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Processo Ilva, l'avvocato di Riva: "Non posso difenderlo, sono parte offesa anche io"
Non può rappresentare Nicola Riva perché in quanto cittadino di Taranto è parte offesa nello stesso procedimento, "perché respiro la stessa aria, perché, in base a quello che contestano i pubblici ministeri, siamo tutti sotto la spada di Damocle dell'inquinamento". Colpo di scena a Taranto, nell'udienza preliminare a 52 persone per il disastro ambientale provocato dall'Ilva. L'avvocato Pasquale Annichiarico, legale dell'ex amministratore dell'impianto siderurgico, nel corso della sua arringa ha chiesto al gup Vilma Gilli di astenersi. Nicola Riva è accusato di concorso in associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, all'avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro, corruzione, falso e abuso d'ufficio.A parere del legale anche il gup e i pm che operano a Taranto assumono lo status "di persona offesa o danneggiata dal reato". Annicchiarico avrebbe poi attaccato gli stessi pubblici ministeri che "hanno portato avanti le tesi accusatorie con grande animosità. Magistrati a cui - ha aggiunto - si è ingrossata la giugulare per la determinazione con cui hanno parlato di imputati che con le loro condotte avrebbero seminato malattie e morte". Tutti coloro "che abitano e operano in questa città sono parti lese, anche i giudici - ha osservato il legale - e avvocati. Per questo non possiamo fare questo processo qui". E ne ha chiesto il trasferimento a Potenza.
Sulla sua richiesta il giudice si esprimerà il primo luglio, quando valuterà la possibile istanza di patteggiamento dell'Ilva in amministrazione straordinaria (che attende ancora l'ok dal ministero dello Sviluppo economico). Previste anche le arringhe difensive dell'avvocato Raffo per conto di Francesco Manna, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Puglia (che risponde di favoreggiamento), dell'avvocato Loiacono che assiste Riva Fire, e quella dei legali dell'Ilva in amministrazione straordinaria, imputate ai sensi della legge 231 del 2001 che punisce la responsabilità amministrativa delle imprese.
Gli avvocati Filippo Sgubbi e Angelo Loreto, per conto della struttura commissariale, hanno chiesto e ottenuto un ulteriore rinvio in quanto il ministero dello Sviluppo economico non si è ancora pronunciato sulla ipotesi di patteggiamento. Peraltro la comunicazione inviata dai legali non indica esplicitamente una richiesta di autorizzazione e non è indirizzata direttamente al ministro Guidi, ma alla direzione generale per la vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni commissariali dello stesso Mise e all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza.
Nella nota si fa riferimento a "colloqui intercorsi" sulla "evoluzione del procedimento penale" e si trasmette una bozza dell'istanza di patteggiamento. L'istanza, indirizzata alla procura di Taranto, "consentirebbe alla società - osservano i legali - di essere estromessa dal processo 'Ambiente svenduto', che proseguirebbe unicamente nei confronti delle persone fisiche imputate". La struttura commissariale e i legali sono a "disposizione per illustrare in dettaglio i contenuti dei menzionati documenti ed i vari profili di natura legale - si sottolinea nella comunicazione - che vogliate approfondire". La bozza di patteggiamento prevederebbe una multa di tre milioni, l'interdizione per otto mesi dell'Ilva e la confisca di 2 miliardi di euro (quale profitto del reato) con il coinvolgimento dei beni di Riva Fire. (Rep)
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