Taranto, la raffineria Eni «ha grosse perdite»
A rischio i lavoratori
C’è preoccupazione tra i lavoratori della Raffineria Eni di Taranto dopo
l’audizione in commissione Industria al Senato. L’amministratore
delegato dell’azienda, Claudio Descalzi, parlando dell’impianto ionico
ha infatti sostenuto che il sito registra “grosse perdite” e che si sta
cercando di capire cosa farne per il futuro all’interno dell’azienda
così da salvaguardare anche l’occupazione senza usare ammortizzatori
sociali. Per quanto riguarda la raffinazione in generale, Descalzi ha
inoltre ricordato che si tratta di un settore che «ha perso dal 2009 ad
oggi 6 miliardi», quindi «il problema deve essere affrontato secondo un
approccio che è quello della trasformazione, senza perdita di posti di
lavoro».Ma per Giordano Fumarola (Filctem-Cgil), quelle di Claudio Descalzi, «non sono dichiarazioni nuove, anzi tornano di frequente in quest’ultimo periodo. Sulla base delle stesse - prosegue il sindacalista - abbiamo già organizzato diverse iniziative, compreso l’ultimo sciopero di ottobre. E la nostra posizione non si scosta da quella assunta in queste circostanze anche adesso, dopo l’audizione al Senato. Descalzi continua a ritenere che la raffinazione in Italia non è più sostenibile e che lo stabilimento di Taranto è in perdita. Ma poi non chiarisce le intenzioni future rispetto agli investimenti. Affermare infatti che si vuole cercare di salvaguardare i livelli occupazionali lascia il tempo che trova se poi manca alla base un piano preciso. Se davvero si vogliono tutelare questi posti di lavoro, bisogna ragionare su investimenti reali perché la Raffineria ionica torni ad essere un sito produttivo e sostenibile».
Un’idea per Fumarola è «la diversificazione, come si vuole fare a Gela. Il progetto di fare di Taranto un deposito costiero invece è da abbandonare perché non dà garanzie».
La pensa così anche Emiliano Giannoccaro (Femca Cisl): «Restano le preoccupazioni sul futuro della Raffineria Eni di Taranto, soprattutto alla luce del fatto che il mercato è in calo e di conseguenza lo è la produzione. Riteniamo sminuente trasformare Taranto in un deposito costiero vista la sua importanza strategica sul territorio provinciale e nazionale per la produzione di greggio e raffinato, soprattutto considerata la vicina presenza di pozzi petroliferi. Inoltre, se il sito dovesse diventare un deposito costiero, pur ipotizzando il riassorbimento della maggior parte dei dipendenti, cosa che già appare inverosimile, sarebbe impossibile ricollocare l’intero indotto che, contando tutti gli anelli della catena, arriva anche a raggiungere anche 2500 unità».
Intanto all’Eni di Taranto prosegue lo stato di agitazione e le relazioni sindacali sono ridotte al minimo. Oggi al ministero del Lavoro, dove sarà discusso un accordo per il futuro di Gela potrebbe esserci anche Amedeo Guerriero (Uiltec-Uil): «Il piano industriale non è ancora chiaro e nel frattempo a noi risulta che a Taranto si stanno azzerando le perdite rispetto alle altre raffinerie. Quindi anche alla luce di questo vanno rivisti i progetti e poi resi noti senza giri di parole». (GdM)
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