forse potrebbe non mantenere le promesse fatte.
DI CHI È LA LEGGE SUGLI ECOREATI?
Già dal giorno prima della votazione Luigi Di Maio scriveva che il Parlamento avrebbe approvato una legge voluta dal Movimento 5 Stelle e dopo la votazione annunciava trionfante: «È appena stata approvata la nostra legge sugli ecoreati, quella che due anni fa presentò alla Camera Salvatore Micillo nostro Deputato e cittadino della terra dei fuochi». Secondo Di Maio la legge sugli Ecoreati altro non è che quella “presentata due anni fa”
e ancora ieri Di Maio scriveva così su Facebook:

Luigi Di Maio inventa la Legge Micillo

Il problema è che la legge sugli Ecoreati non è la “Legge Micillo”. Il primo firmatario del provvedimento è il deputato del Partito Democratico Ermete Realacci che ha presentato la proposta di legge il 19 marzo 2013. La proposta del cittadino-portavoce-onorevole Salvatore Micillo invece è stata presentata il 15 maggio 2013. Come se non bastasse si evince anche dal testo approvato dal Senato nei giorni scorsi che Realacci è il primo firmatario. Che i contenuti delle due proposte di legge fossero simili è un bene, significa che le forze politiche quando vogliono sanno lavorare assieme, certo agli elettori pentastellati è meglio raccontare un’altra storia altrimenti, suscettibili come sono, potrebbero urlare all’inciucio. Soddisfazione è stata espressa anche dal Presidente del Consiglio che ci ha tenuto a immortalare il momento della “firma pesante” sulla legge contro gli Ecoreati.

COSA DICE LA LEGGE?
Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio, cosa dice la legge? Il testo licenziato dal Senato martedì va ad introdurre alcune modifiche al titolo VI del libro secondo del codice penale. I nuovi reati previsti dal Codice sono cinque: inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività, impedimento del controllo e omessa bonifica. La legge prevede un sostanziale aumento delle pene con aggravanti nel caso si venga riconosciuta l’associazione a delinquere ma prevede anche il “ravvedimento operoso” ovvero sconti di pena da un terzo alla metà a coloro che collaboreranno con le forze dell’ordine e dalla metà a due terzi nei confronti di coloro che si adopereranno “per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi“. Di particolare rilevanza in virtù del fatto che la legge si propone di evitare l’esplodere di altri “casi Eternit” è l’articolo 452-quater, quello che punisce il reato di disastro ambientale:
Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente: 1) l’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema; 2) l’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; 3) l’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo. Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.
LE CRITICHE AL PROVVEDIMENTO
I Verdi sono sempre stati molto critici nei confronti di questo disegno di legge. Oggetto delle contestazioni quell’avverbio “abusivamente” ripetuto 3 volte all’interno del testo, il portavoce dei Verdi Angelo Bonelli scriveva così su Twitter:
"È nato il disastro ambientale cagionato abusivamente "

Un punto ribadito anche da Antonia Battaglia in un pezzo su Micro Mega:
Un reato ambientale, secondo la norma, sarà tale solo se sarà stato compiuto al di fuori delle norme. Ma nel caso in cui uno stabilimento industriale, una discarica o altro soggetto inquinante fossero provvisti di un’autorizzazione a produrre e a funzionare, non sarebbero abusivi e non potrebbero essere giudicati per disastro ambientale.
La legge mette a rischio il processo Ilva “Ambiente Svenduto” e rappresenta un’àncora di salvataggio per i grandi inquinatori e per le lobbies di attività industriali potenzialmente inquinanti. Poiché l’Ilva produce inquinando (lo dice il GIP Todisco del Tribunale di Taranto e fa eco la Commissione Europea), ma produce con una regolare autorizzazione ambientale. L’Ilva non rispetta, secondo il GIP e secondo la Commissione, i dettami contenuti in tale autorizzazione ma una volta approvata questa legge, essa non potrebbe mai più essere sanzionata poiché il suo inquinamento non sarebbe abusivo. Non importa che non si rispetti l’autorizzazione, l’importante è che l’autorizzazione esista.
La tesi dei Verdi è che chi ha una regolare “licenza ad inquinare” non potrà essere ritenuto colpevole di inquinamento abusivo, dal momento che il loro non potrà esserlo. Anche il procuratore della Repubblica Gianfranco Amendola attacca il provvedimento di legge proprio su quell’avverbio. In un’intervista ad Affari Italiani Amendola dice che a suo parere quell’avverbio «stabilisce che il disastro ambientale è punibile solo se commesso abusivamente significa è come dire se è commesso senza autorizzazione, come se un disastro ambientale potesse avere in qualche modo un’autorizzazione». Secondo il Procuratore capo non si tratta di un errore o di una svista, quell’abusivamente è stato messo lì proprio per impedire che la magistratura possa intervenire in alcuni settori in particolare quello industriale (oltre al caso Eternit viene citata anche l’ILVA di Taranto). Dal momento che le industrie avevano e hanno l’autorizzazione a produrre l’inquinamento risultante dalla loro attività non sarebbe abusivo. In parole povere secondo Amendola si vuole «lasciare mano libera alle industrie che devono essere libere di fare ciò che vogliono senza che i magistrati possano intervenire».
Come cantava Elio qualche anno fa: Parcheggi abusivi, applausi abusivi, villette abusive, abusi sessuali abusivi; tanta voglia di ricominciare abusiva.
Ma il problema non è solo quello dell’avverbio, a dirlo è Raffaele Guarinello, il magistrato torinese pubblico ministero nei processi sul caso Eternit. Secondo il magistrato anche con la nuova legge la sentenza sul processo alla multinazionale dell’amianto la sentenza non cambierebbe:
E oggi, se potessimo ricominciare tutto da capo, finirebbe allo stesso modo. Perché i tempi sono stati raddoppiati, è vero, ma la struttura del reato è rimasta identica. Chi dice che con questa legge il processo Eternit si sarebbe salvato dice una cosa sbagliata
Il problema, dice Guarinello all’ANSA è che la legge non ha recepito la sentenza della Cassazione sul caso Eternit e quindi l’impianto normativo rimane pressoché lo stesso della vecchia legge:
La Cassazione ha stabilito che questo reato si consuma quando avviene l’evento. E l’evento, nel caso dell’Eternit, è datato 1986, quando la società ha smesso di produrre. I supremi giudici hanno anche detto che il nostro processo era prescritto prima ancora di cominciare. E questa legge non modifica il principio. Per scongiurare il rischio prescrizione bisogna cominciare a indagare non appena la fabbrica chiude i battenti. E il reato di disastro comincia a prescriversi quando ancora non si è nemmeno manifestato (nextquotidiano)

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