Comunicato stampa di PeaceLink
A Taranto si aggrava e si allarga la contaminazione da diossina. La
diossina è infatti arrivata a Massafra (un comune che dista una
quindicina di chilometri da Taranto) e per la prima volta colpisce i
bovini.
La marcia contro l'inquinamento del 6 aprile da Statte a Taranto si
carica così di altra indignazione per lo scoppio di una nuova emergenza:
i bovini alla diossina scoperti a Massafra.
Il trilatero Statte-Taranto-Massafra è diventato il "triangolo della diossina".
Le analisi sono state effettuate dall'Istituto Zooprofilattico di
Teramo, in seguito ai prelievi effettuati dalla ASL su un allevamento di
Massafra. Avendo accertato per la diossina il superamento dei limiti di
legge nel latte di mucca, ora si procederà all'analisi della carne.
Dopo gli ovini sarà la strage dei bovini?
E' molto probabile infatti che nelle carni dei bovini i valori della
diossina saranno molto più alti, come ha insegnato l'esperienza delle
pecore, nelle quali i valori riscontrati sono risultati anche dieci
volte superiori rispetto al latte.
Da tempo PeaceLink chiedeva alla Regione Puglia il controllo della
diossina sulle carni macellate senza ottenere però che venisse
effettuato. Eppure il tavolo tecnico regionale per la diossina conveniva
sull'opportunità di un simile controllo sui macelli.
Ora si dovrà procedere alla misurazione della diossina nelle carni
bovine e questo è un passaggio importantissimo al fine di verificare la
sicurezza alimentare di un settore rimasto fuori dai controlli diretti
sulla carne, limitatisi fino ad ora solo alla carne di pecore e capre
risultate positive al controllo della diossina sul latte.
Da tempo chiedevamo alla Regione che il controllo andasse fatto prima
sulla carne e poi sul latte, in quanto la carne è più contaminata del
latte. Controllare viceversa prima il latte e poi in subordine la carne
era a nostro parere una procedura non corretta che avrebbe potuto tenere
fuori dai controlli capi contaminati nella carne e non nel latte,
restringendo i controlli ai capi positivi sia al latte sia alla cane.
Il fenomeno che ci fa riflettere è la contaminazione transgenerazionale.
Le mucche sembrano aver trasmesso anche ai vitellini la diossina che
trattengono come carico corporeo elevato e tramite l'allattamento dei
vitellini si sta determinando una catena di contaminazione a ciclo
continuo. Sta avvenendo qualcosa di drammatico e infernale che trasmette
di generazione in generazione un avvelenamento chimico che rischia di
distruggere un pezzo pregiato dell'economia locale, la cui filiera
comprende anche le mozzarelle e i pregiati formaggi di mucca locali.
Fino ad ora a rischio era stato solo il pecorino.
Sarà importante verificare come è avvenuta la contaminazione e se abbia
giocato un ruolo il fieno raccolto attorno all'area industriale.
L'area di venti chilometri interdetta al pascolo deve essere bonificata e chi ha inquinato deve pagare.
Non e' superfluo ricordare che a Taranto e' stata chiusa la centrale del
latte per ragioni economiche e alcuni hanno visto in questo anche la
paura della diossina che ha portato molti a scegliere di comprare marche
nazionali.
«Dovremo uccidere le mucche»
MASSAFRA (TARANTO) - Nulla da fare. Anche le analisi effettuate sul
quinto campionamento di latte prodotto nell’allevamento di Giuseppe
Chiarelli (a 10 chilometri dall'Ilva), già posto sotto vincolo sanitario
da settembre, confermano le preoccupazioni dei mesi scorsi. Il latte,
per la prima volta il latte vaccino, continua ad essere contaminato da
diossine e pcb. Gli ultimi prelievi del 24 marzo, analizzati
dall’Istituto zooprofilattico di Teramo che ieri ha reso noti i
risultati, confermano le tesi del bioaccumulo sostenuta dei veterinari
dell’Asl: a risultare maggiormente contaminato è il latte delle vacche
in prossimità del parto e della fase di lattazione, a dimostrazione che
in questa fase si liberano più facilmente le diossine accumulate nel
tempo.
La contaminazione presente nel latte prodotto anche da una sola mucca in
tali condizioni fisiopatologiche è sufficiente a alterare i valori di
tutto il latte prodotto quotidianamente nell’azienda. L’ipotesi era
stata messa in pista dai veterinari dell’Asl - come ha già in passato
spiegato il responsabile del settore, Teodoro Ripa - in considerazione
della strana alternanza che si notava nell’esito delle analisi dopo
l’allarme dell’aprile scorso quando, nell’ambito del monitoraggio
disposto dalla Regione sugli allevamenti nel raggio di 20 chilometri
dall’Ilva, erano emersi dati definiti scioccanti, con valori addirittura
di 11,72 picogrammi per grammo di materia grassa. Da un certo punto in
poi, quindi, si decise di procedere con un doppio e contestuale
campionamento: sulle mucche gravide o puerpere e sul latte cosiddetto di
massa.
La metodologia è stata conservata anche per l’ultimo campionamento. Da
Teramo, ieri, l’ul - teriore conferma: il campione di latte di una
singola mucca è positivo con valori di un picogrammo superiore al limite
previsto (5.5 picogrammi per grammo di materia grassa). I valori
registrati di 4.5 picogrammi per grammo di materia grassa sul latte di
massa superano, invece, il livello di attenzione (che è di 2.5
picogrammi), ma si attestano al di sotto del limite di positività. Cosa
accadrà ora?
«Inutile proseguire a questo punto con ulteriori indagini sul latte -
dice Ripa -. Purtroppo, dovremo eseguire quanto deciso dal Tavolo
tecnico regionale: occorre cioè abbattere un paio di capi più anziani,
maschi, per capire quale livello di tossicità o meno presentano le carni
e, quindi, eventualmente consentire il consumo solo delle carni».
Ma è evidente che sarà usata la massima cautela. Per cui, se le prossime
indagini dovessero riferire valori al di sotto delle soglie di
attenzione, si potrà procedere al macello di altri capi adulti ma sempre
dopo aver analizzato un campione di muscolo di ogni singolo capo».
Altrimenti? La soluzione non potrà che essere più dolorosa.
Ripa lo ammette con un filo di voce: «Dovremmo abbattere l’intero
allevamento». Cinquantacinque capi di bestiame circa, un numero di fatto
variabile a seguito dei continui, nuovi parti, una produzione
giornaliera prima del vincolo sanitario pari a 200 litri al giorno
destinati ad un caseificio massafrese, ed una produzione di carni:
queste le dimensioni dell’allevamento. Alle analisi di carattere
sanitario, si sono affiancate le indagini sulle matrici ambientali per
scoprire la causa di tale inquinamento. E’ stata da poco scartata, però,
l’ipotesi che la causa possa essere il vicino termovalorizzatore Appia
Energy, alimentato a cdr e biomasse perché - nonostante le prime
convinzioni dell’Arpa - la stessa Agenzia di protezione ambientale ha
ora certificato che i valori di diossine sono dieci volte sotto i
limiti. L’attenzione torna quindi a focalizzarsi sull’Ilva e
sull’alimentazione dei capi.
MARIA ROSARIA GIGANTE - Gazzetta del Mezzogiorno - 4 aprile 2014
Nessun commento:
Posta un commento