Ilva, la preoccupazione di Confindustria per l'indotto: «Lo scenario è disastroso». Martedì il decreto in aula
Dopo la pausa dei lavori del Senato per l'elezione del Capo dello Stato, le commissioni Industria e Ambiente hanno cominciato ad esaminare gli emendamenti al decreto Ilva. La Conferenza dei capigruppo del Senato ha stabilito che giovedì non ci sarà Aula per consentire alle commissioni, quelle di merito e quelle che devono inviare i loro pareri, di lavorare sul decreto in modo che possa approdare in Aula la prossima settimana. La Capigruppo ha inserito, infatti, il decreto, che scade ai primi di marzo e deve passare alla Camera, al terzo punto dell'ordine del giorno dei lavori dell' aula di martedì prossimo 10 febbraio, dopo il ddl sul negazionismo e quello sui reati ambientali.La polemica. «Il fondo di garanzia per le Pmi verrà destinato, per un importo fino a 24 milioni, alle aziende che forniscono l'Ilva». Così in una nota il vice presidente della Commissione Ambiente al Senato, il pentastellato Carlo Martelli. «Con un emendamento presentato dal Pd e Ncd al decreto in commissione al Senato, - spiega la nota - scopriamo che «Le risorse destinate al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (...) verranno destinate a sostegno dell'accesso al credito per le aziende che forniscono beni o servizi a «società che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, soggetto ad amministrazione straordinaria». Vale a dire: Ilva. Il governo, - aggiunge Martelli - con questo settimo decreto salva Ilva, vuole scippare 24 milioni alle piccole e medie imprese italiane per mantenere in vita un'azienda decotta che invece di ottemperare alle prescrizioni ambientali e sanitarie, ha continuato a spremere gli impianti per massimizzare la produzione. È l'ennesimo aiuto di Stato che non possiamo avallare».
Confindustria. Lo scenario che riguarda l'indotto Ilva «è ancora a dir poco disastroso, le imprese indebitate continuano nella loro lotta contro il tempo, le garanzie per il futuro, di queste imprese ma anche dello stesso stabilimento, sono pari a poco più che zero».
Lo afferma il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo, riferendosi alla situazione delle ditte dell'appalto che avanzano crediti nei confronti dell'Ilva ormai da sette mesi. «La premessa - aggiunge - è d'obbligo per delineare, prima che sia davvero troppo tardi, le richieste irrinunciabili da portare all'attenzione del governo per evitare il tracollo di un intero sistema, Ilva e non solo».
Le modifiche proposte al decreto, secondo Cesareo, «pur andando nella direzione da noi auspicata, non sciolgono i nodi nevralgici del problema. È bene chiarire, intanto, che il Fondo di Garanzia, contemplato negli emendamenti già presentati, non immette liquidità nelle casse delle aziende, ma consente loro di contrarre ulteriori prestiti con la garanzia del fondo stesso, altrimenti difficilmente ottenibili dalle stesse imprese già abbondantemente indebitate per far fronte alle prestazioni verso Ilva».
Secondo Confindustria vanno considerate strategiche «le imprese che operano in forma continuativa per il centro siderurgico di Taranto e provincia, nonchè del bacino regionale, e che risultino avere almeno il dieci per cento del loro fatturato riferito alle forniture (intese come interventi, lavorazioni, trasporti) per Ilva negli ultimi tre anni». Le aziende 'strategichè avrebbero così «accesso alla corresponsione della pressochè totale mole dei crediti pregressi - conclude Cesareo - in vari modi, e cioè, in assenza di risorse immediate: con un adeguato piano di rientro, nei tempi e modalità da stabilire; attraverso i crediti di imposta; con partecipazioni al capitale della stessa newco con un mix di queste forme».(Quotidiano)
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