Ecoreati, legge imperfetta quanto importante. Ora tracciamo i rifiuti della Terra dei Fuochi
La legge penale sui delitti ambientali finalmente approvata dal Parlamento italiano fa soffrire numerosi giuristi e ambientalisti, come i nostri carissimi amici di Taranto.
In Campania abbiamo da tempo imparato ad essere l’avanguardia,
l’avamposto delle innovazioni economiche reali, la punta dell’iceberg
delle dinamiche industriali lobbiste e dei flussi economici che
governano oggi l’Italia intera, cioè le attività produttive in regime di
evasione fiscale (da noi arrivate al 47 % del totale), che sono le succulente radici, mai tagliate, dell’apparentemente invincibile “
Terra dei Fuochi”.
Basterebbe tracciare con microchip non solo le ‘
pummarole’ e
le bufale, come da leggi vigenti, ma i fusti di rifiuti tossici e, a
tutela del marchio, tutte le scarpe e borse prodotte dalle migliori
ditte del “made in Italy”, per contenere il problema. Incredibilmente,
non lo si fa, per non fare scoprire le eccezionali dimensioni reali
delle attività produttive tutelate da marchio ma prodotte in regime di
evasione fiscale, non solo in
Campania.
Basterebbe trasformare “Terra dei Fuochi” in “Terra dei Chip”, non solo per le ‘
pummarole’
ma anche per le attività produttive manifatturiere, e avremmo risolto
gran parte del problema dei controlli. Non si deve fare: è troppo facile
e soprattutto danneggerebbe in modo gravissimo i profitti (illegali!)
delle nostre “attività manifatturiere”.
Stiamo facendo un percorso storico ma lunghissimo, che inizia
soltanto con questa legge, in una sorta di autentico “Exodus” dalla
attuale condizione di
“schiavitù” ambientale del popolo
italiano nei confronti delle lobby industriali. Da troppo tempo esse
hanno nella classe medica “distratta” sino al limite della compiacenza e
nei “non controlli ambientali” i primi alleati. Basta ricordare per
quanti decenni la classe medica italiana ha “tollerato” l’eccesso di
arsenico nelle acque del Lazio e i famosi quanto irrazionali “limiti” di emissione per il
benzopirene dell’Ilva di Taranto.
Io ho cominciato ad occuparmi di ambiente e salute solo nel marzo del
2006, in Campania, scoprendo, mio malgrado, non solo la totale assenza
di una valida sezione sui delitti ambientali nel panorama delle leggi
penali italiane ma soprattutto la totale assenza di un concreto impegno
formativo/informativo della classe medica italiana sul problema
ambiente/salute.
Ho impiegato circa due anni, dal 2006 al 2008 circa, per comprendere
che il principale problema da affrontare in Regione Campania, al
contrario di quello che ancora oggi fanno ancora una gran parte non solo
dei politici e dei cosiddetti “tecnici”, ma anche dei comitati sorti
con meritorio impegno civile sui territori, non erano i rifiuti urbani
ma
i rifiuti speciali, industriali e tossici.
Lo sviluppo industriale italiano dell’ultimo trentennio è
caratterizzato, rispetto a tutto il resto di Europa, dalle maggiori
attività produttive in regime di evasione fiscale, in media del 30%, e
quindi, come logica conseguenza, dalla maggiore quota europea di
smaltimenti industriali scorretti ed illegali, che non possono non avere un riflesso diretto e grave sulla salute pubblica di tutti gli italiani.
Della reale entità di questo impatto certo, però, ignorando
volutamente innanzitutto il problema, la classe medica e scientifica
italiana si è totalmente disinteressata, concentrando tutte le sue
notevoli potenzialità di ricerca soltanto sulla cura o sulla diagnosi
precoce, vedi
ad esempio la violenta polemica su Beppe Grillo dopo la sua affermazione su Veronesi e le mammografie.
Sono stato accusato di parlare “troppo di pancia” per avere osato, in
una audizione pubblica presso il Senato della Repubblica Italiana in
data 10 settembre 2013, mostrare a tutti che la produzione di rifiuti
speciali pro capite della
Campania era non più di un terzo di quella del solo
Veneto e scendeva a un quarto se consideravamo insieme rifiuti speciali/rsu, come si dovrebbe fare sempre quando si parla di rifiuti.
Oggi, per la prima volta dall’anno della sua prima edizione (2003),
l’importantissimo report “Osservasalute” in Italia pubblica, finalmente,
nella
sezione ambiente, un’esauriente relazione sulla produzione e
smaltimento dell’eccezionale quota di rifiuti speciali, industriali e
tossici italiani, basata sui
dati Ispra 2010, che abbiamo quasi “estorto” al Ministero dell’Ambiente grazie alla amicizia personale del ministro
Galletti con Padre Maurizio Patriciello. E’ la prima volta che accade dal 2003!
E adesso possiamo ragionare tutti in trasparenza sui questi dati
considerando che (per una media del 30 per cento), esiste una
eccezionale quota di rifiuti speciali, industriali e tossici prodotta in
regime di evasione fiscale e quindi smaltita illegalmente, a cominciare
dal micidiale amianto.
Questa “distrazione” eccessiva degli igienisti ed epidemiologi
italiani è stata recuperata grazie al più grande movimento ambientalista
del dopoguerra guidato e sorretto dalla Chiesa Cattolica, partito dalla
Campania e dalla Terra dei Fuochi ma ormai sempre più forte, radicato
su tutti i territori italiani e sempre più collegato in rete.
Lo Stato italiano è stato “costretto” a produrre due
importantissime quanto imperfette
leggi sui reati ambientali, nate magari solo per calmare “l’allarme
sociale” come in Terra dei Fuochi, ma necessarie a dare il via ad un
indispensabile cambio di rotta sui delitti ambientali che oggi sappiamo
avvelenare l’Italia intera. E’ un percorso duro, durissimo, che stiamo
imparando essere irto e denso di tranelli e trabocchetti, ed il primo
tranello era e resta, per me, il tentativo di bloccare il delitto penale
ambientale nelle sabbie mobili del dibattito parlamentare infinito: per
i lobbisti è sempre meglio non avere nessuna legge che una legge sia
pure imperfetta.
La legge su Terra dei Fuochi ha prodotto comunque quello che nessuno
voleva fosse neanche solo accennato: l’inizio di validi controlli
ambientali e dati trasparenti sull’eccesso di cancro, specie infantile,
in Terra dei Fuochi.
Per questo adesso
guardo con fiducia alla pur
imperfetta legge sui delitti ambientali: non era e non è una legge di
“facciata” e “abusivamente” per me non tende a tutelare le industrie che
inquinano in presenza di autorizzazioni, ma dimostra quanto grave sia
che lo Stato italiano e la sua classe medica concedano ancora oggi
autorizzazioni ambientali in grado di danneggiare e non tutelare la
salute pubblica, come ad esempio per l’Ilva di Taranto.
(FQ)