La burocrazia blocca l'Ilva
Burocrazia e ricorsi rendono complicato il risanamento dell'Ilva di Taranto. A oltre un mese dal varo, in Consiglio dei ministri con Dpcm, del piano ambientale dello stabilimento siderurgico (l'approvazione c'è stata il 14 marzo), manca ancora la registrazione della Corte dei Conti. Un "bollino" che permette la pubblicazione del documento sulla «Gazzetta Ufficiale» e quindi lo rende ufficiale e operativo.Nel frattempo, la realizzazione di una delle due discariche interne al siderurgico (quella per rifiuti non pericolosi), autorizzata anche dalla legge 125 del 2013, trova un ulteriore ostacolo: sul filo di lana il Comune di Statte ha infatti presentato ricorso al Consiglio di Stato contro la sentenza del Tar di Lecce aveva dato il via libera al sito di "Mater Gratiae".
«C'è l'ipotesi che la Corte dei Conti si possa pronunciare sul piano ambientale martedì prossimo - dice il sub commissario dell'Ilva, Edo Ronchi -. Attendiamo quindi, perché sin quando non avremo questo "placet" rimarrà tutto bloccato. Non potremo presentare il piano industriale, in quanto la legge ci prescrivere di presentarlo dopo il piano ambientale, né avviare la manovra dell'aumento di capitale finalizzato al risanamento del siderurgico».
Intanto, nei primi giorni della prossima settimana lo stesso Ronchi e il commissario Enrico Bondi incontreranno il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, per parlare proprio del piano industriale, di fatto già pronto e in queste settimane sotto la lente di ingradimento dei consulenti della Roland Berger, incaricata dalle banche con cui l'Ilva sta trattando sia per l'aumento di capitale che per il prestito ponte. Nei giorni scorsi la Roland Berger ha spedito i suoi emissari a Taranto per una ricognizione sul campo dei singoli investimenti previsti dal piano industriale che nel frattempo ha allargato il suo orizzonte temporale dal 2016 al 2020 ed ampliato i costi. Da 3 miliardi a 4,3 miliardi in quanto sono stati inclusi 700 milioni di costi per la sicurezza. Inoltre, è stata prevista la possibilità di produrre a Taranto il preridotto di ferro che ora l'Ilva sta acquistando dall'estero e utilizzando sperimentalmente negli altiforni e nelle acciaierie. «Stiamo negoziando i finanziamenti - spiega Ronchi - ma penso che non si muoverà nulla sin quando non ufficializzeremo il piano industriale. Stando alla legge, infatti, la prima risposta attesa è quella della proprietà dei Riva: partecipa o non partecipa all'aumento di capitale? Se non arrivano nuove risorse, la crisi di liquidità dell'azienda resta grave e non si possono nemmeno lanciare ordini impegnativi per i nuovi investimenti».
Intanto il Comune di Statte prova a fermare in Consiglio di Stato la discarica "Mater Gratiae". È il sito che deve accogliere sia i rifiuti non pericolosi della bonifica che quelli già stoccati nello stabilimento, quest'ultimi pari a un milione e mezzo di tonnellate. La discarica usata attualmente è al limite: c'è spazio per altre 20mila tonnellate. Dopodichè l'Ilva dovrà rivolgersi a discariche esterne con un sensibile aggravio di costi. Per "Mater Gratiae" il Comune di Statte il 4 marzo del 2013 ha notificato all'Ilva un'ordinanza di demolizione delle opere costruite nel sito e il successivo 7 agosto un verbale di inottemperanza. Statte ha eccepito all'Ilva come per i lavori fosse necessaria l'autorizzazione edilizia mentre l'azienda ha ottenuto nel 2010 solo la compatibilità ambientale. Su ricorso dell'azienda, il Tar, a febbraio scorso, ha annullato sia ordinanza che verbale, nonchè respinto la domanda di risarcimento, affermando che «i provvedimenti non sono stati portati ad esecuzione» e quindi «non hanno arrecato alcun danno». Per il Tar, in base alla legge 243/2007 i gestori «possono procedere all'esecuzione degli interventi» finalizzati all'adeguamento dell'impianto se «sia stato già emanato provvedimento favorevole di conformità ambientale». Tant'è che il ministero dell'Ambiente ha escluso «il rilievo dell'assenza di un separato titolo edilizio». (D. Palmiotti - Sole24h)
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