giovedì 28 maggio 2015

Ri-Porto?

Porto, il giorno della verità. Vertice a Tct sul “piano Taranto”: col fiato sospeso 550 lavoratori 

L’ok al pre-accordo siglato a Roma a Palazzo Chigi potrebbe arrivare nel primo pomeriggio di oggi. Non si è tenuta ieri l’assemblea dei soci della Taranto Container Terminal, indetta in prima convocazione. Oggi dovrebbe essere la chiamata decisiva, con la seconda convocazione degli azionisti. E si dovrebbe conoscere quindi, in via definitiva, la volontà di chi regge le sorti della società terminalista del molo polisettoriale di Taranto. La pre-intesa è stata siglata l'11 maggio a Palazzo Chigi nel corso di un incontro in aggiornamento all’accordo sul traffico containerizzato nello scalo jonico. Azionisti di Tct sono le compagnie multinazionali Hutchinson (col 50% del pacchetto azionario), Evergreen (col 40%) e il gruppo Maneschi che detiene il 10%.
In attesa di questa importante riunione a Taranto la tensione sale. Alle stelle fra gli oltre 550 dipendenti diretti della società portuale che aspettano con ansia di conoscere le determinazioni della loro proprietà sul futuro impegno a Taranto. Inoltre, all’approvazione del piano proposto dal Governo ai privati, è legata anche la concessione in proroga della cassa integrazione straordinaria, a zero ore e per un altro anno, dei lavoratori Tct. Nonostante le rassicurazioni che sono arrivate dal ministero del lavoro (anche per il tramite del sottosegretario Teresa Bellanova, brindisina, che ha partecipato all’ultimo vertice romano, gli ammortizzatori coprono i lavoratori soltanto per questa settimana. Quello in partenza da giugno sarebbe l’ultimo rinnovo. Anche se il presidente dell’Authority, Sergio Prete, aveva lasciato aperto qualche spiraglio: «Dovrebbe essere l’ultimo anno di cassa anche se si è compreso che esistono altri strumenti. Detto questo, noi faremo in modo che sia l’ultimo anno perché vogliamo che non ce ne sia più bisogno», aveva detto recentemente.
Ecco perché il vertice tra gli azionisti è un punto di snodo importante. Se l’accordo raggiunto nei giorni scorsi è stato già ratificato e sottoscritto dalla parte pubblica (l’ok è già arrivato dal sindaco Ippazio Stefàno e dal presidente dell’Autorità portuale Prete) altrettanto dovrà fare quella privata. La società, nonostante i ritardi nella consegna delle infrastrutture portuali, deve impegnarsi a fare tornare le linee transoceaniche a Taranto a conclusione delle opere al porto. Inoltre deve confermare gli investimenti che riguardano la manutenzione degli impianti, il revamping delle gru su tutti. Il traffico dei container, in base a questo pre-accordo, dovrebbe tornare nello scalo jonico a partire dal 2017. Fino a quella data nemmeno le navi piccole di collegamento con il Pireo, dove le linee erano state trasferite, perché il servizio feeder è stato creato dal porto di Bari.
E dunque le movimentazioni a Taranto sono ormai ferme. Pari a zero. Nel 2011 il porto tarantino movimentava 604 mila teus (l’unità di misura dei container), nel 2012 il crollo a 263mila, nel 2013 a 197mila, nel 2014 a 148mila. Anche a regime, a conclusione delle opere portuali dal terminal container non si prevede uno sviluppo superiore al milione e mezzo di teus. Nell’attesa però c’è un lungo purgatorio. E non si sa se mai si vedrà la luce in fondo a questo percorso. (Quot)

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