venerdì 4 aprile 2014

Ilva oggi: quando la perizia attraversa la letteratura ed arriva al teatro!

Ecco uno di quegli effetti collaterali della sovraesposizione mediatica e informativa. Un evento si misura anche dalla sua capacità di incidere sulla cultura del suo tempo, soprattutto sulla lingua. Dopo l'Ilva i vocaboli del lessico medico, scientifico, empidemiologico sono entrati nel quotidiano delle persone. 
I periti medici, epidemiologi e chimici raccontano un'altra, sconosciuta, parte di noi. Come fecero sociologi e psicologi tra XIX e XX secolo.
In quest'opera il riferimento è diretto.
Altrove si perde di vista l'origine, ma viene riproposto il totem linguistico della grande paura e la coscienza del potere sulle nostre vite. 
Che sia il termometro che misura un interesse rinato per quello ce ci circonda e la sua influenza su di noi?
Che stia cambiando qualcosa nel patto scellerato tra gli uomini e la terra?
C'è ancora bisogno di molta di questa letteratura. E rigorosa!

La tragedia dell'Ilva nella scrittura di Ibsen

Per quelle strane coincidenze della storia, capita anche che la tragedia ambientale dell’Ilva di Taranto, trovi corrispondenza nella scrittura di Henrik Ibsen, a testimoniare come il rapporto tra etica, natura e questioni economiche non sia solo una problematica contemporanea. A raccontare questo intreccio ci pensa lo spettacolo «Il nemico del popolo», portato in scena da Archivio Zeta da oggi a domenica, alle 21 a Teatri di Vita (via Emilia Ponente 485, Bologna), reinterpretando «En folkefiend/Un Nemico del popolo», scritto nel 1882 dal drammartugo norvegese.
La compagnia, fondata da Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovesi, si è fatta conoscere per le diverse letture delle tragedie greche, rappresentate ogni estate al Cimitero germanico della Futa. Qui invece i due affrontano una trama incentrata sulla figura di un medico che, dopo una serie di esami, viene a scoprire che le terme pubbliche, risorsa economica per la città, sono inquinate dagli scarichi delle industrie. Da quel momento, con coraggio intraprenderà la sua personale battaglia per rendere pubblico il misfatto entrando in contrasto con il fratello, sindaco della città, e con i giornali.
Del testo originario Archivio Zeta mantiene quattro personaggi: il medico, uomo di scienza che cerca la verità; il sindaco, rappresentante di un potere che tenta di occultare i fatti per salvaguardare interessi politici ed economici; il proprietario di un giornale che scende a compromessi; l’uomo comune. «Abbiamo operato un vero e proprio restauro del testo, eliminando del tutto l’apparato ottocentesco e ci siamo concentrati drammaturgicamente sui conflitti sociali, etici e politici — spiegano Guidotti e Sangiovesi — . Uno dei nodi del testo sono le parti relative alla descrizione delle analisi chimiche e delle patologie legate agli inquinanti, scritte nel linguaggio tardoottocentesco, che abbiamo chirurgicamente sostituito con il lessico delle perizie presentate alla magistratura per la denuncia della tragedia dell’Ilva di Taranto». Il linguaggio diventa fluido e più chiaro allo spettatore contemporaneo, ma non cambiano i conflitti già ben analizzati da Ibsen: salute/lavoro, ambiente/progresso, democrazia/dittatura della maggioranza.
«Quello che mettiamo in scena — proseguono i due — non offre soluzioni rassicuranti nelle quali il pubblico possa trovare conforto e compiacimento autoassolutorio ma pone, come nella tragedia greca, gli esseri umani di fronte alla loro fragilità». In scena anche Alfredo Puccetti e Luciano Ardiccioni. Info: 051566330. (RepubblicaBO)

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