venerdì 25 aprile 2014

La Nuova Resistenza!

'Polmoni d'acciaio', vite tra i veleni dal Brasile all'Ilva di Taranto

Dall'Ilva di Taranto a Santa Cruz, quartiere di Rio de Janeiro, e Piquiá de Baixo: la lotta dei cittadini per il diritto alla salute e a una vita degna. Racconti di "resistenze locali ad ingiustizie globali". Il documentario in anteprima per i lettori dell'Espresso



Un giorno di tanti anni fa il giardino della sciura Maria è stato invaso da una mega siderurgica. Nel paesaggio piano che circondava la sua abitazione sono spuntati tanti camini alti e stretti che sputavano nel cielo sostanze segrete capaci di infilarsi nei suoi polmoni. In poco tempo l’ambiente in cui viveva si è trasformato in un inferno. L’aria è diventata irrespirabile, tanto che la gente del quartiere ha iniziato ad ammalarsi e a morire come mosche. Molte persone hanno sofferto di incidenti sul lavoro. Chi ancora viveva dei prodotti della terra o del mare che abbellivano la città è rimasto disoccupato. E come se questo non bastasse, quella grande industria è già riuscita a darla bere a un sacco di gente con un semplice ritornello, ripetuto come un mantra. "È lo sviluppo, bellezza".

Questo documentario, che l’Espresso presenta in anteprima ai suoi lettori, racconta la storia di questa sciura Maria. Che vive a Taranto, a pochi metri dall’Ilva. Che abita nel quartiere Santa Cruz di Rio de Janeiro, appena fuori dall’enorme industria di acciaio della TKCSA (joint venture ThyssenKrupp-Vale). Che risiede a Piquiá de Baixo, nella città brasiliana di Açailândia, circondata dagli altoforni che lavorano per la Viena Siderúrgica, la Gusa Nordeste e il Grupo Queiróz Galvão Siderurgia senza usare neppure dei filtri per ridurre le emissioni di particolato.

Sono racconti di gente con i "Polmoni d’acciaio", come recita il titolo. E di "Resistenze locali ad ingiustizie globali", come spiega il sottotitolo. Il documentario è nato da un’idea dei missionari comboniani ed è frutto di un lavoro collettivo che ha coinvolto tanti protagonisti della società civile brasiliana e italiana. I registi sono Paolo Annechini e Andrea Sperotti.
Dall'Ilva di Taranto a Santa Cruz, quartiere di Rio de Janeiro, e Piquiá de Baixo: la lotta dei cittadini per il diritto alla salute e a una vita degna. Racconti di "resistenze locali ad ingiustizie globali". Il documentario in anteprima per i lettori dell'Espresso. Nato da un’idea dei missionari comboniani, è frutto di un lavoro collettivo che ha coinvolto tanti protagonisti della società civile brasiliana e italiana. I registi sono Paolo Annechini e Andrea Sperotti



Seguendo la puzza dei gas e delle scorie che sporcano l’aria di Taranto (la “terra rossa”, come la chiamano da quelle parti), di Rio de Janeiro (la polvere d’argento) e di Açailândia (la polvere di ferro), si arriva sempre allo stesso nome: Vale SA. Un colosso brasiliano senza uguali al mondo nella produzione di ferro, secondo nella estrazione di nickel e presente in oltre trenta Paesi . Ebbene, è proprio questa multinazionale dai mille tentacoli che devasta il suolo delle foreste dello stato brasiliano del Parà e contamina le acque di quello di Minas Gerais per estrarre il minerale che viene poi lavorato nelle tre località. Senza farsi tanti scrupoli quando si tratta di attraversare e distruggere comunità e culture esistenti da tempo. E che tanto meno si preoccupa degli impatti prodotti dalle industrie a cui vende il minerale. Come emergerà con chiarezza anche nel corso del seminario " Carajás 30 anos " che dal 5 al 9 maggio riunirà in Brasile esponenti di dieci Paesi vittime del ciclo dell’attività mineraria e della siderurgia.

Solo negli ultimi 15 mesi, per esempio, la rete Justiça nos Trilhos ( Sui binari della giustizia ) calcola che nel quartiere di Piquiá de Baixo, che conta circa 1.100 abitanti, sono morte almeno cinque persone a causa di malattie provocate o peggiorate rapidamente per gli elevatissimi indici di inquinamento. Una situazione tanto grave che ha portato l’Alleanza internazionale degli abitanti a lanciare la campagna " Piquiá vuole vivere " per sostenere la lotta dei cittadini che pretendono un luogo degno in cui abitare. E che è già stata denunciata dalle più importanti istituzioni che si occupano di diritti umani (tra gli altri, si veda il rapporto della Federazione internazionale dei diritti umani , la relazione della piattaforma Dhesca , una rete a cui partecipano le maggiori organizzazioni della società civile brasiliana, e il sito dedicato interamente a questa realtà).

Le cose non vanno in modo molto diverso nel quartiere carioca di Santa Cruz, dove la TKCSA - una joint venture tra la tedesca ThyssenKrupp (73 per cento del capitale) e la brasiliana Vale (27 per cento) – produce acciaio da quasi quattro anni. L’Istituto di politiche alternative per il Cono Sud ha calcolato che l’industria è responsabile di un aumento di emissioni di biossido di carbonio del 76 per cento nella regione metropolitana di Rio de Janeiro . La baia del quartiere è stata devastata e trovare pesce commestibile è diventata un’impresa titanica. Tanto che gli abitanti raccontano che 8 mila pescatori sono rimasti disoccupati. E la gente continua ad ammalarsi.

Le stesse storie di inquinamento, distruzione e morte si possono ascoltare da chi vive nel quartiere Tamburi di Taranto, dove l’Ilva lavora il ferro estratto, ancora una volta, dalla brasiliana Vale. Dora La Nave, una pediatra che ha uno studio vicino all’Ilva, spiega che le capita molto spesso di incontrare tra i suoi pazienti patologie respiratorie, come asma e tosse cronica, malattie della pelle dovute al contatto col minerale che si deposita dappertutto, casi di malformazioni e di leucemie nei bambini. Solo lo scorso anno, denuncia il medico, ci sono stati cinque casi di feti anencefalici. Nella zona, dice ancora La Nave, la concentrazione di diossina nel latte materno è tre volte superiore a quella massima considerata non tossica. Difficile credere che sia un caso.

Chi abita in queste tre aree così duramente colpite dalla siderurgia ha capito che tutto questo fa parte di una strategia di "sviluppo" studiata a tavolino dai giganti dell’attività mineraria, che continuano a guadagnare sulle loro spalle (qui il sito dell’Articolazione internazionale delle vittime della Vale ). Ed è proprio per questo che i cittadini hanno finalmente deciso di unirsi nella lotta per il diritto alla salute, a una vita degna, a un ambiente pulito. Questo video cerca di dare voce a tutti loro. (L'E)

Nessun commento: