sabato 8 novembre 2014

L'AIA delle carte (mentre le polveri e i fumi volano)

Ilva, primo report sull’Aia: rinviati cantieri e opere più onerose

E' vero che l'Ilva ha ottemperato al 75% degli interventi dell'Aia in scadenza a luglio 2015, ma si tratta per la maggior parte di interventi gestionali mentre restano sulla carta le attività impiantistiche con soli 21 cantieri aperti su 85. Ed a conti fatti, se finora sono stati spesi circa 500 milioni di euro, gli 1,8 miliardi ipotizzati dal precedente commissario Enrico Bondi, potrebbero non bastare per mettere in regola lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa. E' la fotografia scattata, con aggiornamento al 30 ottobre, dal dipartimento Aia dello stesso stabilimento Ilva di Taranto. Nel report è scritto che il numero totale di attività del Piano Ambientale da ottemperare entro agosto 2016 è di 160, 75 gestionali ed 85 impiantistiche. Entro luglio 2015 va ottemperato l'80% dei lavori: 115 attività, 73 gestionali e 42 impiantistiche, lasciando all'ultimo anno gli interventi più impegnativi.
Sulla carta l'Ilva rispetta il cronoprogramma e la legge: ha eseguito 87 attività delle 92 che scadono a luglio 2015 ma di queste solo 21 sono opere strutturali, le meno impegnative. Il resto è una serie di prescrizioni gestionali, come presentazioni di programmi ed adempimenti. E se sulla carta risulta che un quarto dei lavori agli impianti è avviato, la realtà è diversa: restano ancora sulla carta i progetti più importanti da realizzare e più costosi, come la messa in regola della disciplina delle acque e la copertura dei parchi minerali, attualmente solo in fase di progetto. All'appello mancano lavori importanti per la riduzione dell'inquinamento come quelli di adeguamento alle migliori tecnologie per ridurre le emissioni di polveri e sostanze pericolose, l'installazione dei filtri a tessuto, il tetto dell'acciaieria 1 ed il sistema di monitoraggio.
Ancora da eseguire anche bonifica e demolizione dell'altoforno 3, fermo da tempo e la fermata dell'altoforno 5, il più grande d'Europa ed il più problematico sotto il profilo ambientale. Lo spegnimento, secondo quanto riferiscono i tecnici, dovrebbe impiegare circa due mesi e secondo il cronoprogramma dovrebbe iniziare a giugno 2015 ma fonti vicine al commissario governativo Gnudi riferiscono che si sta valutando l'ipotesi di iniziare a spegnerlo prima di Natale, anche perché da solo prosciuga la metà della spesa corrente e vale un terzo dei guadagni, insomma è un vecchio motore che consuma più di quanto renda.
La rapidità e l'efficacia dei lavori Aia che mancano ancora all'appello in Ilva dipenderà dalla velocità con cui la magistratura milanese riuscirà a far rientrare in Italia dalla Manica il tesoro sequestrato lo scorso anno ad Emilio Riva (scomparso ad aprile scorso) e suo nipote Adriano, indagati per frode fiscale. Un miliardo e 200 milioni da trasformare in azioni di Ilva spa intestate ad Equitalia. C'è il rischio, tuttavia, che l'enorme cifra non sia comunque sufficiente a coprire tutte le spese previste dall'Aia. Secondo il piano ambientale elaborato dalla precedente gestione commissariale, i costi si aggirano intorno ad 1 miliardo ed 800 milioni. Fra impegni di spesa e spesa effettiva, l'Ilva ha già sborsato circa 500 milioni di euro. Secondo uno studio degli indiani di ArcelorMittal, che per primi hanno formalizzato l'interesse ad acquisire l'Ilva in cordata con Marcegaglia, il conto è quasi del doppio, intorno ai 3,3 miliardi. Secondo i custodi giudiziari incaricati dal gip Todisco di sorvegliare l'intera area a caldo sequestrata nel luglio 2012 ed ancora sotto sigilli (la produzione è stata autorizzata per legge ma sottoposta al rigido rispetto dell'Aia, l'autorizzazione rilasciata dal ministero per l'Ambiente) per mettere in regola gli impianti servono 8 miliardi.
Da Bruxelles, intanto, tuona la Commissione europea. La direzione generale sulla concorrenza vuol vederci chiaro sui soldi del sequestro milanese sbloccati per decreto legge e sul prestito-ponte delle banche favorito dalla garanzia del governo. In entrambi i casi la Commissione europea ha acceso i riflettori e sospetta che si possa trattare di aiuti di Stato, vietati dalle norme sulla concorrenza e sugli interventi di Stato nelle aziende private. Forse sarà necessario un nuovo piano ambientale da parte del governo, anche perché il piano industriale, che doveva seguire di pochi giorni quello ambientale non è stato ancora elaborato e mancano i bilanci del 2012 e 2013. (RepBa)

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