domenica 2 novembre 2014

Però in compenso i conti degli "amici" devono tornare!

Che brutta pagina di giornalismo!
Si confrontano le cifre spese per ammodernare qualche impianto (spacciate per ambientalizzazioni) di una vecchia carcassa paleoindustriale come l'Ilva con i costi che le imprese tedesche all'avanguardia sostengono per la manutenzione ordinaria.
E' come confrontare gli interventi fatti ad una 127 scassata per farle fare ancora qualche kilometro, con il prezzo di una controllatina all'olio su una bmw nuovissima!
Si mettono in dubbio perizie giurate di pool di professionisti e tecnici che neanche i superperiti della difesa pagati profumatamente dai Riva sono riusciti ad intaccare nel corso del processo!
E infine, si chiude col sospetto  sui dati epidemiologici, sollevato da ... uno storico dell'economia!!!
Ma che cakkio ne capisce?
Niente! Ovviamente.
Però fa confusione.
E soprattutto porta l'acqua al mulino degli "amici" industriali.
Bel giornalismo, complimenti!

All'Ilva non tornano i conti con l'ambiente

A Taranto i conti con l’ambiente non tornano. La Procura, che usa i limiti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, imputa all’Ilva, fra il 2003 e il 2010, la morte di 91 persone e il ricovero di 648 malati gravi. Eppure, nello stesso periodo, l’impresa ha investito mezzo miliardo di euro, più di quanto, per Eurostat, abbia fatto l’intera siderurgia tedesca. E anche le polveri sottili di Tamburi, il quartiere cresciuto “addosso” all’acciaieria, sono scese sotto il tetto europeo di 40 nanogrammi per metro cubo.
C'è ambiente. E ambiente. Quello fisico-naturale. E quello sociale. I numeri sull'inquinamento, dalla loro iniziale nitidezza, sembrano quasi deformati dalla tensione che circonda la maggiore acciaieria d'Europa, che si trova incorporata all'interno di una città. E, così, a Taranto, nulla è meno sicuro delle statistiche.
Proviamo ad astrarci dal contingente. Partiamo dai numeri macro. L'Eurostat ha calcolato gli investimenti dei sistemi industriali nazionali in protezione ambientale nella siderurgia. Fra il 2003 e il 2010, la siderurgia italiana ha investito 991,1 milioni di euro: il 37,7% dei 2,68 miliardi di euro europei. Nello stesso periodo, i tedeschi hanno investito 459 milioni di euro. Meno della metà. Ma che cosa significa, in concreto, siderurgia italiana? Secondo una stima di Federacciai, significa Ilva per una quota compresa fra il 50 e il 60%: fra i 500 e i 550 milioni di euro di investimenti. Questo mezzo miliardo è coerente con quanto riportato sui bilanci dell'Ilva Spa, secondo cui gli investimenti ambientali, computati dal 1995, sono stati pari a 1,1 miliardi di euro.
Nella complessità tarantina, questi numeri collidono violentemente con quanto in due perizie (una medico-sanitaria e una chimico-impiantistica) viene evidenziato dal gip di Taranto, Patrizia Todisco. Materiale su cui la procura di Taranto ha imbastito il procedimento Ambiente Svenduto, che contempla anche l'accusa di avere manipolato - con metodi poco ortodossi - il procedimento per l'autorizzazione integrata ambientale concessa il 4 agosto del 2011.
Le due perizie descrivono l'Ilva come produttrice di emissioni inquinanti dannose per la salute e per l'ambiente, fino a imputare, fra il 2004 e il 2010, 91 morti all'acciaieria. La realtà tarantina esprime aritmetiche così diverse da risultare inconciliabili. «Eppure - si stupisce Giulio Sapelli, docente di Storia economica alla Statale di Milano e dal 1980 al 1986 consulente strategico della Montedison di Mario Schimberni - la transizione dell'industria di base verso modelli di sostenibilità ambientale appare ormai compiuta. Soprattutto in Europa. La siderurgia, da tempo, non è più un problema. L'Ilva non costituisce una eccezione». Sapelli, fin dal saggio del 1978 Organizzazione, lavoro e innovazione industriale nell'Italia tra le due guerre, si è occupato di medicina del lavoro: «I dati epidemiologici di Taranto non sono disallineati da quelli del resto del mondo avanzato». (Sole24h)

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